Parla Giuliani / La risalita del titolo (+60% nel 2019) ha spiazzato gli shortisti. Questo è solo l’inizio, dice il presidente del gruppo. Secondo cui entro fine anno il valore dell’azione può raddoppiare. La crescita all’estero proseguirà, magari negli Usa. I mercati? Ora un calo, poi ripartiranno
di Andrea Cabrini

«Entro fine anno raddoppiamo il valore del titolo. E a chi ha scommesso contro di noi vendendo alla scoperto dico: il rialzo da inizio anno è solo un decimo della mia vendetta». Pietro Giuliani, numero uno di Azimut , non perde la calma di fronte agli ultimi annunci di fondi che vanno short sul titolo (Blackrock e Abaco a.m.), e forte del rialzo di oltre il 60% da inizio anno si prepara a incontrare gli investitori a Londra per presentare il progetto per il futuro. Ne ha anticipato le linee guida nella intervista concessa al programma Partita Doppia, di Class Cnbc.

Domanda. Partiamo dai numeri: 9,5 euro il valore del titolo a inizio anno, 18 i massimi di aprile. Poi di nuovo in discesa.
Risposta. E’ il risultato di alcuni cambiamenti interni e del cambio di umore e di motivazione delle nostre persone. E poi c’è stata una buona raccolta netta nei primi quattro mesi dell’anno, almeno 1,8 miliardi, gran parte dei quali dall’estero, soprattutto dai mercati emergenti, dove abbiamo il 30% del nostro business. I numeri ci danno ragione: 92 milioni di utile netto nel primo trimestre sono un buon inizio.
D. Vi siete dati un obiettivo di 300 milioni di utile a fine anno. È alla portata?
R. Il 4 luglio di quest’anno compiamo 15 anni di quotazione e di piani industriali ne abbiamo fatti tre. Dei primi due abbiamo centrato tutti gli obiettivi, di questo ci manca solo quello dei 300 milioni, ma i numeri che stiamo producendo ci porteranno lì quasi per inerzia. E poi: da quando ci siamo quotati siamo il miglior titolo finanziario del Ftse Mib e il quarto nella classifica globale. E in ogni caso penso che l’attuale valore non ci rispecchi.
D. Riflette una discesa iniziata quando lei ha alleggerito la sua posizione.
R. C’era una parte di colleghi che voleva ritirarsi e avevano bisogno di portare fuori il loro capitale. Si è trattato di un cambio generazionale e in quel momento anch’io sono uscito in gran parte, con la promessa di rientrare pian piano, come sto facendo. Abbiamo appena terminato un buyback a leva due con 1.200 acquirenti. Chi l’ha considerata una brutta notizia allora, consideri questa come buona.
D. Intanto il vostro è tra i titoli più venduti allo scoperto. Altri due fondi lo hanno annunciato ieri.
R. C’è una ragione positiva e una negativa: la prima è che siamo liquidi e con un buon Beta e facciamo un po’ da Etf del listino. Diciamo che ci utilizzano come proxy dell’indice italiano. La seconda è che qualcuno, forse, voleva abbassarci il prezzo per provare a comprarci.
D. Ma intanto nel mercato del risparmio si è rimesso in movimento. Voi che ruolo volete giocare ?
R. Di certo non siamo prede. Al massimo aggregatori. In passato abbiamo anche provato a comprare, senza farne tanta pubblicità, ma vogliamo mantenere la nostra unicità: al nostro desk c’è qualcuno che compra e vende per i clienti, su tutti i mercati, 24 ore su 24. Cosa che nessun altro fa anche se esistono realtà finanziarie più grandi di noi in Italia. Noi ci abbiamo provato, ma le condizioni non erano convenienti e abbiamo detto: «vendete a qualcun altro».
D. Ma qualcosa che v’interessa c’è?
R. Questo è un business fatto di persone e ci sono in Italia professionisti interessanti, ma come ho detto la gran parte del nostro guadagno deriva dai ritorni dell’investimento in azioni Azimut . Se comprassi un’azienda dovrei pagare prima il proprietario, poi i manager per farli restare. Non ci conviene.
D. Allora guardate ancora all’estero?
R. Sì. Ad esempio in questo momento al Giappone, dove ci piacerebbe trovare una società in partnership che ci apra il mercato locale. E poi gli emergenti: da dieci anni puntiamo su paesi dove c’è tutto da fare, come era l’Italia nel Dopoguerra. Abbiamo raccolto all’estero il 30% delle nostre masse, 18 su 55 miliardi.
D. Con quali margini ?
R. La redditività di queste masse va vista in prospettiva. Oggi abbiamo un utile di qualche decina di milioni dall’estero, ma deve diventare la base per la nostra crescita. Pochi mesi fa Oliver Wyman ha detto che nei prossimi cinque anni il risparmio crescerà solo negli emergenti e negli alternativi. Noi siamo contenti di aver anticipato il trend. E guardiamo con interesse a uno sviluppo in paesi come Asia, Brasile, Sud America in genere, Emirati Arabi e l’Australia.
D. E chi emergente non è? Come il mercato americano?
R. Lo dico qui per la prima volta: lo stiamo guardando. Siamo interessati agli Stati Uniti, perché è un completamento necessario per una multinazionale del risparmio gestito, anche se non sono ancora sicuro che riusciremo a farlo a breve. Vedremo.
D. Allora torniamo in Europa, dove il grande protagonista quest’anno è MIfid2. A febbraio avete cambiato il metodo di calcolo delle commissioni. Qualcuno ritiene sia stato un trasferimento netto dai clienti agli azionisti.
R. Ci siamo dovuti adeguare alle indicazioni del mercato/dei regolatori e passare dal sistema di commissioni a performance a quello fisso. La considero una sconfitta personale, io ho sempre sostenuto che dovessimo essere remunerati in base ai risultati, ma ormai il modo di pensare è che sia giusto far pagare al cliente abbastanza sempre, piuttosto che tanto ma solo quando guadagna. Ci siamo adeguati, non aumentando nell’insieme i costi al cliente. È solo una modifica delle commissioni, sia di performance sia fisse.
D. Il titolo ne ha beneficiato, ma i clienti ?
R. Il risultato che noi diamo al cliente è al netto dei costi. Se da inizio anno siamo più dell’1% sopra la performance media del risparmio gestito italiano, vuol dire che la nostra clientela, nonostante i costi, che sono comunque leggermente inferiori a quelli della concorrenza, guadagna di più. Questo vale anche se guardiamo indietro di oltre vent’anni: i nostri clienti hanno sempre guadagnato l’1% in più all’anno al netto dei costi.
D. Intanto, guardando ai flussi sui fondi, pochi italiani hanno approfittato del super rialzo del primo trimestre.
R. Appunto. Prosegue il deflusso dal mercato azionario ai conti correnti: 2.500 miliardi in gestione, 1.500 sui conti correnti. Non si tratta di avere una cultura finanziaria sofisticata. È solo una cosa che non ha senso. Tenere i soldi in un conto corrente in banca è un rischio senza rendimento.
D. Quindi quali alternative consigliate ora?
R. Non ho la sfera di cristallo, ma dico che può esserci una correzione, anche un po’ prolungata, forse del 10-20%, ma poi partirà un rally importante e di ampio respiro sul mercato azionario.
D. Cosa glielo fa credere?
R. I tassi resteranno bassi ancora a lungo e prima o poi la gente si stuferà di non guadagnare su conti correnti e obbligazioni. A meno che non scelga obbligazioni illiquide, che possono rendere il 4-5%, ma in una decina d’anni. Insomma, aumenterà la componente azionaria. E I titoli cresceranno.
D. E il vostro?
R. Intorno a fine anno varrà il doppio di adesso. Mi sembra una aspettativa ragionevole se paragonata ai multipli dei nostri concorrenti. (riproduzione riservata)
Fonte: logo_mf