La ricchezza delle famiglie italiane ammonta a 9.743 miliardi, 8 volte il reddito Asset manager nazionali e stranieri si sfidano per amministrarlo, consolidando il mercato Da Kairos ad Arca, da Azimut a Fineco, ecco i progetti m&a e i protagonisti dell’industria
«L’approccio della nostra clientela, pur in presenza del forte recupero dei mercati in questi primi mesi del 2019, è rimasto molto conservativo e orientato verso soluzioni prudenti», ha affermato Alessandro Foti, ad e dg di Finecobank . Gli ha fatto eco Marco Carreri, ad di Anima : «La raccolta rimane al momento debole, significativamente condizionata da un atteggiamento del retail ancora molto cauto nonostante l’ottimo rendimento dei portafogli da inizio anno, per i fondi comuni in media del 5,2% al netto dei costi». Anima e Fineco non sono da sole. Tutta l’industria del risparmio gestito sta facendo i conti con preferenze degli investitori retail per soluzioni poco aggressive. È evidente che i risparmiatori italiani, nonostante il rally di questi primi mesi del 2019, fanno fatica a riavvicinarsi alle borse, dopo le forti perdite del 2018. Gli ultimi dati di Assogestioni confermano infatti che proprio i fondi azionari sono stati i meno amati di marzo (con una raccolta negativa nel mese di -1,26 miliardi e di -1,72 miliardi nei primi tre mesi). In positivo invece gli obbligazionari (+1,89 miliardi, con 743 milioni nei tre mesi). Questa categoria è tornata di recente in cima alle preferenze degli investitori in fondi dopo i forti deflussi del 2018.
E’ in consultazione pubblica fino al 13 maggio da parte della Covip lo schema delle direttive ai fondi pensione sulle modifiche recate dalla normativa europea Iorp 2 operativa in Italia dallo scorso 13 dicembre. In particolare vengono dettate istruzioni volte a chiarire i profili di novità della normativa primaria di settore, il loro impatto sull’attuale assetto delle forme pensionistiche, le modifiche da apportare sia sotto il profilo organizzativo sia sotto il profilo documentale. Inoltre il documento specifica le modalità e le tempistiche di adeguamento, così da meglio indirizzare le attività che i fondi sono chiamati a porre in essere. Va ricordato come la direttiva Iorp 2, muovendosi nel solco della precedente disciplina comunitaria, ha l’obiettivo di garantire un sistema di governance dei gestori basato sul rischio, introducendo, a loro carico, un obbligo di informativa verso aderenti, potenziali ed effettivi e beneficiari, più ampio rispetto al passato.
Dopo quattro mesi di discussioni, analisi e trattative, il decreto attuativo sui Pir 2 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio. La differenza sostanziale con la normativa Pir 1, entrata in vigore nel gennaio 2017 e conclusa a dicembre 2018 (chi non ha sottoscritto quote di questi fondi entro il 31 dicembre ricade nella normativa successiva), è che i gestori ora hanno l’obbligo di investire il 3,5% degli asset in pmi (quotate e non) e il 3,5% in venture capital. La somma è del 7% su un tetto del 10% di asset illiquidi che la normativa Ue sui fondi aperti ammette. Una delle questioni più dibattute è che cosa accade in fase di vendita, quando i gestori sono costretti a disfarsi dei titoli più liquidi e a tenere in portafoglio quelli meno scambiati, che a quel punto hanno un peso complessivo più grande sul totale, andando magari oltre il 10% ammesso dalla legge. Questo 7% obbligatorio non piace quindi molto ai gestori, che preferiscono avere le mani libere nel loro lavoro.
L’accoglienza del mercato è stata decisamente positiva. Venerdì 10 maggio pochi minuti dopo diffusione degli obiettivi del nuovo piano industriale al 2019-2021 di Unipol le azioni del gruppo assicurativo sono schizzate a Piazza Affari con un aumento di oltre il 6%. Agli investitori è piaciuta sicuramente la crescita prospettata dei dividendi, che per Unipol Gruppo dovrebbero arrivare a 600 milioni rispetto ai circa 400 milioni dell’ultimo triennio, mentre per Unipol Sai l’ambizione è salire a 1,3 miliardi rispetto al miliardo di euro promesso con il vecchio piano. Quest’ultimo business plan scadeva a fino 2018 od è stato battuto sia in termini di risultato operativo sia, nel caso di Unipol Sai, per la cedola, che ha raggiunto 1,2 miliardi. “E la dimostrazione che facciamo quello che promettiamo e che non vendiamo sogni ai nostri investitori, così come non li vendiamo ai nostri assicurati”, ha detto il ceo Carlo Cimbri.
La doccia gelata di mercoledì 8 ha spiazzato non solo i vertici di Carige ma l’intero sistema bancario italiano. Il dietrofront di BlackRock ha imposto uno stop al salvataggio della cassa genovese, che ora viene bruscamente riportata al punto di partenza. La battuta d’arresto arriva a pochi giorni dalla scadenza della proroga concessa dalla Bce e in un periodo molto delicato per il sistema finanziario italiano. Dall’inizio dell’anno lo spread si è stabilizzato intorno a 270 punti, quota al di sotto dei massimi di novembre ma ancora lontana dai livelli di inizio 2018. Un’incertezza che si riflette nel costo del debito della Corporate Italia, a partire proprio dai servizi finanziari: dal maggio scorso il rendimento dei bond bancari è salito in media fino a 200 punti, rendendo particolarmente onerosa la raccolta. Il timore è che le elezioni europee del 26 maggio e l’incertezza politica che potrebbe seguirne generino ulteriore instabilità sul mercato.

Aumentano i profitti di Cattolica assicurazioni, che ha chiuso il primo trimestre con un utile netto di 26 milioni di euro, in crescita del 10,5% su base annua. La raccolta della compagnia veronese è migliorata sia nel ramo danni, salito del 5,4% a 490 milioni di euro, sia nel vita (+17,2% a 1,012 miliardi). Il segmento auto ha visto un rallentamento del 2,4% a 27 milioni, mentre il non auto ha segnato un progresso del 17,1% a 220 mln. Il combined ratio è rimasto stabile al 93,7% e il Solvency ratio di gruppo si è attestato al 161%.
Per l’intero esercizio, in assenza di eventi straordinari, Cattolica prevede un risultato operativo e un utile netto in miglioramento rispetto al 2018. «I dati evidenziano una traiettoria positiva per la compagnia», ha sottolineato Enrico Mattioli, vicedirettore generale e responsabile finanziario. «Il risultato operativo e l’utile netto di gruppo crescono in doppia cifra e i fondamentali tecnici sono solidi.
Premi Inail poco più cari quest’anno. La rivalutazione degli importi dei limiti di retribuzione è dell’1,1% in base della variazione dell’Istat ed eleva il minimale giornaliero da 48,20 (anno 2018) a 48,74 euro (anno 2019). A spiegarlo è l’Inail nella circolare n. 11/2019 in cui fornisce il consueto quadro riepilogativo dei limiti di retribuzione, minimo e massimo, per il calcolo dei premi e per la liquidazione delle prestazioni dell’anno corrente.
Unipol ha chiuso il primo trimestre con un utile netto consolidato di 171 milioni di euro, in crescita del 18,7% rispetto al risultato normalizzato e a perimetro omogeneo dello stesso periodo del 2018. La raccolta diretta assicurativa si è attestata a 3,322 miliardi (+0,9%). I danni sono migliorati del 3,3% a 2,01 mld e il vita è cresciuto a perimetro omogeneo del 5,7% a 1,312 mld. Il nuovo piano strategico 2019-2021 prevede a fine periodo un utile netto cumulato di 2 miliardi di euro, dividendi complessivi per 600 milioni e un Solvency Ratio tra il 140 e il 160%. Inoltre una raccolta danni per 8,7 miliardi (+750 milioni rispetto al 2018), di cui 4,4 mld nel segmento auto e 4,3 mld nel restante business. Il combined ratio, al netto della riassicurazione, è atteso al 93% (-1,2%). Unipol punta a rafforzare la rilevante posizione in Italia nell’assicurazione danni in termini di portafoglio clienti, quota di mercato, rete distributiva e per numero di scatole nere installate (leader in Europa), estendendo la leadership agli ecosistemi Mobility, Welfare e Property.

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  • Unipol Promette due miliardi di utili
Piano triennale per Unipol. L’obiettivo è «confermare il proprio primato attraverso una evoluzione da leader di mercato in Italia nell’assicurazione danni a leader negli ecosistemi mobility, welfare e property». Tradotto in numeri, i target finanziari per il triennio 2019-2021 sono un utile netto cumulato di 2 miliardi e dividendi cumulati di 600 milioni, a fronte di un Solvency ratio del 140-160%. I target industriali al 2021 vedono una raccolta danni di 8,7 miliardi, di cui 4,4 miliardi auto, con un combined ratio, al netto della riassicurazione, pari al 93% (-1,2% rispetto al 2018). La raccolta vita, invece, punta a 5 miliardi di euro. Il piano industriale della controllata Unipolsai per il 2019-2021 stima invece un utile netto cumulato di 2 miliardi e dividendi cumulati per 1,3 miliardi, a fronte di un Solvency ratio del 170-200%.
  • Carige, ora spunta Apollo ma serve l’ok di Malacalza
Un altro fondo, per Carige, pronto ad affiancare le banche italiane riunite nello Schema Volontario. Oppure una banca inglese, una di quelle che con la Brexit resterebbe tagliata fuori dal mercato comunitario e che invece attraverso il controllo dell’istituto genovese, a prezzi da saldo, potrebbe rientrare sulla scena. Sono soprattutto due le piste che al momento conducono a Carige. Una, più pragmatica, ha già addirittura un nome, il fondo americano Apollo, e ruota però attorno alla figura dell’attuale primo azionista, la famiglia Malacalza. La seconda, più suggestiva, conduce oltre La Manica, per aprire uno scenario del tutto inedito. Andiamo per gradi. Fallita la trattativa con il colosso mondiale della gestione del risparmio, l’americana BlackRock, Bce è pronta a concedere ancora un po’ di tempo per verificare la possibilità di arrivare a una soluzione di mercato, finanziaria, con un fondo, o industriale, con una banca. Numeri e strategie alla mano, Apollo è apparso fin dall’inizio come il candidato naturale per la business combination. Apollo è infatti il proprietario delle compagnie assicurative, acquistate nel 2015, e avendo il contratto distributivo delle stesse. Il problema è che proprio questo è stato alla base del contenzioso fra Apollo e gli ex amministratori della banca, il presidente Cesare Castelbarco e l’ad Piero Montani e i Malacalza.

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  • Unipol, nel piano il balzo di utili e cedole
«Noi non vendiamo sogni agli investitori e ai clienti, facciamo quello che diciamo e realizziamo obiettivi. Lo abbiamo sempre dimostrato». Così ieri Carlo Cimbri ha dato il via alla presentazione del nuovo piano strategico al 2021 del gruppo Unipol. Il business plan nei tre anni prevede per la holding profitti consolidati cumulati pari a 2 miliardi e dividendi per 600 milioni. Per la controllata (con circa l’80%) UnipolSai utili totali sempre a 2 miliardi e 1,3 di cedole. Il monte dividendi destinato a essere distribuito ai principali azionisti del gruppo (le cooperative che detengono il 48,2% della holding di cui il 30% è sindacato) e al mercato è dunque pari nel triennio a circa 860 milioni. I target industriali indicano che nel 2021 la raccolta danni raggiungerà quota 8,7 miliardi, in aumento di 750 milioni rispetto al 2018, suddivisa al 50% circa fra auto e non auto, e che la raccolta vita passerà a 5 miliardi, in crescita sempre di 750 milioni. Il piano prevede anche investimenti per 200 milioni in tecnologia e il rafforzamento in alcuni servizi con possibili acquisizioni in aziende specializzate. Per esempio è stata individuata una società di noleggio auto a lungo termine, operazione che si inserisce nel rafforzamento nell’area Mobility, che prevede anche l’aumento delle scatole nere installate a 5 milioni. Il group ceo ha poi confermato che non è previsto un accorciamento della catena con un’aggregazione fra holding e compagnia.
  • Azimut, balzo della raccolta a fine aprile
Azimut ha chiuso il primo trimestre con ricavi consolidati a 247 milioni, (+35%). L’utile netto è balzato a 91 milioni (+244%), la raccolta netta a fine aprile ha toccato quota 1,8 miliardi (+83%) portando il patrimonio a 55,4 miliardi, con un rialzo del 9% dall’inizio dell’anno. Secondo il presidente Pietro Giuliani si tratta di risultati «tra i migliori mai presentati per ricavi e utili netti».

  • Unipol, 2 miliardi di utili cumulati al 2021
«Abbiamo già dimostrato che quando facciamo dei piani e ci diamo degli obiettivi poi li realizziamo. Non facciamo fuoco e fiamme, non vendiamo sogni agli investitori e ai clienti, facciamo quello che diciamo». Il ceo di Unipol e presidente di UnipolSai, Carlo Cimbri, ha introdotto così la presentazione del nuovo piano strategico al 2021 della holding e della controllata assicurativa (“mission evolve”) che si propone di distribuire al mercato complessivamente 860 milioni di cedole: in particolare 1,3 miliardi (contro gli 1,15 miliardi del piano precedente) verranno pagati da UnipolSai (di questi 1,04 finiranno alla controllante) e 600 milioni da Unipol(400 milioni il vecchio target), complice un risultato netto cumulato che per entrambe sarà attorno a 2 miliardi di euro (1,85 miliardi i profitti cumulati di UnipolSai nell’ultimo progetto industriale). I numeri hanno raccolto il favore del mercato, non foss’altro perché, come ha sottolineato Cimbri, le cedole promesse assicurano un rendimento sul titolo ai prezzi attuali «superiore al 6%». Così a Piazza Affari Unipol ha chiuso ieri in aumento del 3,84% a 4,35 euro mentre UnipolSai è salita del 3,85% a 2,43 euro. Per gli analisti i nuovi target sono sopra le attese
Cattolica, utile in rialzo del 10%
Cattolica chiude il primo trimestre con raccolta complessiva a 1,5 miliardi (+13%); cresce sia nel vita (+17,2%) che nel danni (+5,4%) e nella componente non auto (+17,1%). Il combined ratio è stabile al 93,7% e il risultato operativo fa +33,2% a 60 milioni con un utile netto a 26 milioni (+10,5%). Il Solvecy Ratio è al 161 per cento. «In un mercato assicurativo ancora caratterizzato da un’elevata competitività, da bassi tassi di interesse e da una significativa volatilità dello spread sui titoli italiani, fatti salvi eventi straordinari, prevediamo per il 2019 un risultato operativo e di utile netto di gruppo in miglioramento rispetto al precedente esercizio», sottolinea una nota della compagnia.
  • UniCredit. Chiusa la cessione del 17% di Fineco
Si è conclusa la cessione del 17% di Finecobank da parte di UniCredit. L’operazione è stata realizzata attraverso una procedura di accelerated bookbuilding rivolta a determinate categorie di investitori istituzionali. UniCredit ha messo sul mercato 103,5 milioni di azioni. Come conseguenza di questa cessione, la banca «rende noto che Fineco non è più parte del perimetro del gruppo a partire dalla giornata odierna». L’istituto di piazza Gae Aulenti deterrà una partecipazione di minoranza pari a circa il 18% del capitale sociale e deconsoliderà Fineco dal proprio bilancio. La partecipazione rimanente verrà classificata come finanziaria. Intanto il ceo di UniCredit, Jean Pierre Mustier è stato eletto ieri alla presidenza del Consiglio della Federazione bancaria europea (Fbe). Mustier succede al ceo del Gruppo Société Générale, Frédéric Oudea, il cui mandato è in scadenza a fine giugno.

 

  • Conti online sicuri, resta l’allerta phishing
 infrastrutture informatiche dei conti correnti e dei sistemi di pagamento hanno raggiunto un buon livello di sicurezza, ma le frodi continuano a persistere. Si stanno spostando maggiormente verso le imprese, rispetto al cliente privato, e tirano in ballo la gestione da parte degli utenti. «La modalità di attacco più frequente – spiega Romano Stasi, segretario generale Abi Lab – è quella del phishing. In questo caso la banca, come sta facendo da tempo, può sensibilizzare il cliente affinché faccia attenzione alle mail che riceve e a non divulgare le proprie credenziali. I tentativi di frode sono molteplici ma oltre il 90% di questi viene bloccato grazie alle tecnologie di monitoraggio dell’operazione. Ad esempio anomalie di spesa in luoghi dove il cliente non risiede abitualmente mettono in moto i meccanismi di verifica che bloccano l’eventuale truffa». Le regole base sono di non aprire mail sospette e di non comunicare i propri dati, ma ancora i truffatori si insinuano. Relativamente al canale mobile, la sicurezza è massima. Sono stati riscontrati solo alcuni casi di Sim swap ovvero truffe complesse che fanno leva sulla sostituzione di una Sim da parte di un frodatore che riesce ad impossessarsi del numero e delle credenziali del malcapitato. «Sono stati pochissimi casi – continua Stasi – ma abbiamo aperto un tavolo con gli operatori per alzare il livello di controllo sulle Sim».
  • C’erano una volta i piani di risparmio
È sempre stata una norma controversa. La revisione dei Pir adottata dal governo con la legge di bilancio 2019 aveva già fatto storcere il naso a molti e le speranze di una modifica al testo originario sono cadute con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio scorso del testo definitivo della norma. Un testo che non cambia molto rispetto alla versione proposta in sede di bilancio, nonostante le richieste insistenti di modifiche soprattutto da parte dell’industria del risparmio gestito. Tanto per cominciare sono stati confermati gli obblighi di investire il 3,5% della raccolta complessiva dei piani individuali sull’Aim e del 3,5% sul venture capital, vale a dire quei limiti che secondo gli operatori potrebbero mettere a rischio la liquidabilità dei prodotti, limitandone inoltre il raggio di investimento. Le Pmi che saranno oggetto di investimento seguiranno la versione comunitaria(e non del Tuf per evitare il rischio di infrazione sugli aiuti di Stato), quella cioè che include le aziende che arrivano ad avere 250 dipendenti, un fatturato massimo di 50 milioni oppure un totale di bilancio annuo che non superi i 43 milioni. Inoltre queste società non devono aver ricevuto risorse finanziarie per una somma superiore a 15 milioni, non devono essere quotate sui mercati regolamentati e non devono essere operative sul mercato da più di 7 anni.
  • Polizze, manager per la terza età
Siamo tutti caregiver, o probabilmente presto lo diventeremo. La demografia è inesorabile e ci tratteggia un futuro in cui aumenterà l’esercito degli anziani. Gli over 65 in Italia costituiscono ormai un quarto della popolazione totale, mentre gli under 30 sono sempre meno. Grazie alle nuove cure aumenta la speranza di vita. Si allunga l’età attiva e sorgono nuovi bisogni: non solo di assistenza, ma anche di guida nel mondo della sanità pubblica e privata. Così i numerosi caregiver, ossia i soggetti che si prendono cura dei propri familiari necessitano di maggiori supporti. Lo conferma la ricerca “Smartaging: over 65 e family caregiver a confronto” (realizzata per Europ Assistance da Lexis Research con il contributo scientifico di Humanitas), secondo cui il 75% dei family caregiver dichiara aver bisogno più di tutto di un supporto organizzativo in caso di emergenza familiare.