Salgono a 82,7 anni le speranze di vita alla nascita degli italiani e si riduce il gap fra uomini e donne. In estrema sintesi, sono questi i più evidenti risultati dell’indagine territoriale dell’Istat “Misure del Benessere equo e sostenibile dei territori” aggiornati al 2018 e riferiti a province e città metropolitane. Dopo la flessione fatta segnare nel 2015, nel 2017 la tendenza ha ripreso a salire, fino a raggiungere quota 82,7 anni a livello nazionale. Il che significa un miglioramento medio di 2 anni rispetto alla rilevazione del 2004.

L’Istat spiega che la crescita riguarda tutte le province italiane, seppure le intensità siano diverse.

La città di Fermo perde 58 posizioni rispetto al 2004 (+0,6 anni rispetto al 2004), Cosenza ne perde 51 (+0,9), Brindisi arretra di 43 (+1 anno).

Gli avanzamenti maggiori riguardano Trieste (+59 posizioni), Biella (+55), Cremona (+50), con guadagni di almeno 3 anni di vita media rispetto al 2004.

“Le differenze territoriali permangono nette”, osserva l’Istat: nel 2017 la distanza tra la città metropolitana di Napoli, in ultima posizione con 80,7 anni, e Firenze (84,0), prima insieme a Prato e Treviso, è di 3,3 anni. Resta anche confermato il vantaggio di gran parte delle province del Nord-Est e del Centro (escluse quelle del Lazio), mentre livelli molto al di sotto della media-Italia accomunano i territori di Campania e Sicilia, pur con gradazioni diverse.

Contestualmente, si assiste a una riduzione del differenziale tra uomini e donne. Nel 2004 le aspettative di vita per le donne erano di 83,6 anni contro i 77,9 degli uomini. Questa differenza (+5,7 anni) si è andata riducendo negli anni, in maniera diffusa nel territorio. I maggiori progressi, nel tempo, riguardano infatti la speranza di vita degli uomini, con un guadagno medio di +2,7 anni a livello nazionale, doppio rispetto a quello delle donne (+1,3). Nel 2017 il divario tra le donne (84,9) e gli uomini (80,6) è di 4,3 anni. Per la speranza di vita degli uomini gli incrementi più bassi si registrano quasi esclusivamente nel Mezzogiorno, con l’eccezione di Fermo (+1,1), che rappresenta il minimo assoluto. Gli incrementi più alti, invece, si distribuiscono in tutte le aree del Paese ma sono prevalenti al Nord, con Sondrio e Lecco che registrano la crescita maggiore (+3,9).