Sentenza della Corte di cassazione ha respinto il ricorso del manager contro la società
Non è riconosciuto il danno per il falso in bilancio
Pagina a cura di Debora Alberici*

Il socio non ha diritto al risarcimento diretto del danno sofferto dalla società per il falso in bilancio o la frode fiscale commessi dagli amministratori. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sent. n. 14778 del 30/5/2019, ha respinto il ricorso di un manager che aveva chiesto i danni patrimoniali e morali per la mala gestio degli amministratori della srl. In particolare nel caso sottoposto all’esame della Suprema corte gli amministratori erano stati accusati, nell’ambito di un’inchiesta penale, di frode fiscale e falso in bilancio. Il socio aveva tentato invano di costituirsi parte civile nel processo penale. Aveva intrapreso la strada del giudizio ordinario chiedendo un ristoro diretto e globale. I giudici di merito hanno respinto tutte le istanza e il Collegio di legittimità ha confermato il verdetto. Per i Supremi giudici, in tema di azioni nei confronti dell’amministratore di società, a norma dell’art. 2395 cod. civ., il terzo (o il socio) è legittimato, anche dopo il fallimento della società, l’esperimento dell’azione per ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall’amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l’ente, ovvero il ceto creditorio per effetto della cattiva gestione, dovendosi proporre, altrimenti, l’azione, contrattuale, di cui all’art. 2394 cod. civ., esperibile, in caso di fallimento della società, dal curatore, ai sensi dell’art. 146 della legge fall. La regola costituisce specificazione del principio per cui i soci di una società di capitali non hanno titolo al risarcimento dei danni che costituiscano mero riflesso del pregiudizio arrecato da terzi alla società, in quanto siano una mera porzione di quello stesso danno subito dalla (e risarcibile in favore della) stessa, con conseguente reintegrazione indiretta in favore del socio. Nel senso che delle condotte che arrecano danno alla società è quest’ultima (o la sua curatela) a doversi dolere.
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