La volatilità dei prezzi dei titoli di Stato continua a rappresentare una fonte rilevante di rischio per le compagnie assicurative italiane, che investono una quota elevata del proprio attivo in questi titoli. L’indice di solvibilità medio, dopo il forte calo registrato alla metà del 2018, si è stabilizzato; era pari al 224 per cento alla fine dell’anno, ben al di sopra del minimo regolamentare del 100 per cento, ma inferiore di 16 punti percentuali rispetto alla fine del 2017.

Secondo il Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia, pubblicato venerdì scorso, l’ampia esposizione al rischio sovrano delle compagnie italiane è connessa con la necessità di investire una rilevante quota del loro portafoglio in titoli a reddito fisso per allineare rendimenti e durata delle attività a quelli delle passività, in prevalenza costituite da polizze a medio e a lungo termine, molte delle quali offrono rendimenti minimi garantiti.

Anche a causa del limitato sviluppo del mercato obbligazionario privato in Italia, i titoli pubblici in portafoglio rappresentano il 50 per cento degli investimenti complessivi il cui rischio è a carico delle compagnie, un livello ampiamente superiore alla media europea. La quota di obbligazioni private è invece inferiore a quella degli altri paesi ed è costituita prevalentemente da titoli emessi da società estere e con un merito di credito elevato.

Le simulazioni Bankitalia basate sui bilanci del 2018 indicano che un incremento parallelo di 100 punti base della curva dei rendimenti relativa al complesso dei titoli obbligazionari, determinato da un aumento dei premi per il rischio, riduce mediamente il valore delle attività patrimoniali al netto delle passività di circa il 20 per cento.

Un rapporto pubblicato dall’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) documenta che nel 2017 l’utilizzo e l’effetto delle misure previste da Solvency II per i prodotti con garanzie a lungo termine (long-term guarantees, LTG), volte a mitigare gli effetti prociclici derivanti dall’eccessiva volatilità dei prezzi di mercato, sono stati eterogenei tra i paesi europei: l’applicazione dell’aggiustamento per la volatilità (volatility adjustment) – che resta la misura più utilizzata dalle compagnie14 e l’unica a essere applicata in Italia – ha migliorato l’indice di solvibilità medio delle assicurazioni del nostro paese di 6 punti percentuali, contro 17 punti in media per le compagnie europee.

Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno recentemente raggiunto un accordo su una modifica dell’aggiustamento per la volatilità che può esercitare effetti positivi anche per la posizione di solvibilità delle compagnie italiane, attenuando l’impatto sui bilanci di variazioni particolarmente significative dei premi per il rischio sui titoli di Stato, come quelle che si sono verificate nel corso del 2018.

I risultati delle prove di stress condotte lo scorso anno dall’EIOPA e dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni indicano che i principali gruppi assicurativi italiani sono in grado di resistere all’impatto di shock particolarmente severi su variabili finanziarie, demografiche e assicurative.

Nel 2018 il rendimento medio del capitale e delle riserve delle compagnie italiane si è ridotto in misura rilevante, al 6,4 per cento (2,6 punti percentuali in meno rispetto al 2017). Il calo è stato più marcato nel ramo vita (3,8 punti percentuali), in seguito alle rettifiche di valore sui titoli operate dalle compagnie. Da novembre del 2018 l’aumento dei corsi dei titoli di Stato italiani ha determinato un incremento del saldo tra le plusvalenze e le minusvalenze latenti, incidendo positivamente sulla redditività. Le attese di una crescita degli utili si sono riflesse sui corsi azionari delle principali compagnie.
La posizione di liquidità delle compagnie non ha registrato variazioni significative. Il rapporto tra riscatti e premi si è mantenuto su valori storicamente contenuti, anche in concomitanza con le tensioni dei mercati del maggio 2018.

L’esposizione delle compagnie italiane verso strumenti finanziari derivati è molto contenuta. Alla fine dello scorso anno il valore di mercato di tali contratti ammontava a 1,5 miliardi, lo 0,2 per cento degli investimenti complessivi, una quota notevolmente inferiore alla media europea (1,8 per cento a settembre del 2018). Gran parte dei contratti (80 per cento) è rappresentata da strumenti di copertura, soprattutto swap su tassi di interesse. Le posizioni sono negoziate per la quasi totalità over-the-counter, in prevalenza con controparti britanniche.
Data l’esiguità delle posizioni complessive, i rischi connessi con l’esecuzione dei contratti derivanti dall’uscita del Regno Unito dall’Unione europea sono contenuti.

Fonte: Bankitalia