In 10 anni le reti hanno più che raddoppiato le masse, ma la concorrenza è in aumento e la raccolta frena. Oltre agli sportelli bancari, anche quelli postali sono sempre più aggressivi. Ecco le contromosse
di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Nel mondo dell’asset management i volumi contano e conteranno sempre di più. Non stupisce quindi che la caccia alla liquidità sia sempre più agguerrita. E adesso oltre alla concorrenza degli sportelli bancari i consulenti dovranno fare i conti anche con quella delle Poste Italiane . Che sul piano distributivo vanta una potenza di fuoco di 12.800 uffici, copre il 96% del territorio italiano e ha collocato asset per 506 miliardi di euro (tra polizze, fondi, libretti e conti) presso 34,4 milioni di clienti retail, di cui 2,6 milioni appartenenti al segmento private (ovvero con più di 500 mila euro in portafogli) e affluent (portafogli tra 75 mila e 500 mila euro) gli stessi sui quali puntano tutte le reti di consulenti. Il gruppo guidato da Matteo Del Fante prevede entro il 2022 un aumento delle masse a 581 miliardi di euro. E ha appena ampliato l’offerta con BancoPosta Orizzonte Reddito, un nuovo prodotto gestito da Eurizon Capital.

Quest’ultimo è un fondo con il quale Poste Italiane punta ad ampliare l’offerta nel risparmio gestito dove ha già un’altra alleanza forte, quella siglata nel 2015 con Anima, di cui ha anche il 10,8% del capitale. Anche Anima, al pari di Eurizon, gestisce in delega fondi retail istituiti da BancoPosta Fondi. Inoltre a inizio anno Poste ha ceduto ad Anima un portafoglio assicurativo composto da polizze di ramo I per 70 miliardi, estendendo per 15 anni la partnership esistente. Sia per Anima che per Intesa Sanpaolo avere accesso a una rete capillare di collocamento, come quella delle Poste, è un elemento determinante per aumentare la redditività in una fase in cui l’incertezza dei mercati ha accentuato la concorrenza tra le reti. Per tutte la sfida è farsi trovare pronti all’appuntamento con il 2019 quando la direttiva Mifid II imporrà piena trasparenza su tutti costi addebitati al fondo, e quindi i sottoscrittori sapranno il costo direttamente in euro dei propri investimenti e non più soltanto in percentuale, come avviene oggi.
Ai risparmiatori in cerca della soluzione migliore per il proprio portafoglio ognuno dà la sua ricetta. Non è infatti facile fare raccolta in Italia in una fase di tassi ai minimi e in cui le banche puntano sempre più sul risparmio gestito per sostenere i margini. La concorrenza tra operatori sul mercato italiano è alta, l’alleanza Poste-Intesa Sanpaolo lo dimostra.

La risposta poi deve essere tarata a misura del risparmiatore italiano, da sempre poco propenso al rischio. Non è un caso che il fondo BancoPosta Orizzonte Reddito sia un flessibile che investe nei mercati obbligazionari e azionari su scala mondiale, cercando così di massimizzare le opportunità di investimento e di diversificazione del portafoglio, cercando, allo stesso tempo, di tenere sotto controllo i rischi. Obiettivo è dare ai risparmiatori un’alternativa in una fase di tassi ai minimi che rende l’obbligazionario povero di rendimenti a meno di esporsi a rischi elevati (come nei bond in valuta). Il fondo ha anche una classe a distribuzione della cedola una volta l’anno. L’obiettivo è erogare un importo al rendimento dell’indice Euribor a tre mesi, maggiorato del 2% del valore della quota di Classe D all’inizio di ciascun periodo di riferimento. Ma attenzione: l’ammontare distribuito potrebbe essere superiore al risultato effettivo della gestione del fondo, e quindi in questo modo si ha rimborso parziale del valore delle quote e quindi una diminuzione del loro valore. Come dire: se il gestore non riesce a ottenere un rendimento in grado di coprire la cedola allora la distribuzione avviene intaccando il capitale investito.
Intanto proprio la volatilità dei mercati di questo 2018 sta rendendo più faticoso per le reti mantenere lo stesso ritmo di raccolta dello scorso anno, quando condizioni di mercato più favorevoli avevano spinto i flussi (e le commissioni) ai massimi. Così, per ampliare i volumi la strada principale resta quella degli accordi di collocamento con le big di settore, come hanno fatto le stesse Intesa e Anima, o anche quella di reclutare banker con grandi portafogli, ma c’è anche chi si muove in nuovi mercati. Come Azimut che ha scelto di espandersi fuori dei confini del Paese. Tanto che in aprile ben il 70% dei suoi flussi è generato dalle controllate estere. «La raccolta positiva nel mese di aprile deriva soprattutto dalle attività estere che rappresentano sempre più una chiave di crescita per il gruppo. Le attività poste in atto, sia dal lato della gestione che da quello della consulenza, per soddisfare le crescenti esigenze della clientela seguono una strategia di lungo termine, svincolata da logiche commerciali destinate ad esaurirsi nel breve periodo», ha sottolineato Sergio Albarelli, ceo del gruppo. Intanto in Italia Azimut ha accelerato sul reclutamento e questo sicuramente ha sostenuto la sua raccolta nel Paese che risulta in calo rispetto al primo quadrimestre 2017 a quota 977 milioni di euro, il 61% in meno rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Nel primo trimestre del 2018 il gruppo ha registrato 41 nuovi ingressi, portando il totale dei consulenti Azimut a fine marzo a 1.656 unità. Un ritmo molto più alto se si confronta con i 36 ingressi dei primi sei mesi del 2017 e dei 58 che hanno fatto il loro ingresso nel secondo semestre. Intanto un altro operatore che sta puntando molto sul reclutamento, soprattutto di professionisti top, è Mediobanca Private Banking, la nuova struttura dedicata ai patrimoni d’alta gamma nata nella banca di Piazzetta Cuccia dopo l’incorporazione di Banca Esperia. L’ultima new entry nella divisione guidata da Angelo Viganò è quella di Pietro Fiocchi, banker proveniente da Jp Morgan dove ha lavorato per quattro anni sempre a servizio della clientela dai patrimoni più elevati (ultra high net worth).

Si tratta del quarto inserimento in meno di due mesi annunciato dalla divisione di private banking del gruppo Mediobanca che intende nei prossimi tre anni accrescere la propria struttura di circa 30 banker oltre ad aumentare gli asset in gestione di 6 miliardi di euro. Prima di Fiocchi era entrato in Mediobanca Private Banking un altro consulente top, Jacopo Gerosa, arrivato dalla sede londinese di Citigroup dove ha lavorato per sei anni, partecipando alla startup del progetto di private banking sul mercato italiano di Citi, che dalla capitale britannica segue la clientela italiana con patrimonio liquido oltre i 25 milioni di dollari e portafoglio superiore a 5 milioni di dollari. Sempre nel gruppo Mediobanca c’è da segnalare anche la nuova rete di consulenti di CheBanca! «L’attività di inserimento di nuovi consulenti finanziari è proseguita a ritmi serrati anche nel mese di aprile», ha commentato Duccio Marconi, direttore centrale consulenti finanziari di CheBanca! ed ex Credem , «permettendoci di raggiungere un totale di 220 professionisti e tagliando il traguardo per questa rete, a soli nove mesi dal lancio, del miliardo e mezzo di masse in gestione». Intanto Banca Generali ha realizzato ad aprile una raccolta netta di 474 milioni di euro con un saldo da inizio anno di 2 miliardi di euro, in calo rispetto ai 2,53 miliardi di euro del periodo gennaio-aprile 2017. Mentre la raccolta netta del gruppo Anima nel mese di aprile 2018 è stata positiva per circa 311 milioni di euro, per un totale da inizio anno pari a circa 919 milioni di euro, in aumento sui 680 milioni dello stesso quadrimestre 2017 quando il gruppo aveva sofferto per via di un rallentamento dei flussi retail. «Nel mese di aprile l’attività commerciale è proseguita in linea con il buon andamento del primo trimestre; le masse complessive a fine mese hanno beneficiato, oltre che della raccolta netta, anche di un positivo contributo dalla performance dei prodotti gestiti», ha commentato Marco Carreri, ad di Anima Holding e Anima Sgr. In ottica di Mifid II, in particolare, Anima ha calcolato che i costi medi dei suoi fondi ammontano all’1,32% rispetto alla media dell’1,5% di tutti i fondi retail italiani. E Banca Mediolanunm nei quattro mesi del 2018 ha raccolto 1.398 miliardi di euro, a fronte dei 1,696 miliardi del primo quadrimestre 2017.
In controtendenza, come Anima, anche Fineco la cui raccolta netta da inizio anno è stata pari a 2,236 miliardi (+13% anno su anno) grazie anche a una forte componente di prodotti di liquidità (562 milioni di euro solo ad aprile) in attesa del lancio di Plus e Core Multiramo Target. Il primo è una piattaforma di consulenza che permette di costruire l’asset allocation con un ventaglio di strumenti più ampio. Core Multiramo Target è invece una nuova soluzione che combina una gestione separata di ramo I (che offre la garanzia del capitale) con una polizza unit linked (ovvero fondi). Intanto Fineco Asset Management, società di diritto irlandese, ha ricevuto dalla Central Bank of Ireland l’autorizzazione a svolgere attività di gestione del risparmio e sarà operativa nelle prossime settimane.

E nel frattempo si aprono nuovi scenari per un ulteriore consolidamento del settore. Il m&a è una strada che, secondo gli analisti, potrebbero percorrere Azimut e Anima proprio per aumentare le masse. «Crediamo che Azimut sia ancora acquistabile a questi prezzi grazie al suo elevato dividend yield, pari al 12% (il più alto del Ftse Mib, ndr), e per la conferma del raggiungimento dei target al 2019 di utile netto (circa 300 milioni, ndr), ma crediamo che a questo punto tale obiettivo sia perseguibile solo con la crescita esterna. Un possibile cambiamento nella corporate governance potrebbe aprire al m&a nel medio termine», scrive in un report sull’azione Banca Akros. Quanto ad Anima, gli analisti di Banca Imi hanno apprezzato che la società si è dichiarata aperta a nuove operazioni di m&a «punto chiave per supportare questo business, che consideriamo sempre più trainato dai volumi». Diverso il destino di una rete storica come Finanza & Futuro, che nelle prossime settimane sarà fusa in Deutsche Bank Spa. L’obiettivo della controllata italiana del gruppo tedesco è quello di razionalizzare le attività per essere più efficiente. I consulenti finanziari di Finanza & Futuro convergeranno nella nuova divisione Advisory Clients, assieme ai private banker e ai business banker della banca tedesca e potranno, inoltre, sfruttare le sinergie con le attività di prestito, credito e corporate finance del gruppo. Ciò non ferma comunque il reclutamento di F&F che ha visto nei giorni scorsi l’arrivo del regional manager dell’area Triveneto Ferdinando Buonaccorsi da Banca Patrimoni Sella, dove negli ultimi tre anni è stato chief manager Nordest, e che ha un passato in Fideuram.

Intanto proprio Fideuram-Intesa Sanpaolo private banking ha raccolto 2,5 miliardi di euro nel primo trimestre 2018. Quanto al numero dei consulenti, al 31 marzo 2018 nelle reti del gruppo Intesa Sanpaolo si contavano più di 6.017 private banker (67 in più rispetto a fine 2017), con un portafoglio medio pro-capite di circa 36 milioni di euro. Sulle potenzialità per il settore il condirettore generale e responsabile area di coordinamento affari di Fideuram, Fabio Cubelli, ha dichiarato: «Ci sono attualmente grandi opportunità per l’industria della consulenza. Il mercato ha visto una crescita notevole, in cui sono disponibili grandi liquidità, dove vi sono aree di sviluppo nel comparto previdenziale e nella riallocazione dei patrimoni immobiliari. Le reti, negli ultimi dieci anni, hanno più che raddoppiato le masse gestite e l’offerta di consulenza è in grado di offrire le giuste opportunità agli investitori: chi saprà proporre servizi a 360 gradi vincerà la partita». (riproduzione riservata)
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