di Carlo Spagliardi*
L’obiettivo della Direttiva Ue sui servizi di pagamento (Psd2) è standardizzare l’esecuzione dei pagamenti digitali, rendere più sicure le transazioni e tutelare i consumatori. Aprendo anche a nuovi soggetti, come Apple , Amazon e Google, cambierà radicalmente i servizi finanziari. La Direttiva offre agli utenti di conti correnti online la possibilità di fare pagamenti o accedere ai rendiconti bancari tramite software realizzati da terze parti autorizzate. I nuovi player potranno operare sui conti correnti degli utenti finali. È evidente il rischio di disintermediazione per le banche. Il più significativo impatto è proprio la richiesta della direttiva di facilitare l’accesso ai conti da parte di provider esterni, per raccogliere informazioni o elaborare un pagamento. Oggi ci sono solo 20 soggetti terzi autorizzati in Europa dalla Fca (la britannica Financial Conduct Autorithy) e tra questi uno solo italiano. Ciò non toglie che si stia entrando nell’era dell’Open Banking. Nel Regno Unito le 8 banche maggiori, per attrarre a livello globale società che sviluppino app o strumenti innovativi basati sulla Psd2, hanno finanziato con 5 milioni di sterline una competizione globale a premi sponsorizzata dalla Fondazione Nesta. Anche Spagna, Germania e Francia accelerano su questo sviluppo. In Italia bisogna vedere chi partirà per primo. La Psd2 consente di acquisire vantaggi competitivi. Si pensi che i giganti retail faranno concorrenza alle banche facendo leva sui dati di queste ultime. In tale scenario si apre per le pmi l’era del credit scoring in tempo reale. Oggi gli operatori del settore utilizzano quasi solo dati dei bilanci dell’anno precedente e quindi la valutazione è spesso superata. Oggi tra le esigenze prioritarie per le imprese c’è la valutazione affidabile e veloce del merito di credito, che accelera la raccolta dei fondi necessari alla gestione ordinaria ma anche ai progetti a breve e medio termine. I tempi di attesa proposti dalle banche spesso sono troppo lunghi per come si evolvono oggi le situazioni. Il punto di partenza per tutti sono i dati dell’ultimo bilancio disponibile e i dati mensili aggiornati della Centrale Rischi di Bankitalia. La nuova frontiera però è un sistema completo di valutazione del rischio di credito delle pmi che oltre ai dati classici usa quelli del conto corrente dell’impresa stessa. Una specie di passaporto che l’azienda può pubblicare sul sito web per mostrare in modo semplice la suo merito creditizio aumentando così la visibilità a livello globale. L’impresa autorizza uno dei soggetti riconosciuti dalla Fca britannica (che accede ai sistemi delle banche) a utilizzare questo flusso di dati per offrire, usando anche algoritmi, un quadro in tempo reale della qualità del credito col relativo rischio di default.
L’Abi e molte banche si stanno rendendo conto dell’importanza e dei vantaggi di tale innovazione. Anzitutto la possibilità di pre selezionare la clientela utilizzando il rating finanziario e la probabilità di default. Ciò velocizza la decisione di affidamento, e consente un calcolo puntuale del rischio della clientela e del portafoglio. In oltre, maggiori informazioni migliorano la relazione con i clienti, nonché i volumi e l’utilizzo delle risorse. In prospettiva un simile sistema può suggerire all’azienda nuove soluzioni per orientare al meglio gli investimenti. (riproduzione riservata)
*ceo di Credit Data Research Italia
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