di Ashley Frazza.

La Giornata Mondiale dell’Asma (World Asthma Day) è un evento annuale organizzato dalla GINA (Global Initiative for Asthma) al fine di una maggiore sensibilizzazione, in tutto il mondo, sul tema dell’asma e relative cure.

I rischi ai quali i polmoni sono esposti in seguito all’inalazione di sostanze estranee nel contesto lavorativo erano ben noti già ai romani, nella cui epoca si riconobbe l’esistenza dell’asma del panettiere. Oggigiorno, il campo delle patologie polmonari professionali è molto più ampio ed in costante crescita. Alcuni disturbi come l’asma compaiono rapidamente dopo l’esposizione. Altre malattie, al contrario, si sviluppano solo diversi anni dopo (il mesotelioma causato dall’esposizione all’amianto, per esempio) e possono ridurre l’aspettativa di vita del paziente o addirittura avere un esito fatale per lo stesso.

L’autorità britannica competente in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Health and Safety Executive, HSE) stima che le malattie polmonari occupazionali siano responsabili di 12.000 morti ogni anno e circa 18.000 nuovi casi provocano la perdita di 400.000 giorni di lavoro. Queste statistiche sono rimaste relativamente stabili nel corso degli ultimi dieci anni.

Più di recente, il blog Keeping Workers Safe From Cancer ha sollevato importanti questioni sull’impatto e l’efficacia dei progetti di normativa europea a tale riguardo. Per il Regno Unito, che si sta preparando a lasciare l’Unione europea, i regolamenti di questo tipo rimangono in sospeso. Nonostante le incertezze della Brexit, lo HSE Workplace Healthy Lungs Summit del 2017 (Vertice sulla Salute dei Polmoni sul Posto di Lavoro, n.d.r.) ha contribuito a mantenere la questione in primo piano.

Durante il vertice, è stato sottolineato come le grandi aziende siano riuscite a ridurre i rischi respiratori per i loro dipendenti, controllando sempre di più i rischi nel loro insieme – come l’esposizione alla farina, ai fumi di saldatura e alla silice cristallina – utilizzando nuove ed efficaci soluzioni tecnologiche.

Ma nonostante questi progressi, permangono due problemi principali. Il primo riguarda le piccole e medie imprese, la cui consapevolezza unitamente alla comprensione dei rischi ed alle potenziali soluzioni non sono ancora così ben sviluppate. È particolarmente difficile coinvolgere queste aziende nell’iniziativa perché, per esse, l’esposizione al rischio è spesso intermittente e non è intrinsecamente legato a dei particolari ruoli lavorativi.

Il secondo problema è la rapida evoluzione delle tecnologie, che espongono i lavoratori a nuove sostanze, come le polveri metalliche utilizzate per la fabbricazione additiva o la stampa 3D. I loro effetti non sono ben definiti e sono potenzialmente dannosi. Lavorare con nuovi materiali come i nanotubi di carbonio utilizzati nei settori aerospaziale, elettronico, biotecnologico e biomedicale presenta rischi che non conosciamo o di cui non abbiamo familiarità. I nanotubi sono piccole fibre rigide le cui dimensioni, forma e natura inerti sono simili a quelle dell’amianto e possono causare rischi se inalati. L’effetto cancerogeno di questi materiali è stato dimostrato nei roditori.

La risposta a questo tipo di nuovi rischi professionali può essere variabile, a seconda dell’importanza data loro dagli stessi lavoratori o anche dalla visibilità dei contaminanti nell’aria. Gli interventi per correggere queste percezioni devono essere oggetto di ricerche e di discussioni. Se le iniziative comportamentali sono importanti, il quadro legislativo avente l’obiettivo di stabilire dei livelli di esposizione sicuri è altrettanto importante. È essenziale stabilire un controllo generale e garantire che gli ispettori responsabili della salute e della sicurezza non abbiano una forma mentis tale che li porti a normalizzare un certo grado di rischio.

I problemi di salute associati alle emissioni di gasolio sono ben noti. Tuttavia, l’esposizione dei lavoratori più minacciati (ad esempio macchinisti o operatori di magazzino) è raramente monitorata come dovrebbe essere. In effetti, è proprio in quei settori industriali tradizionali, come la lavorazione della pietra, l’edilizia, la panificazione, la metallurgia e la saldatura, i lavori stradali e le attività estrattive, che le patologie polmonari professionali hanno trovato per molto tempo il loro ideale bacino di concentrazione, ma a onor del vero si tratta anche quelli dove si sono fatti gli sforzi più significativi al fine di ridurne i rischi.

Ogni progresso implica una riduzione dei rischi per la salute a breve e a lungo termine, il che è positivo per le compagnie di assicurazione che vogliono coprire i lavoratori attivi. Al fine di comprendere appieno il rischio professionale a cui alcuni ricorrenti sono esposti, gli assicuratori dovranno essere consapevoli dei nuovi settori di lavoro e dei ruoli lavorativi che presentano un’esposizione emergente ai rischi per la salute. Il rischio di liquidazione dei sinistri, diversi anni dopo l’esposizione, è ormai una realtà in tutte le regioni del mondo in cui queste tecnologie si stanno sviluppando.