BANCHE/2 Non si investe su un unico titolo
di Federico Unnia
Costituisce violazione degli obblighi di informazione e trasparenza la condotta tenuta da una banca la quale ha proposto ad una coppia di risparmiatori di investire l’intero loro capitale su di un unico titolo, un bond argentino, sebbene al momento della sottoscrizione del contratto non si fossero palesati gli indici di pericolosità poi divenuti tristemente noti. È quanto stabilito da una recente ordinanza emessa della Corte di cassazione (n. 6911/2018, pres. A. Ambrosio, rel. est. P. Di Marzio) con la quale è stata cassata la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Roma che aveva riformato la sentenza di primo grado del tribunale di Cassino. Secondo i Supremi giudici si configura la responsabilità a carico della banca che – seppure al tempo non ritenuti prodotti pericolosi – si doveva obbligare gli investitori sull’investimento sottoscritto. E questo anche se, come appurato nel corso della causa, i sottoscrittori non avessero fornito informazioni per profilare il loro reale effettivo profilo di rischio. Agli investitori, hanno precisato i supremi giudici della cassazione, dovevano essere fornite le informazioni richieste dalla legge sulla natura e i caratteri propri degli specifici titoli mobiliari. Secondo la Cassazione, inoltre, mancando da parte degli investitori l’indicazione a quanto ammontasse il loro patrimonio, imponeva alla banca «di usare la massima cautela e non solo, perché investire un intero patrimonio in un numero limitato di titoli viola la regola prudenziale di diversificare l’investimento». Nel caso di specie, ha sottolineato la Corte, ci si trovava in presenza dell’ipotizzato investimento di un intero patrimonio in un solo titolo, per altro di alto rendimento, per sua natura quindi fortemente rischioso. Da segnalare, infine, come la Corte abbia accolto il punto sollevato dalla ricorrente in tema di data da cui calcolare la decorrenza degli interessi da restituire, una volta dichiarata la risoluzione del contratto. Diversamente da quanto deciso dalla corte d’appello, la cassazione ha stabilito che lo scioglimento del contratto comporta, in ogni caso, sia un effetto liberatorio, per le obbligazioni che ancora debbono essere eseguite, sia un effetto restitutorio per quelle che siano state già eseguite e in relazione alle quali sorge per l’accipiens l’obbligo di restituzione che, nel caso di prestazioni pecuniarie, si calcola per gli interessi dalla data di presentazione della domanda giudiziale di risoluzione.
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