di Paola Valentini
Banca Mediolanum sta raccogliendo 15 milioni di euro al giorno sui suoi due fondi legati ai Pir, i Piani individuali di risparmio esentasse. Gli importi medi investiti sui Pir sono di 11 mila euro rispetto a un portafoglio medio dei clienti Mediolanum di 78 mila euro. A poco meno di due mesi dal lancio Banca Mediolanum in totale ha raccolto 700 milioni (il primo fondo, Sviluppo Italia, è partito il 16 marzo e il secondo, Futuro Italia, il 18 aprile). Si tratta del 70% del miliardo di euro che si stima abbiano raccolto finora tutte le sgr attive sui Pir (grafico in pagina). A tale ritmo l’obiettivo della società guidata dall’ad Massimo Doris di toccare 3 miliardi entro l’anno, un dato rivisto al riazzo rispetto ai 2 miliardi iniziali, sembra alla portata. In un anno Mediolanum da sola vuole raccogliere 1 miliardo in più della cifra che il ministero dell’Economia ha stimato che gli italiani, quest’anno, investiranno in questi nuovi strumenti, ovvero 2 miliardi.

Proprio grazie ai Pir il gruppo punta a superare il record di raccolta fondi del 2015 che era stato di 4,7 miliardi. Per stimolare i risparmiatori, Mediolanum ha avviato una sorta di road show in tutte le province italiane. Ed è pronta a rilanciare. Lo stesso Doris ha annunciato che entro l’anno partirà il collocamento di una polizza vita unit linked legata ai Pir. «Stiamo ben attenti alla diversificazione dei portafogli dei nostri clienti», ha detto Doris in occasione della pubblicazione del bilancio del primo trimestre, «ma si tratta di una buona opportunità e gli investitori vogliono approfittarne».
Il vantaggio è rappresentato dall’incentivo fiscale della completa esenzione dei capital gain ottenuti (a patto di detenere il piano per almeno cinque anni). Ma non sono soltanto i risparmiatori ad avere benefici. L’altra faccia della medaglia è che proprio grazie ai Pir la raccolta di chi ci ha puntato sta avendo una forte spinta. Diverse società di gestione hanno fin da subito intuito o cavalcato le potenzialità dei Pir. Banca Mediolanum ha fatto tutte e due le cose. Tanto che nel primo trimestre il totale delle masse dal gruppo ha superato 81 miliardi, con un incremento del 4% rispetto a fine 2016. E aprile ha avuto un’ulteriore accelerazione: con una raccolta netta per 480 milioni è stato il mese più ricco dell’anno. «Questo risultato è stato sostenuto in maniera significativa dal lancio nei mesi scorsi dei due fondi Pir. Si tratta della testimonianza dello sforzo dei nostri family banker nel far comprendere e apprezzare ai nostri clienti, in modo tempestivo, questo strumento così vantaggioso per loro e importante per il rilancio dell’economia del nostro Paese», ha sottolineato Doris. E la crescita della raccolta si tradurrà in corrispondente aumento dei margini per le società.
Banca Mediolanum «è l’asset manager che sta più rapidamente ottenendo i benefici dei Pir, il che gli permetterà di compensare il rischio del cambiamento del calcolo delle commissioni di performance», osservano gli analisti di Kepler Cheuvreux, che hanno alzato la raccomandazione sul titolo a buy, aumentando il target price da 7,1 euro a 8 euro e sottolineando che l’azione oggi non è cara perché scambia con un p/e di 11-12 volte, con uno sconto del 20% a fronte di una media storica del 5-10%. Mentre i concorrenti più simili, ovvero Banca Generali e Azimut , scambiano, rispettivamente, con multipli di 14 e 16 volte il p/e. Ma ora il titolo ha le carte in regola per riscattarsi, proprio grazie ai Pir. Kepler evidenzia che il loro boom di raccolta è stato fatto a spese di altri prodotti meno profittevoli per il gruppo. I flussi dei fondi legati ai Pir «hanno commissioni di gestione lorde del 2-2,25% rispetto a una media di 1,9% che il gruppo ha registrato sulle sue masse nel 2016. Applicando questo valore all’incremento atteso della raccolta nel 2017-2019, il gruppo otterrà 70 milioni di commissioni aggiuntive lorde, pari a 40 milioni netti».

Anche se l’impatto dei Pir non è ancora pienamente visibile nei conti del primo trimestre, perché la società ha iniziato a collocarli a metà marzo, sul bilancio del periodo l’impatto inizia comunque a vedersi. Banca Mediolanum ha chiuso i conti del periodo gennaio-marzo con un utile netto consolidato di 84,9 milioni, +16% rispetto al risultato dello stesso periodo del 2016. «Aumentiamo le stime dei ricavi e degli utili netti, rispettivamente, del 3 e del 5% per il periodo 2017-2019», afferma Kepler che prevede, grazie alla spinta dei Pir, un incremento della raccolta netta da 4,6 miliardi a 5,6 miliardi nel 2017, da 4,5 miliardi a 5,5 miliardi nel 2018 e da 4,1 miliardi a 5,6 miliardi nel 2019 grazie ai Pir.
Stime che appaiono prudenti alla luce degli obiettivi del presidente e fondatore del gruppo Ennio Doris, che su Pir è tornato a mettere la faccia dopo aver lasciato tre anni la guida del gruppo al figlio Massimo. Doris senior infatti ha affermato che in cinque anni vuole raccogliere 18 miliardi, iniziando quest’anno, come si accennava, con tre. E partire per primi dà un vantaggio rilevante perché la legge prevede che ogni singolo cliente che investa nei Pir vi debba restare per cinque anni, altrimenti decade l’esenzione fiscale dei capital gain. Conquistare quindi un cliente oggi vuol dire tenerlo per il prossimo lustro, con la speranza, se le cose vanno bene, che lo stesso riconfermi l’investimento per altri cinque anni. Come ha detto lo stesso Doris senior: «Riteniamo che sia molto interessante per il risparmiatore, quando si parla di esenzione dalle tasse l’attenzione sale sempre. E poi per noi è un prodotto che permette di legare il cliente per almeno 10 anni, quindi arrivare per primi sul cliente vuol dire tenerselo per molto tempo», ricordando il grande successo avuto in Gran Bretagna dagli equivalenti dei Pir con la creazione di un mercato da 500 miliardi. «Noi siamo convinti che anche in Italia affluirà tantissimo denaro, questo cambierà in senso positivo lo scenario italiano», ha previsto il numero uno di Banca Mediolanum .

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A oggi si contano già una ventina di società che hanno iniziato a vendere prodotti allineati alla normativa pir e in coda ce ne sono già un’altra manciata. In tutto sono più di una trentina di prodotti: si tratta soprattutto di fondi comuni, ma pronti al debutto, ci sono anche pir sotto forma di polizze vita e gestioni patrimoniali. In prima fila, oltre a Banca Mediolanum , tra i gruppi più attivi figurano Arca, Anima e Zenit. A una prima analisi realizzata da Euclidea sim per MF-Milano Finanza su un campione di questi fondi a norma Pir la media delle commissioni di gestione dei comparti di tipo bilanciato è dell’1,72% , il che li rende più cari di circa il 10% della stessa categoria di fondi nella versione tradizionale. Lo studio di Euclidea si concentra in particolare sulle commissioni di performance, quei costi che il gestore fa pagare al sottoscrittore se il fondo in un determinato periodo batte il suo parametro di riferimento. E’ emerso che solo il 20% dei fondi legati ai Pir non presenta commissioni di performance verso un indice di mercato definto. E questo non è positivo.« Pensiamo che non abbia alcun senso applicare una commissione di performance in un fondo attivo che segue un benchmark definito: prerogativa in passato solo dei fondi hedge poi clonata dai fondi alternative o absolute return», avverte Luca Valaguzza, fondatore e chief product officer di Euclidea. Inoltre, continua Valaguzza, spesso si tratta di «commissioni di performance costruite in modo aggressivo e a volte con benchmark fantasiosi e sicuramente poco coerenti con la normativa sui Pir». Ci si può imbattere infatti, perfino in fondi che usano indici di liquidità che, con gli attuali tassi ai minimi, non è difficile battere. «Queste commissioni, che sono benefici certi per il gestore, rischiano di annullare la gran parte dei, solo potenziali, benefici fiscali per il risparmiatore», dice Valaguzza.
La legislazione sui Pir prevede che almeno il 70% del capitale sia investito in titoli (azioni o bond) di società italiane o europee con stabile organizzazione in Italia. E di questo 70%, almeno il 30% (quindi il 21% del totale), deve essere dedicato a titoli di imprese fuori dall’indice Ftse Mib (che comprende le maggiori società quotate a Piazza Affari). L’obiettivo è aprire un canale per convogliare i risparmi privati all’economia italiana costituita prevalentemente da pmi. A fronte di questi limiti e a patto di detenere il piano per cinque anni, il sottoscrittore gode dell’esenzione totale dei capital gain ottenuti per importi investiti fino a 30 mila euro l’anno per un massimo di 150 mila euro.

Euclidea dà tre suggerimenti a chi ha preso in considerazione l’idea di sottoscrivere un Pir. «Innanzitutto non bisogna avere fretta. E’ un piano di investimento a medio/lungo termine e come tale va predisposto sulla base di scelte ponderate. Attenzione soprattutto ai costi delle prime soluzioni lanciate sul mercato da diverse società di gestione. Bisogna tenere presente infatti che i ritorni per chi investe non sono mai certi, mentre i costi lo sono sempre e, purtroppo, spesso sono anche molto elevati in queste prime soluzioni proposte», sottolinea Valaguzza.
Il secondo consiglio riguarda il corretto peso del Pir sul patrimonio complessivo del risparmiatore: «I Pir sono prodotti con forte concentrazione sull’Italia, un Paese che rappresenta mercato finanziario periferico all’interno del contesto mondiale», spiega Valaguzza, «Attenzione quindi a chi vi consiglia di fare un Pir da 30 mila euro annui se il vostro patrimonio è di 200 mila euro. I vantaggi di pianificazione a lungo termine e di potenziale risparmio fiscale, sono attraenti, ma a nostro giudizio un Pir non dovrebbe rappresentare più del 10% del patrimonio complessivo di un risparmiatore oculato».
Terzo: prima di scegliere il prodotto giusto bisogna considerare i vincoli. «Scegliere il vostro gestore di Pir, il prodotto o la soluzione appropriata, rappresenta una scelta senza facilità di cambiamenti successivi. La normativa è costruita in modo tale da vincolare di fatto il sottoscrittore con la scelta iniziale, pena la perdita potenziale dei risparmi fiscali e altre complicazioni. I gestori lo sanno bene ed è per questo che sono così insistenti», mette in guardia Valaguzza. In sintesi, i Pir offrono una nuova soluzione interessante e utile, ma vanno usati correttamente. «Il nostro auspicio è quello di essere in grado in futuro di proporre ai risparmiatori soluzioni Pir compliant. Tuttavia non vogliamo che questo comprometta uno dei nostri principali valori: essere un gestore indipendente e trasparente. Purtroppo», conclude Valaguzza, «al momento l’offerta di prodotti a norma Pir non è ancora abbastanza ampia e, soprattutto, abbastanza tutelante sul fronte delle commissioni da permettere a Euclidea di svolgere la sua funzione correttamente». (riproduzione riservata)
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