di Valerio Stroppa

Le società «captive» di gruppo, che svolgono esclusivamente attività di finanziamento a favore di società rientranti nel perimetro aziendale, vanno equiparate fiscalmente alle holding industriali. Tanto ai fini Ires, con l’applicazione dell’articolo 96 del Tuir per la deducibilità degli interessi passivi, quanto ai fini Irap, con riferimento all’articolo 6, comma 9 del dlgs n. 446/1997 per il calcolo del valore della produzione netta. Questa la risposta fornita dall’Agenzia delle entrate a una richiesta di consulenza giuridica presentata da Assonime e che l’associazione ha commentato ieri nella circolare n. 9/2017. Il quesito era volto a conoscere la riconducibilità di tale tipologia di società, appartenenti a un gruppo industriale e dedicate alla sua «tesoreria», tra i soggetti industriali o tra quelli finanziari. «Il mutamento delle policy aziendali e l’evoluzione dei sistemi creditizi nel tempo, infatti, hanno reso sempre più necessario demandare la gestione dei servizi finanziari a società specializzate del gruppo», evidenzia Assonime, «ma all’estensione dei servizi finanziari infragruppo offerti da società specializzate non ha fatto seguito l’adeguamento della corrispondente disciplina fiscale». Con i conseguenti dubbi operativi, per esempio, per quanto riguarda il trattamento fiscale Ires e Irap dei proventi e degli oneri finanziari. Una circostanza condivisa dalla stessa amministrazione, che sottolinea come gli ultimi chiarimenti di prassi (circolare n. 37/E del 2009) erano stati resi «con riferimento al modello organizzativo tradizionale, riconoscendo la natura industriale della holding anche con riferimento all’attività finanziaria svolta nell’interesse esclusivo delle società partecipate». Pertanto, dopo aver ricostruito l’evoluzione normativa in ambito tributario, finanziario e di bilancio (da ultimo con il dlgs n. 136/2015), l’Agenzia conclude che «non sussistono ragioni preclusive all’estensione della disciplina Ires/Irap prevista per le holding industriali» alle società captive. La circolare Assonime osserva che la risposta potrebbe rimettere in discussione le posizioni pregresse delle società che si sono «autoqualificate» in passato come soggetti finanziari. A tale scopo, l’associazione auspica che il chiarimento valga solo per il futuro «senza determinare il disconoscimento dei comportamenti fiscali precedentemente adottati».
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