di Gabriele La Monica
L’arrivo di Alberto Minali sulla plancia di comando di Cattolica Assicurazioni potrebbe cambiare i programmi della Popolare di Vicenza riguardo la quota residua (9,05%) detenuta nel capitale della compagnia veronese. Secondo quanto appreso da MF-DowJones, Fabrizio Viola, amministratore delegato della banca berica, vorrebbe incontrare Minali, con cui ha un rapporto di conoscenza consolidato, prima di dare l’ordine di dismissione della partecipazione. Viola, dopo la cessione via accelerated bookbuilding del 6,02% di Cattolica perfezionata il 5 aprile, deve rispettare il vincolo di lock-up di 90 giorni prima di potere operare nuovamente sulla quota. Quindi nulla potrà essere ceduto prima della prima settimana di luglio. Considerato che Minali prenderà servizio il 1° giugno, di fatto i due manager avranno un periodo «bianco» di oltre un mese per cercare di ridurre la frattura fra le due società, che fino alla nomina dell’ex direttore generale della Generali alla carica di amministratore delegato di Cattolica sembrava insanabile.

I rapporti cordiali fra Minali e Viola si andrebbero a sommare alla personale simpatia che contraddistingue le relazioni fra i due presidenti Paolo Bedoni di Cattolica e Gianni Mion di Bpvi. Finora tutto ciò non è bastato per evitare che lo scontro arrivasse al calor bianco, ma non è escluso che nel prossimo futuro le cose cambino. Lo scontro frontale è vissuto come extrema ratio a Vicenza. Lo stesso Viola recentemente ha auspicato una soluzione stragiudiziale. «Le cose migliori», ha spiegato Viola, «di solito si fanno fuori dai tribunali. Personalmente non sono un litigioso anche perché le liti nei tribunali portano via molti anni e in linea di massima non ingrassano le tasche delle controparti». Le ostilità sono state aperte il 4 aprile dalla compagnia veronese che ha manifestato l’intenzione di esercitare la put per uscire dalle partnership assicurative Cattolica Life, Berica Vita e Abc Assicura, costringendo l’istituto guidato da Viola a mettere mano al portafoglio per ricomprare il 60% delle quote per 178,5 milioni.

Una scelta che a Vicenza hanno giudicato quantomeno sconveniente nei tempi, considerate le difficoltà in cui l’istituto versa in questi mesi. I vicentini ovviamente hanno contestato nel metodo e nel merito le azioni di Cattolica. Il giorno successivo la banca vicentina ha ceduto una quota del 6,02% della compagnia assicurativa; un pacchetto di 10,5 milioni di azioni passate di mano con uno sconto minimo che ha consentito di incassare 76,1 milioni. L’ipotesi negoziale di avere Cattolica come partner di banca-assicurazione frutto della fusione fra Veneto Banca e la Popolare di Vicenza, che era sul tavolo prima che scoppiasse la guerra, resta remota. Ma forse un po’ meno rispetto ad alcune settimane fa. (riproduzione riservata)
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