di Anna Messia

ià oggi circa il 20% del risultato del gruppo Intesa Sanpaolo arriva dall’attività assicurativa. La divisione Insurance, guidata da Nicola Maria Fioravanti, continua a macinare utili superando gli obiettivi prefissati. Il primo trimestre 2017 si è appena chiuso con un utile netto di circa 200 milioni, in calo del 9,7% sullo stesso periodo 2016 che aveva però beneficiato di eventi non ricorrenti (la componente finanziaria). «Un trimestre di estrema soddisfazione per le compagnie assicurative del gruppo che continuano a rafforzare il modello di wealth management company che il gruppo Intesa Sanpaolo ha adottato», dice a MF-MilanoFinanza Fioravanti che delinea anche le sfide per i mesi a venire, che passano dal riposizionamento del ramo Vita alla crescita sostenuta del ramo Danni, dove la compagnia è entrata nel 2014 ma che è destinato ad avere un ruolo chiave per il futuro.

Domanda. Partiamo proprio da qui dottor Fioravanti. Che obiettivi avete nel ramo Danni?
Risposta. Le potenzialità sono enormi. Oggi i clienti del gruppo Intesa sono oltre 10 milioni e il tasso di penetrazione attuale del Danni è il 3-4% del totale. Gli spazi di crescita sono evidenti e già stiamo avendo uno sviluppo importante. A fine 2014 avevamo 200 milioni di euro di premi, raddoppiati a 400 a fine 2016 e quest’anno contiamo di arrivare a 500 milioni. Ma la crescita del Danni, grazie anche al recente accordo siglato con Aon, a supporto della nostra clientela pmi e corporate, sarà un importante pilastro del nuovo piano industriale che sarà messo a punto da Intesa Sanpaolo . Il nostro modello integrato, tra banca e assicurazione, è unico in Italia e ci consente di avere una progettualità comune e condivisa. Nel Danni abbiamo allargato l’offerta oltre all’Rc Auto anche a polizze salute o per la casa con un’ottima profittabilità. Il combined ratio è inferiore al 60%.

D. La profittabilità è un tema aperto anche nel Vita, alle prese con bassi tassi d’interesse. Che strategie avete?
R. Vogliamo mantenere la leadership del comparto. Se nelle classifiche dei premi 2016 appena pubblicate da Ania si tiene conto anche della produzione italiana della nostra compagnia irlandese, Intesa Sanpaolo Life, che apporta circa 9 miliardi di premi, siamo saldamente in cima al mercato, davanti a Generali e a Poste Vita. La produzione Vita lorda nel primo trimestre è stata superiore ai 6 miliardi e quella netta è stata pari a 2,2 miliardi. Ma in questo momento storico è importante guardare soprattutto alla qualità della raccolta Vita.

D. Come siete messi in termini di profittabilità?
R. Il peso delle unit linked, polizze di ramo terzo che investono in fondi comuni, continua a crescere. Nel primo trimestre questo tipo di prodotti ha rappresentato il 72% della nuova raccolta e sono arrivate a rappresentare circa il 45% dello stock complessivo.
D. Ma non c’è il pericolo che gli assicuratori smettano di fare il loro mestiere trasferendo il rischio ai clienti? Le unit richiedono minori accantonamenti di capitale alle compagnie ma non hanno la protezione degli investimenti prevista finora dalle gestioni separate…
R. Noi vendiamo unit con un certo tasso di protezione che risulta molto attrattiva per i clienti. Le gestioni separate che comprano titoli di Stato hanno rendimenti più contenuti mentre le nostre unit stanno avendo un rendimento netto fino al 4%. Tornando alla crescita del ramo Vita stiamo poi spingendo anche sui prodotti previdenziali, che consentono di instaurare una relazione di lungo termine con i clienti.

D. Con quali volumi?
R. L’anno scorso abbiamo venduto 85 mila polizze, quest’anno contiamo di arrivare a 100 mila.

D. Venderete anche Pir assicurativi?
R. Li metteremo all’interno delle nostre unit dopo il successo ottenuto da Eurizon Capital. Si tratta di prodotti che consentono un importante risparmio fiscale per i clienti e che hanno anche il vantaggio di sostenere l’economia italiana.

D. Intesa Sanpaolo Vita aveva annunciato importanti manovre negli investimenti alternativi. Le avete realizzate?
R. Nel 2016 abbiamo investito 2 miliardi in fondi di credito, infrastrutture, real estate e private equity. Quest’anno abbiamo un budget di 400 milioni. Ma stiamo ben attenti anche a tenere alto il nostro indice Solvency II, pari a marzo al 190%. (riproduzione riservata)
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