di Oscar Bodini
Riuscire a conciliare la doverosa selettività delle imprese che si affacciano in Borsa con la necessità impellente di allargare il panel delle aziende in cui i Pir possono investire è uno dei temi affrontati nel corso di un convegno che si è svolto ieri pomeriggio nella sede milanese di Arca Fondi sgr. «Occorre che un numero ben maggiore di imprese si rivolga ai mercati dei capitali, perché quelle già quotate non sono sufficienti» per assorbire le crescenti masse di denaro che si stanno accumulando nei Pir, ha detto il vice dg della società di gestione, Simone Bini Smaghi. Nei primi mesi dell’anno, la raccolta complessiva dei Piani ha già superato i 3 miliardi: poiché il regolamento di questi strumenti prevede che il 21% di quanto raccolto debba essere investito in azioni di società che non fanno parte del Ftse Mib, significa che oltre 600 milioni si sono già riversati sulle medium e small cap. Entro giugno, per esempio, la stessa Arca Fondi sgr disporrà di quattro fondi Pir (due comparti azionari e due bilanciati) attraverso cui al giro di boa di metà anno dovrebbe «raggiungere una quota ben superiore a un miliardo di euro e molto vicina a 70 mila clienti», ha spiegato Bini Smaghi. Il manager ritiene che «se tra due o tre anni il numero di aziende quotate non sarà di gran lunga maggiore rispetto a quello attuale», significherá che il provvedimento con cui i Pir sono stati introdotti «non avrà dato i frutti sperati».

Non tutti, però, auspicano una crescita così sostenuta per le aziende di piccola taglia. Una voce fuori dal coro è ad esempio quella del presidente di Assosim, Michele Calzolari, che predica cautela. Il boom di raccolta e la conseguente corsa innescata da gran parte dei titoli dei listini sottili rischia infatti di generare pericolose bolle speculative e attirare verso Palazzo Mezzanotte anche aziende dai fondamentali non sufficientemente solidi, interessate a sfruttare il momentum favorevole. «Si rischia il Far West, il che rappresenta innegabilmente un pericolo», ha spiegato Calzolari nel corso del convegno. «La grande sfida portare sul mercato società piccole ma buone». In altre parole, «la scommessa non è portare sul mercato aziende, bensì aziende di qualità». Secondo Francesco Previtera, head of research di Banca Akros (Banco Bpm ), la maggiore insidia a cui il settore va incontro è quella della speculazione borsistica, fenomeno da cui è tutt’altro che immune considerata l’ingente massa di denaro che si sta riversando a Piazza Affari a fronte di un’offerta ancora piuttosto limitata sulle Pmi in cui i Pir possono investire. «Mi chiedo cosa potrebbe succedere se vedessimo performance del 40%», si è domandato l’esperto. «A quel punto, chi penserebbe più agli incentivi fiscali previsti dalla normativa? In molti si precipiterebbero a realizzare vendendo le quote e così facendo creerebbero molta volatilità». Per evitare che ciò avvenga, secondo Previtera occorre «riuscire a far passare il concetto che gli incentivi non sono destinati a scomparire, bensì a diventare stabili nel lungo periodo». In questo modo si darebbe vita a «una nuova asset class stabile per valutazione del rischio e del ritorno». (riproduzione riservata)
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