GIURISPRUDENZA

Autore: Matteo Cerretti
ASSINEWS 275 – maggio 2016

Cass. SS. UU. n. 9140 del 6 maggio 2016

La clausola claims made nelle polizze assicurative non è vessatoria e non limita la responsabilità dellassicuratore, bensì delimita loggetto dellassicurazione. Tuttavia, tale clausola può essere dichiarata nulla laddove determini uno squilibrio eccessivo a carico del professionista contraente deboledei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto con la compagnia assicurativa. Infatti, ammoniscono le sezioni unite, la clausola claims made rischia di creare buchi di copertura” – che si ripercuotono negativamente anche nei confronti del terzo danneggiato specialmente in seguito allintroduzione, in determinati settori, dellobbligo per i professionisti di munirsi di polizze assicurative a copertura della propria responsabilità professionale.

Con sentenza n. 9140 depositata il 6 maggio 2016, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno messo un punto all’annosa e controversa questione relativa alla validità ed efficacia delle clausole claims made (letteralmente “a richiesta fatta”) nei contratti di assicurazione.

In breve, secondo la Corte, le clausole claims made miste, vale a dire quelle che subordinano la copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o comunque in un lasso di tempo individuato preventivamente, non hanno natura vessatoria.

Le sezioni unite hanno poi preso spunto dalla normativa del d.lgs. n. 206/2005 (pur non applicabile nei rapporti assicurativi del professionista) per stabilire che, laddove la clausola claims made determini uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi che scaturiscono dal contratto con la compagnia, la suddetta clausola potrà essere dichiarata nulla sulla base di un giudizio di “meritevolezza” attribuito al giudice di merito, con conseguente ripristino della normativa di cui all’art 1917 del codice civile. I giudici hanno inoltre richiamato il principio secondo cui l’art. 2 della Costituzione consente al giudice di intervenire anche in senso modificativo o integrativo sugli accordi negoziali per garantire l’equo contemperamento degli interessi delle parti.

In particolare la Suprema Corte ha ritenuto che la clausola claims made:

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