Sì al rimborso degli infissi, no al ristoro del danno biologico
di Dario Ferrara

La società che gestisce la tangenziale deve decidersi ad adempiere alla sentenza del tribunale civile dopo la condanna a ridurre il rumore delle auto che perseguita il proprietario della casa vicina. L’azienda che amministra l’infrastruttura di collegamento deve inoltre ripagare i doppi infissi che il confinante è stato costretto a installare per mettersi al riparo del frastuono del traffico. Ma non è condannata a risarcire il danno biologico o esistenziale: la lunga esposizione all’inquinamento acustico, infatti, non lede di per sé uno dei diritti fondamentali che legittima il ristoro della lesione di natura non patrimoniale tutelati dalla Costituzione. È quanto emerge dalla sentenza 992/16, pubblicata dalla sezione staccata di Catania del Tar Sicilia.

Onere della prova. Deve provvedere entro sei mesi l’ente che gestisce l’infrastruttura: altrimenti arriverà un commissario dall’Arpa, l’Agenzia regionale di protezione ambientale.

Certo per ridurre le emissioni sopra la soglia di legge serve un progetto adeguato: secondo la consulenza tecnica svolta in sede civile bisogna alzare le attuali barriere antirumore e dotarle di una copertura.

La società rifonde i quasi 11 mila euro pagati dal proprietario per rifare gli infissi esterni della casa, che dista soli 30 metri dalla strada. Non risulta invece sussistente il danno da deprezzamento dell’immobile. Da una parte la diminuzione del valore dell’immobile costituisce una voce di danno da collegare in modo diretto al fatto illecito e dunque risulta anteriore al giudicato; dall’altra la sentenza del giudice ordinario di cui chiede l’esecuzione il proprietario della casa confinante ha già stabilito che la domanda di risarcimento deve essere bocciata perché rimasta priva di riscontro: non è quindi possibile per i giudici amministrativi pronunciarsi di nuovo in materia. E la lesione biologica non sussiste senza che sia dimostrato un pregiudizio alla salute. E la qualità della vita? L’interessato viene meno all’onere di provare la menomazione patita rispetto a un diritto protetto dalla Carta fondamentale.

Treni notturni, sindaci fuori gioco. Restiamo nel campo delle immissioni sonore nel campo dei trasporti. Non può essere il sindaco del Comune a mettere la sordina agli annunci dei treni di notte perché i rumori della stazione danno fastidio ai residenti: nei servizi pubblici essenziali la competenza a emettere ordinanze contingibili e urgenti contro le emissioni acustiche sopra la soglia consentita è competenza esclusiva della presidenza del consiglio dei ministri. E ciò per evitare che si verifichino difformità nell’azione delle varie amministrazioni. È quanto emerge dalla sentenza 1920/15, pubblicata dalla terza sezione del Tar Lombardia.

Stazioni rumorose, competenza a Palazzo chigi. Stop al provvedimento dell’amministrazione locale che ordina alla stazione ferroviaria locale di limitare al massimo le emissioni sonore nella fascia oraria fra le 22 e le 6. Si impone di ridurre le manovre dei treni, i tempi di preaccensione delle motrici e perfino gli annunci dei convogli in arrivo e in partenza. Il tutto in base all’articolo articolo 10 comma 5 della legge 447/95 contro l’inquinamento acustico. Il sindaco del comune non è competente perché nei servizi pubblici essenziali come i trasporti la normativa radica la competenza di Palazzo Chigi. E non c’è dubbio che il provvedimento del primo cittadino sia un’invasione di campo nell’attività delle ferrovie perché interviene sulle manovre dei convogli.

La comunicazione con l’altoparlante non può essere sostituita da monitor o display perché l’immediatezza della voce che annuncia «il treno in arrivo sul binario» non può essere ottenuta con sistemi visivi.

Voli: verifica inquinamento acustico caso per caso. Infine gli aerei: non si possono proibire per decreto i collegamenti in partenza dallo scalo civile fra le 23 e le 6 senza una verifica dell’inquinamento acustico caso per caso: ecco allora che il dpr 496/97 deve essere annullato sul punto. È quanto emerge dalla sentenza 10119/14, pubblicata dalla sezione seconda bis del Tar Lazio: euroincompatibile lo stop ai voli notturni esteso a realtà territoriali e ambientali non omogenee.
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