Pagine a cura di Vitantonio Lippolis

Al fine di individuare la giusta sanzione, il computo degli omessi versamenti delle ritenute previdenziali si fa alla fine dell’anno civile. È quanto prevedono le indicazioni operative diramate, d’intesa con l’Inps, dal ministero del lavoro al proprio personale ispettivo per mezzo della nota n. 9099 del 3 maggio 2016.

Poiché, difatti, i versamenti contributivi vanno effettuati entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento, per individuare l’ammontare annuo complessivo delle omissioni (e conseguentemente la rilevanza penale o amministrativa dell’illecito) si terrà conto dei versamenti dovuti dal singolo datore di lavoro nell’arco temporale che va dal 16 gennaio al 16 dicembre di ciascun anno (cosiddetto anno contributivo). Si procederà, invece, immediatamente alla contestazione degli illeciti al contravventore solo nel caso in cui gli importi non versati eccedono la maggior soglia annua di rilevanza penale.

L’illecito ridisegnato. Sul mancato versamento, da parte del datore di lavoro, della quota di contributi previdenziali a carico dei lavoratori, recentemente l’art. 3, comma 6, del dlgs n. 8/16 è intervenuto parzialmente depenalizzando la previgente punizione già prevista dall’art. 2, comma 1-bis, del dl n. 463/1983 (convertito con modificazioni nella legge n. 638/1983). Il testo novellato distingue la reazione sanzionatoria in base al valore dell’omissione accertata: se l’importo non versato resta nel limite di 10.000 euro per anno, al trasgressore si applicherà una mera sanzione amministrativa che va da un minimo di 10.000 a un massimo di 50.000 euro; viene, invece, confermata la sanzione penale della reclusione fino a 3 anni congiunta alla multa fino a euro 1.032 in caso di omessi versamenti delle ritenute che eccedono la soglia annua di 10.000 euro.

La natura unitaria, in base all’anno civile, dell’illecito così emendato comporterà, in base alle indicazioni ministeriali, il fatto che andranno contestate tante violazioni (di rilevanza amministrativa o penale) quanti sono gli anni in cui si rileva l’omesso versamento delle quote.

Un esempio chiarirà meglio il concetto: se un’impresa nell’anno 2013 non ha versato ritenute per un importo complessivo di 12.000 euro e nell’anno 2014 non ha versato ritenute per un importo di 8.000 euro, verrà contestato un illecito penale per l’anno 2013 e uno amministrativo per l’anno 2014.

La norma prevede, tuttavia, che il datore non sia comunque punibile (né penalmente né amministrativamente) qualora versi quanto dovuto entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione. Ne discende, secondo il Minlavoro, un effetto sospensivo dell’efficacia delle sanzioni comminate sino alla scadenza del termine assegnato al datore di lavoro per la regolarizzazione all’esito del quale, se non ha provveduto al versamento di quanto dovuto, decorreranno i termini (60 giorni) per il pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta (art. 16, legge n. 689/81). Si rammenta che la circolare n. 6/2016 dello stesso dicastero aveva già fatto presente che, in questo caso, non può trovare applicazione la procedura premiale della diffida ex art. 13, del dlgs 124/04.

Qualora, invece, l’omissione risulti superiore a 10.000 euro annui (soglia di rilevanza penale), l’organo accertatore dovrà provvedere, successivamente all’attivazione della procedura di regolarizzazione, ad informare del reato l’Autorità giudiziaria comunicando altresì l’esito, negativo o positivo, dell’invito a versare le quote omesse nel termine assegnato.

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