di Paola Valentini
Nel primo trimestre l’industria del risparmio gestito in Italia ha registrato una raccolta netta di 27,5 miliardi di euro, in netto aumento rispetto ai 20,3 miliardi del quarto trimestre 2015, ma dimezzata rispetto ai 55 miliardi registrati nei primi tre mesi dell’anno scorso. Il risultato ha comunque permesso al patrimonio gestito di salire ai massimi oltre quota 1.857 miliardi (di cui 847 miliardi nei fondi aperti e 959 miliardi nelle gestioni di portafoglio). È quanto emerge dalla mappa trimestrale di Assogestioni, resa nota ieri, che sintetizza e completa i dati pubblicati mensilmente.

Il rallentamento era previsto dagli analisti ed è giustificato dal progressivo calo del bacino di risparmio amministrato, leggasi titoli di Stato, cui le banche hanno finora attinto a piene mani per dirottare risorse verso i fondi comuni. La raccolta in ogni caso tiene, anche perché, nonostante i fondi nel primo trimestre 2016 non abbiano potuto vantare performance brillanti come nel gennaio-marzo 2015, i tassi rasoterra rendono davvero difficile trovare alternative di rendimento nel fai-da-te.
Sul fronte delle singole gestioni, i fondi aperti hanno raccolto nel trimestre 13,3 miliardi, in aumento rispetto ai 9,2 miliardi del quarto trimestre 2015 ma in netto calo rispetto ai 38,5 miliardi del primo trimestre dell’anno scorso. La frenata è da imputare alla drastica riduzione della raccolta dei fondi di diritto italiano, che non a caso sono i prodotti collocati prevalentemente dalle banche che distribuiscono i prodotti delle sgr di casa. Questi ultimi hanno registrato flussi negativi per 1,3 miliardi dopo il saldo positivo di 2,7 miliardi dell’ultimo trimestre 2015 e di 10,1 miliardi dei primi tre mesi dell’anno scorso. I fondi di diritto estero hanno invece ottenuto una raccolta positiva per 14,7 miliardi, più del doppio dei 6,5 miliardi del quarto trimestre 2015 e la metà dei 28,4 miliardi dei primi tre mesi dell’anno scorso.

Più stabile la raccolta delle gestioni di portafoglio, che hanno ottenuto flussi per 14 miliardi (concentrati sulle gestioni di prodotti assicurativi, ovvero i portafogli delle polizze gestiti dalle sgr associate ad Assogestioni, che hanno chiuso il trimestre con 12,5 miliardi). Nell’ultimo trimestre 2015 la raccolta di queste gestioni si era attestata a 10,5 miliardi, mentre nel primo trimestre dell’anno scorso era stata di 16,6 miliardi.

Per quanto riguarda il dettaglio delle singole categorie di fondi aperti, nel trimestre si registra la tenuta della raccolta degli azionari, i quali, malgrado la correzione delle borse, hanno chiuso i tre mesi con flussi positivi per 1,2 miliardi, comunque in rallentamento dai 3,4 miliardi dell’ultimo trimestre 2015 (5,2 miliardi nel primo trimestre dell’anno scorso). In forte calo a 957 milioni invece i risultati dei fondi bilanciati (dagli 1,4 miliardi del quarto trimestre 2015 e dai 6,4 miliardi del primo trimestre dell’anno scorso). Stessa tendenza per i flessibili (3,2 miliardi contro i 6,8 miliardi del trimestre precedente e i 15,3 miliardi di un anno prima). Intanto sono tornati in territorio positivo gli obbligazionari (+360 milioni dai -2 miliardi degli ultimi tre mesi del 2015 e dai 12,1 miliardi del primo trimestre dell’anno scorso). Ancora in rosso i fondi hedge (-93 milioni dopo i -138 milioni degli ultimi tre mesi 2015 e i -216 milioni dei primi tre mesi dell’anno scorso).

Tra le singole società di gestione, primo per raccolta netta del trimestre risulta il gruppo Generali con 9,6 miliardi, seguito da Intesa Sanpaolo con 5,1 miliardi (di cui 4,5 miliardi riferiti a Eurizon Capital e 577 milioni a Banca Fideuram). Al terzo posto si piazza Anima Holding con 4,4 miliardi. Tra gli esteri puri spiccano i risultati di Jp Morgan Asset Management (894 milioni) e Schroders (420 milioni). Prosegue il momento difficile per Franklin Templeton, che ha chiuso il trimestre con una raccolta negativa per 1,5 miliardi, M&G (-942 milioni) e Invesco (-706 milioni). Le performance deludenti di alcuni fondi e l’aumento della concorrenza sul mercato per il recente ingresso sul segmento retail di nuovi operatori esteri sta rendendo infatti più difficile il business italiano di questi big esteri che fino a qualche mese fa facevano con facilità il pieno di raccolta. (riproduzione riservata)
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