di Paola Valentini
Mentre il premier Matteo Renzi si appresta a salire, assieme a un manipolo di sessantenni, sull’Ape (il logo che il primo ministro ha coniato per l’anticipo pensionistico che intende far debuttare nel 2017), tutti gli altri lavoratori italiani sono alle prese con i dolori della busta arancione. L’Inps, sotto la guida del presidente Tito Boeri, ha iniziato a inviare ai primi 150 mila iscritti (con l’obiettivo di spedirla a 7 milioni di lavoratori entro l’anno) la missiva che contiene le stime personalizzate della prima pensione attesa a fine carriera con l’indicazione dell’anno di previsto pensionamento.

E ancora una volta le generazioni più avanti con l’età, oltre a poter contare sull’attesa possibilità di lasciare prima il lavoro con l’Ape (con un taglio della pensione e con il coinvolgimento delle banche che dovrebbero anticipare l’assegno visto che lo Stato non può permettersi uscite di cassa aggiuntive), non hanno avuto sorprese eclatanti dalla lettura della busta arancione se non altro perché il loro assegno è calcolato in buona parte con il più generoso e prevedibile metodo retributivo, che soltanto dal 2012 è stato sostituito dal contributivo per tutti. Fino a quell’anno il retributivo è rimasto in vigore in forma integrale per chi a fine 1995 vantava più di 18 anni di contributi e in forma pro quota per chi a quella data ne aveva meno di 18.
Per gli assunti dal 1996 in poi, invece, il metodo è totalmente contributivo ed è quindi legato ai versamenti effettuati (ovvero alla costanza del rapporto di lavoro), i quali a loro volta sono rivalutati in base al pil dell’Italia.

L’assegno, di conseguenza, non è certo come nel retributivo, dove era determinato considerando gli ultimi stipendi prima della pensione. Sia la busta arancione cartacea (a pagina 11 c’è un esempio del contenuto della missiva con le istruzioni su come leggerla elaborate da Progetica), sia il suo omologo sul web «La Mia Pensione» (il servizio online di simulazione della pensione che l’Inps ha messo a disposizione un anno fa anticipando le lettere partite in questi giorni) si sono quindi rivelati una doccia fredda soprattutto per le generazioni più giovani, dato che emerge dall’analisi condotta dall’Inps su un campione di utenti tra i quasi 7 milioni dotati del Pin per effettuare le simulazioni con «La Mia Pensione» (per ora il servizio copre i dipendenti privati e nel corso del 2016 sarà disponibile anche per i dipendenti pubblici).
Dal sondaggio dell’Inps risulta che l’85% dei 4 quasi milioni di persone che hanno usufruito del servizio lo ha ritenuto utile.

Di questi più del 60% pensa di aver migliorato di molto il suo grado di informazione sulla pensione. Inoltre circa l’80% non ha trovato dati errati (informazioni incomplete, periodi mancanti, contribuzioni errate) nell’estratto conto attuale dei contributi versati, a conferma del fatto che la busta arancione, sia cartacea sia online, può essere utilizzata anche per verificare che la posizione registrata negli archivi Inps sia esatta rispetto ai versamenti che al lavoratore risultano effettuati durante la propria carriera. L’aspetto più interessante riguarda però la reazione di fronte alle stime ottenute sull’importo dell’assegno pubblico. Ebbene, quasi il 40% afferma che l’ammontare della pensione che scaturisce dalla simulazione è inferiore rispetto alle attese (il 26% dice non di molto e per il 13% di molto). Questo numero potrebbe essere più elevato se le condizioni su cui si fondano le simulazioni Inps fossero più severe. Si ricorda infatti che «La Mia Pensione» si basa su ipotesi giudicate da alcuni analisti un po’ troppo ottimistiche, perché considerano una crescita del pil dell’1,5% che può essere diminuito fino all’1%, ma non sotto. E in una fase in cui l’economia italiana negli ultimi anni non è cresciuta a questi ritmi, anche per i prossimi il rischio che non possa raggiungere questo obiettivo non sono da sottovalutare. La busta arancione cartacea invece considera addirittura l’1,5% fisso. In ogni caso ben il 65% degli intervistati alla domanda: «Pensa di rivedere le previsioni sulla pensione futura dopo aver utilizzato questo servizio?» risponde: probabilmente sì. Questa affermazione ha ripercussioni anche sui fondi pensione.
Oggi gli iscritti alla previdenza complementare, pur se in progressivo aumento, sono solamente poco più di un terzo dell’intera platea di riferimento (7,3 milioni gli aderenti in base ai dati Covip di fine 2015). E i dati della busta arancione potrebbero convincere i lavoratori scoperti ad avviare un fondo pensione. Pur considerando che la difficile situazione del mercato del lavoro oggi non consente a tutti di risparmiare per la previdenza, è in ogni caso importare capire quanto versare. Per questo MF-Milano Finanza ha chiesto a Progetica, società di consulenza finanziaria indipendente, di realizzare alcune elaborazioni per lavoratori dai 25 ai 55 anni di età che indicano il contributo annuo al fondo pensione necessario per avere una rendita mensile integrativa rispetto alla pensione pubblica di 250 o 500 euro. «Le elaborazioni distinguono tra versamento in una linea garantita e in una linea bilanciata. I giovani, se da un lato sono coloro che hanno più difficoltà ad accantonare risorse per l’integrazione, hanno almeno l’agevolazione di avere più tempo di fronte, e dunque necessitano di versamenti inferiori rispetto alle generazioni successive», spiega Andrea Carbone di Progetica, «infatti nel lungo periodo i mercati possono aiutare a ridurre il versamento necessario». Dati alla mano, dall’analisi di Progetica emerge che, ad esempio, un 25enne per avere un’integrazione di 250 euro netti al mese deve versare 1.331 euro all’anno in una linea garantita e 746 euro in una bilanciata. Lo stesso soggetto deve impegnarsi per, rispettivamente, 2.661 e 1.493 euro per sperare di ottenere 500 euro in più. Man mano che l’età del lavoratore cresce, i versamenti per avere 250 o 500 euro salgono. Per avere 250 euro il contributo annuo di un lavoratore di 45 anni supera i 2.960 euro in caso di versamento in una linea garantita e arrivano a oltre 2.190 euro nella bilanciata. Questo 45enne che volesse una pensione di scorta di 500 euro al mese dovrebbe investire 5.750 euro all’anno in un comparto garantito e 4.360 euro in un bilanciato. «Coloro che riceveranno la busta arancione dovranno valutare se l’assegno sia coerente o meno con i propri desideri e progetti di vita, per poi valutare come integrare attraverso la previdenza complementare», conclude Carbone. «Le variabili da considerare sono tante: ecco perché il supporto di operatori qualificati o educatori previdenziali certificati è sempre più importante per pianificare per tempo il benessere economico futuro». (riproduzione riservata)
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