L’istituto della confideiussione di cui all’art. 1946 c.c. è caratterizzato da un collegamento necessario tra le obbligazioni assunte dai singoli fideiussori, mossi consapevolmente, anche se non contestualmente, dal comune interesse di garantire lo stesso debito e lo stesso debitore, salva la divisione dell’obbligazione nei rapporti interni in virtù del diritto di regresso, che, a norma dell’art. 1954 c.c. spetta a colui che ha pagato l’intero; l’art. 1937 c.c., laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, va interpretato nel senso che non è necessaria la forma scritta o l’adozione di formule sacramentali, purché la volontà sia manifestata in modo inequivocabile, e la prova della sussistenza di detto elemento può, pertanto, essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche con presunzioni.

Cassazione civile sez. I, 24/02/2016 n. 3628