Uniti civilmente e conviventi tutelati nell’impresa familiare. Sia il legame di coppia tra conviventi (omo ed etero) sia il simil-matrimonio (per omosessuali) prevede l’estensione (solo parziale per i conviventi) delle norme del codice civile sull’azienda di famiglia. Per le unioni civili, inoltre, si applica anche la disciplina dei patti di famiglia e cioè delle norme sulla successione delle aziende familiari.

Per i conviventi la legge Cirinnà scrive una norma apposita, l’articolo 230-ter del codice civile.

La disposizione attribuisce al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato.

Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.

Per le unioni civili, sempre la legge Cirinnà, richiama le disposizioni del codice civile sull’impresa familiare (articolo 230-bis).

Alle unioni civili si estende tout court la disposizione per i coniugi e loro familiari, che prevede un’estensione dei diritti patrimoniali (anche il mantenimento) e l’applicazione dei poteri di avere voce in capitolo per le decisioni aziendali.

Sempre per le unioni civili, la legge richiamata estende l’applicazione degli articoli 768-bis e seguenti del codice civile sul patto di famiglia. Con il patto di famiglia si determina il futuro assetto dell’impresa e della società, una volta che il titolare non c’è più.

Le ragioni dell’impresa sono tenute, quindi, in conto nella regolamentazioni di queste nuove coppie.

Ma vediamo quali sono i diritti rispettivamente de convivente e del componente dell’unione civile.

Convivenza. La tutela del convivente nell’impresa di famiglia è essenzialmente economica.

Le prerogative si limitano alla partecipazioni agli utili, ai beni, agli incrementi, computando anche l’avviamento, il tutto in proporzione al lavoro prestato.

Facendo un confronto con la disciplina base dell’impresa familiare (articolo 230 bis del codice civile) si evidenzia che al convivente non spetta il mantenimento in linea con la condizione patrimoniale della famiglia

Nemmeno si applicano al convivente tutele di natura diversa da quella economica. In particolare il convivente non prende parte alle decisioni dell’impresa. Per profili ulteriori o diversi i conviventi hanno a disposizione il contratto di convivenza, se decidono di stipularlo.

Non è in contrasto con la legge la previsione di assegnazioni economiche maggiori o anche la possibilità di partecipare alla determinazione dell’indirizzo dell’impresa o alla cessazione della stessa, così come limiti al trasferimento del diritto di partecipazione.

Unione civile. Al componente dell’unione civile si applica integralmente il regime dell’articolo 230 bis del codice civile, come per i soggetti sposati.

Questo significa attribuzione all’unito civilmente sia degli utili, sia del mantenimento e significa anche prerogative decisionali sulle sorti dell’impresa.

A proposito del mantenimento, la giurisprudenza ha chiarito che si tratta di una prerogativa che prescinde dall’andamento dell’attività, dovendo soddisfare alle necessità del collaboratore.

Invece la determinazione della partecipazione agli utili dipende dalla quantità e alla qualità del lavoro prestato.

A questo proposito potrebbe essere utile una predeterminazione della quota con una scrittura privata.

L’articolo 230 bis del codice civile attribuisce al componente dell’unione anche il diritto agli incrementi e cioè ai miglioramenti e agli aumenti di valore dell’azienda, compreso l’avviamento.

Diversi dai diritti economici sono quelli relativi alla partecipazione alle decisioni.

Al componente dell’unione spetta il diritto di dire la sua in materia di destinazione degli utili, degli incrementi e in materia di cessazione dell’attività. Oltre a questi aspetti il componente dell’unione deciderà anche su gestione straordinaria e sugli indirizzi produttivi.

Anche questi aspetti sono, in realtà, strumentali a tutela degli interessi economici e cioè difendere la remuneratività della propria prestazione. Le decisioni sono assunte a maggioranza dei familiari che partecipano all’impresa e, quindi, si calcolano per teste e non per quote.

Anche per il componente dell’unione civile vale la regola della intrasferibilità del diritto di partecipazione, salvo che avvenga a favore di familiari e con il consenso di tutti i partecipanti all’impresa.

Con questa regola il codice civile si propone di evitare l’ingresso di estranei nell’impresa familiare.

Patto di famiglia. Alle unioni civili si applicano le disposizioni sul patto di famiglia. Questo significa che il componente dell’unione partecipa al contratto con cui l’imprenditore trasferisce l’azienda o le quote societarie ai propri discendenti.

Si tratta del contratto con cui si dispone della impresa assegnando azienda o quote a qualcuno dei familiari. L’assegnatario deve conguagliare gli altri familiari (che vanterebbero pretese ereditarie come legittimari). In sostanza si riserva l’impresa a un prescelto, neutralizzando le pretese degli altri componenti.

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