Negli infortuni sul lavoro e malattie professionali, il nuovo regime introdotto dall’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 al fine del riconoscimento dell’indennizzo in capitale del danno biologico per menomazioni superiori al 6 per cento sino al 16 per cento subìto dal lavoratore si applica unicamente per i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali verificatisi o denunciati successivamente all’entrata in vigore del d.m. 12 luglio 2000 recante le tabelle valutative del danno biologico.

Ne consegue che, in caso di malattia (o infortunio) denunciata dall’interessato prima del 9 agosto 2000, la stessa deve essere valutata in termini d’incidenza sull’attitudine al lavoro del richiedente, ai sensi dell’art. 74 del d.P.R. n. 1124 del 1965, e può dar luogo ad una rendita per inabilità permanente solo in caso di riduzione di tale attitudine in misura superiore al 10 per cento.
In base al disposto del secondo comma dell’art. 13 d.lgs. n. 38 cit. la nuova disciplina si applica a danni conseguenti a infortuni sul lavoro verificatisi, nonché a malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di approvazione delle tabelle di menomazione e dei relativi criteri applicativi emanato ai sensi del comma 3 dell’art. 13 d.lgs. n. 38 cit.
Alla luce del dato testuale della previsione in esame si impone la distinzione fra l’ipotesi in cui è chiesto il riconoscimento di danni conseguenti ad infortunio, per i quali occorre avere riguardo alla data del verificarsi dell’infortunio medesimo, e l’ipotesi in cui è chiesto il riconoscimento di danni da malattia professionale in relazione ai quali soltanto viene in rilievo l’epoca di denuncia della malattia.

Tale differenziazione appare giustificata dalla circostanza che mentre è agevole stabilire il momento del realizzarsi dell’evento infortunio – di immediata percepibilità – la verifica della malattia professionale, specie sotto il profilo dell’epoca di relativa insorgenza, richiede accertamenti più complessi in relazione ai quali il legislatore ha avvertito la necessità di introdurre un elemento di certezza, rappresentato dalla presentazione della denuncia, ai fini della individuazione della disciplina applicabile. La locuzione “verificatisi o denunciati” si riferisce chiaramente agli infortuni e alle malattie professionali, che sono oggetto della denuncia di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 52 e 53 e non ai danni che superino la soglia indicata dalla legge, accettabili unicamente a posteriori anche quanto alla decorrenza degli stessi; diversamente, del resto, ne deriverebbe l’impossibilità di stabilire a priori i criteri con cui operare la valutazione in un caso di aggravamento successivo dei danni da malattia professionale insorta o denunciata prima della nuova disciplina.
La sentenza impugnata ha quindi errato nel ritenere applicabile la disciplina di cui al d.lgs. n. 38 del 2000 in luogo del previgente regime di cui al d. P.R. n. 1124 del 1965 che subordinava il diritto alla rendita per infortunio al conseguimento di una percentuale di inabilità lavorativa superiore al 10%.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 4 febbraio 2015 n. 1998