di Antonio Ciccia 

 

Marketing 2.0: dal Far west a strategie commerciali «privacy compatibili». Anche in questo caso ce lo chiede l’Europa. L’attività di trattamento dei dati personali del cliente, in un quadro di concorrenza regolata, deve rispettare i paletti della normativa sulla protezione dei dati personali, messi in fila dal garante con un vademecum ad hoc (sul «marketing a prova di privacy») elaborato a fine aprile. Sono paletti che attanagliano le imprese nel mercato globale e nella crisi economica o sono strumenti per selezionare la qualità dell’imprenditore? L’ottica aziendale deve comunque fare i conti con la disciplina legale, che si basa su due capisaldi: la trasparenza e il consenso. Al cliente non bisogna nascondere che uso si fa delle informazioni che lo riguardano e il cliente deve dare il suo benestare alla circolazione dei suoi dati.

Le due prescrizioni sono del tutto in linea (e anche ripetitive) dello schema della tutela del mercato attraverso la tutela del consumatore. Se tutte le imprese devono rispettare il consumatore, allora tutte concorrono sullo stesso piano. E non c’è un doping da cattiva data protection. L’azienda, però, deve essere consapevole che il cliente, se lo vuole e se ha il tempo di farlo, può chiedere aiuto come utente esasperato dalle telefonate indesiderate e deve acconsentire ad essere monitorato nelle sue abitudini online. Insomma, la politica di sviluppo aziendale deve fare i conti con la concreta possibilità che una promozione commerciale si trasformi in un boomerang per l’immagine di un’impresa. A illustrare nel dettaglio tutti questi aspetti è il citato vademecum a cui, in tema di marketing e privacy, si sono aggiunte, nei giorni scorsi, le linee guida sulla profilazione online e il provvedimento sui cookies: una triade di interventi che il responsabile commerciale di una azienda deve conoscere a menadito.

Aziende in regola con la privacy. L’azienda deve partire dalla necessità di informare specificamente il cliente, i quale deve dare un consenso specifico e distinto per le varie finalità: uno per il marketing, uno per la profilazione o per la comunicazione dei dati ad altri soggetti.

Peraltro non serve il consenso per soddisfare la richiesta di un cliente, come le verifiche funzionali all’erogazione di servizi, ma non va bene un modulo per l’ordine di un prodotto con la casella per il consenso già contrassegnata. Il vademecum ricorda anche alcuni tentativi di semplificazione operativa: ad esempio il consenso prestato per la ricezione di comunicazioni commerciali tramite modalità automatizzate (fax, sms, e-mail, mms, telefonate preregistrate) si estende anche alla posta cartacea e alle chiamate tramite operatore.

Quindi un consenso prestato per le operazioni di marketing più invasive vale anche per quelle di impatto inferiore. È questa la ragione per cui non vale il contrario: se ho chiesto il consenso per il marketing cartaceo non posso, poi, fare chiamate telefoniche automatizzate.

Soft spam e ricerca di nuovi clienti. Il marketing ha un percorso preferenziale con i propri clienti. Si parla di soft spam: non serve il consenso per inviare offerte promozionali, via posta tradizionale o e-mail, relative a prodotti o servizi analoghi a quelli forniti in precedenza.

Certo il marketing non serve solo a mantenere i clienti acquisiti, ma a cercarne di nuovi. Una strada è quella di contattare le persone non iscritte nel registro pubblico delle opposizioni per chiedere il consenso a ricevere comunicazioni promozionali anche via e-mail o con altri mezzi automatizzati. Si sfrutta il canale telefonico (basato sul principio per cui chi non dissente accetta di ricevere la chiamata), per acquisire il consenso a forme di marketing di marketing più raffinato.

Che le esigenze aziendali coincidano con la tutela del consumatore interessato è l’obiettivo del responsabile privacy aziendale, come per il responsabile per la sicurezza (quanto alla tutela dell’incolumità dei dipendenti) o della sicurezza del prodotto (per la incolumità del cliente). Il presidente del garante privacy, Antonello Soro, ha dichiarato: «Il rispetto del consumatore e il corretto uso dei suoi dati personali, a partire da quelli necessari per contattarlo fino alle informazioni più private, come gusti e preferenze, differenziano le imprese che vedono i propri clienti come semplice «preda», da quelle che scelgono di operare in modo trasparente, ponendo al centro della loro attività, oltre che la qualità dei prodotti e servizi offerti, anche e soprattutto la fiducia dei propri acquirenti».

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