Al di là del dettato di legge, molto dipenderà dagli orientamenti che assumerà la giurisprudenza. Questa è la convinzione diffusa tra gli addetti ai lavori. «Per un giudizio puntuale sulla nuova disciplina occorrerà attendere il consolidamento giurisprudenziale», spiega Mario Bucello, partner di GiusPubblicisti Associati.

Una considerazione che nasce «dall’aleatorietà che caratterizza in alcuni passaggi la nuova normativa». Da una parte l’esperto approva la decisione di perseguire con maggiore forza chi non rispetta l’ambiente facendo leva sui formalismi, ma dall’altro ricorda che d’ora in avanti la vita sarà più difficile anche per le imprese in regola. «Il timore di fare scelte che poi potrebbero essere ritenute errate da un giudice frenerà gli investimenti in Italia», è la sua convinzione. «Né basterà dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni necessarie a evitare il danno. In uno scenario di mercato globalizzato, verosimilmente molti investimenti si indirizzeranno in altri paesi».

Nell’atteggiamento del legislatore, sottolinea Bucello, «ha pesato il fatto che il reato di inquinamento ambientale è di grande impatto mediatico». Tuttavia «va riconosciuto che qualsiasi attività industriale cagiona il deterioramento dell’acqua o del suolo: non a caso abbiamo un codice ambientale di mille pagine che stabilisce cosa fare e cosa no. La norma penale appena ambientale, invece, si disinteressa del fatto che siano stati rispettati gli ordini delle autorità e delle soglie».

Per Claudia Grilli, di Deloitte Legal, «le premesse della riforma sono sicuramente buone, in quanto non solo riduce le distanze dell’ordinamento italiano dalla normativa europea, ma costituisce uno dei traguardi più importanti nella lotta alla criminalità ambientale, raggiunto anche con l’accordo e la cooperazione delle associazioni ambientaliste». Da qui la convinzione che vi potrà essere una repressione più efficace contro qui inquina, anche nell’ottica di valorizzare l’impegno degli imprenditori che operano nella legalità. Anche per Grilli restano però alcuni punti «che spetterà alla giurisprudenza chiarire. Sul banco di prova processuale potrebbe infatti risultare ardua, sotto il profilo del principio di legalità, l’esatta delimitazione di alcuni eventi lesivi, come quelli di “compromissione o deterioramento significativi» o “alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema”. Si tratta di concetti non facilmente interpretabili a priori e, quindi di difficile comprensione anche sul piano operativo». Insomma il rischio è che i tribunali decidano in maniera difforme su situazioni simili.