In tre mesi la compagnia Vita di Intesa ha riconosciuto alla banca 575 mln. Solvency farà aumentare la solvibilità patrimoniale e l’ad Fioravanti promette ricche cedole. In investimenti alternativi 800 milioni

di Anna Messia

L’apporto al gruppo, tra utile raggiunto e commissioni pagate alla rete per distribuire le polizze, in soli tre mesi è stato di 575 milioni. Numeri che fanno del polo assicurativo una colonna portante di Intesa Sanpaolo  e nonostante le sfide che si presentano all’orizzonte, tra Solvency II e tassi d’interesse ai minimi storici, l’amministratore delegato diIntesa Sanpaolo Vita, Nicola Maria Fioravanti, che ha preso il timone della compagnia lo scorso ottobre, si dice fiducioso che il contributo aumenterà.

Il 2015, del resto, è partito con sprint. I 575 milioni apportati al gruppo nel primo trimestre, composti da 310 milioni di utile ante imposte e 265 milioni di commissioni di distribuzione, rappresentano una crescita di poco meno del 30% rispetto a marzo 2014, che pure era stato un anno molto positivo. È un modello che funziona, dice Fioravanti, perché nel gruppoIntesa Sanpaolo «c’è una visione d’insieme sul risparmio, tra assicurazioni e asset management per esempio, che favorisce il cliente». Ma le sfide nei prossimi mesi, come detto, per le compagnie non mancheranno.

Domanda. La più difficile, dottor Fioravanti, è probabilmente quella che arrivava dalle nuove regole sul capitale Solvency II che partiranno l’1 gennaio 2016. Potreste avere bisogno di rafforzare il capitale?

Risposta. Non vedo problemi di solidità patrimoniale.

Abbiamo un indice di Solvency I di oltre il 180% (ovvero 1,8 volte il minimo richiesto dal regolatore, ndr) che migliorerà con il regime di Solvency II. E nel 2014 abbiamo pagato all’azionista un dividendo straordinario di 700 milioni di euro, realizzando allo stesso tempo un emissione subordinata di 700 milioni che si somma ai 500 milioni del 2013. Anche per quest’anno prevediamo di distribuire all’azionista l’utile che realizzeremo grazie alla solidità del nostro capitale. Ma Solvency II non è solo regolamentazione, è un’importante sfida per il settore e avrà un impatto decisivo sulle strategie delle imprese.

D. Avete già iniziato a rivedere i vostri piani?

R. I nostri prodotti sono già da tempo studiati per ottimizzare la gestione del capitale e da tempo lavoriamo per migliorarli ulteriormente. Per focalizzare gli effetti di Solvency II abbiamo aperto due cantieri. Uno legato agli investimenti e adempimenti normativi, l’altro proprio alle strategie, per analizzare per esempio il pricing e design dei prodotti o ancora l’impatto sul capitale di nuove strategie di investimento.

D. Le nuove regole, in un momento di tassi d’interesse ai minimi storici, stanno spingendo l’industria a ridurre il peso delle gestioni separate, che hanno finora garantito ai clienti rendimenti minimi, a vantaggio delle polizze unit linked, che investono in fondi comuni e richiedono minor assorbimento di capitale. Voi a che punto siete?

R. Anche noi ci stiamo muovendo verso questo riequilibrio. Abbiamo lanciato una nuova polizza multiramo e l’obiettivo, già entro l’anno, è aumentare il peso delle unit linked al 60%, riducendo al 40% quello delle polizze tradizionali. Ma non è solo una questione di richieste di capitale. Le nuove polizze tradizionali non riconoscono più una garanzia di rendimento minimo, ad eccezione del capitale investito, pur continuando a offrire performance nette molto buone, superiori a quelle conseguibili da titoli di Stato a media-lunga durata. Oggi il rendimento minimo garantito medio delle nostre gestioni tradizionali in portafoglio è inferiore all’1,5%. I clienti, in un mercato a tassi prossimi allo zero, grazie alle unit linked, riescono a ottenere ritorni più alti. Nelle polizze multiramo, che investono in gestioni tradizionali e fondi comuni, ai bisogni di sicurezza legati alla garanzia del capitale uniamo anche interessanti rendimenti.

D. In questo riassetto la vostra raccolta Vita ha subito però una battuta d’arresto. Nel primo trimestre è stata di 5 miliardi rispetto ai 5,2 miliardi dello stesso periodo 2014. Recupererete nel corso dell’anno?

R. Il budget di quest’anno prevede una crescita delle masse in gestione significative a fronte di una raccolta che tiene conto degli eccezionali tassi di crescita rilevati dal mercato nel 2013 e 2014. Il nostro obiettivo quest’anno è soprattutto di carattere qualitativo, come dimostra la migrazione verso le unit. Gli spazi di sviluppo certo non mancano. Noi abbiamo un numero di clienti che è decisamente inferiore rispetto alle potenzialità espresse dal gruppo.

D. I tassi rasoterra obbligano però anche le stesse compagnie a cercare altrove rendimenti più interessanti. Avete individuato qualche strada alternativa?

R. In effetti stiamo valutando investimenti alternativi. Private equity, fondi immobiliari e anche credit fund. Stiamo iniziando a muoverci e per quest’anno abbiamo previsto un commitment variabile tra 500 e 800 milioni.

D. Quali sono invece i cantieri aperti su Intesa Sanpaolo Assicura, la compagnia Danni del gruppo di cui lei è presidente?

R. L’obiettivo, di medio termine, è aumentare l’integrazione e le sinergie con la compagnia Vita, per creare insieme prodotti più completi, che oltre agli investimenti prevedano per esempio anche coperture Danni o previdenziali. Intanto però stiamo arricchendo l’offerta Danni per favorire la diversificazione del portafoglio ed evitare di essere troppo dipendenti dall’auto, legati troppo a logiche di prezzo. Dopo le polizze per la casa, la cui raccolta è già sopra budget a fine anno offriremo una polizza salute,

D. E sull’annunciato debutto nel settore delle polizze dedicate alla pmi?

R. Ci stiamo preparando per partire entro il primo trimestre 2016, mentre per le imprese più grandi stiamo ancora ragionando su quale sia la strada migliore tra una partnership con un broker o con un’altra compagnia di assicurazione. (riproduzione riservata)