Dopo mesi di incertezze che hanno gettato non poche ombre sul futuro di Banca Carige inizia a prendere corpo il nuovo assetto di governance dell’istituto. Il consiglio di amministrazione presieduto da Cesare Castelbarco Albani, dopo aver preso atto delle dimissioni di due consiglieri in quota Fondazione Carige (Lorenzo Cuoccolo e Giuseppe Zampini) e di Luca Bonsignore (esponente del patto Fondazioni-Coop), ha cooptato tre nuovi consiglieri.

Tutti uomini fidati del nuovo socio forte Vittorio Malacalza? Non proprio. L’uomo forte di Malacalza è il piacentino Beniamino Anselmi, banchiere di lungo corso con un passato in Cariplo, Intesa Sanpaolo, Cariparma e Banca di Roma. Gli altri consiglieri nominati sono il commercialista Giampaolo Provaggi, già consulente della Fondazione Carige (ma comunque assai gradito a Malacalza e, dice qualcuno, riconducibile alla sua area) e Marco Macciò, manager savonese, presidente del cda di Infineum Italia (gigante attivo nel settore petrolifero). Un rimpasto non dettato dalla scadenza naturale del consiglio (che sarebbe potuto restare in carica fino ad aprile) bensì accelerato dai nuovi rapporti di forza che caratterizzano l’istituto ligure. Non è un caso che il rimpasto sia avvenuto alla vigilia di un importantissimo aumento di capitale da 850 milioni di euro e all’indomani della chiusura del deal tra Malacalza e i francesi di Bpce, passaggio di quote che ha fatto salire Malacalza Investimenti al 14,9%.

A sostegno di questa tesi gioca il fatto che a fare un passo indietro siano stati proprio i due uomini della FondazioneCarige, ormai scesa sotto al 2%.

Il primo azionista, da statuto, ha la facoltà di nominare il presidente e il vice della banca. Malacalza si è più volte espresso per la continuità difendendo l’operato sia del presidente Cesare Castelbarco Albani, sia dell’amministratore delegato Piero Montani e, su questo fronte, non ci si attende nessuna sorpresa. È impossibile dire oggi quanti consiglieri potrà esprimere esattamente Malacalza nel board, ma si può affermare con una buona dose di certezza che saranno circa un terzo dei 15 totali (la Fondazione Carige nominava sette quindicesimi del consiglio, ma va ricordato che in passato era arrivata a detenere fino al 40%). Il resto del board sarà probabilmente rinnovato il prossimo aprile, contestualmente con l’assemblea dei soci e l’approvazione del bilancio.

Alla vigilia dell’aumento ormai i giochi sembrano fatti. Il titolo ieri ha chiuso a 6,555 euro in rialzo del 3,23%. «C’è volatilità in vista dell’aumento di capitale da 850 milioni di euro che dovrebbe partire l’8 giugno», spiega un esperto contattato da MF-Dowjones, aggiungendo che il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, a margine dell’assemblea annuale di Confindustria, ha detto che nei prossimi giorni ci potrebbe essere la valutazione al prospetto informativo sull’aumento.

Il consorzio di banche garanti della ricapitalizzazione capitanato da Mediobanca dovrebbe discuterne nel corso della prossima settimana dello sconto sul prezzo teorico dell’aumento di capitale dopo lo stacco del diritto di opzione (Terp). Sebbene qualche ipotesi sia stata abbozzata (secondo indiscrezioni di stampa, lo sconto potrebbe attestarsi tra il 30-35%, mentre per il rapporto di concambio l’orientamento di Mediobanca sarebbe meno drastico del rapporto di 10 a 1 approvato per Mps), nessuna decisione è stata ancora presa. Il cda della banca ligure è in pre-allerta per giovedì 4 per deliberare sul prezzo delle nuove azioni. A oggi i francesi di Bpce detengono il 5,1%, Gabriele Volpi, attraverso il veicolo The summer trust, detiene il 2% (e sembra voglia salire fino al 5%), mentre il gruppo Ubs detiene una quota del 4,3%. (riproduzione riservata)