Il tema del recupero del potere d’acquisto dei trattamenti previdenziali ha vissuto un momento di enorme attenzione per effetto della sentenza della Corte Costituzionale che ha imposto al governo Renzi di correre ai ripari e di restituire almeno in parte la mancata rivalutazione degli anni 2012-2013 voluta dal precedente governo Monti. L’effetto erosivo dell’inflazione è già particolarmente deleterio di per sé, ma con riferimento agli assegni previdenziali questo assume contorni di ancor maggior delicatezza. E, nonostante oggi il livello dei prezzi sia stabile, non è detto che questa situazione eccezionale duri per anni, anche tenendo conto della politiche monetarie espansive della Bce, volte appunto a creare inflazione. Nella previdenza obbligatoria vige il meccanismo della perequazione automatica, su cui è intervenuto il recente decreto pensioni con un parziale recupero dell’inflazione cui si aggiunge la perequazione prevista dalla legge di Stabilità 2014 per il triennio 2014-2016. Va ancora ricordato che nel metodo di calcolo contributivo il montante virtuale in accumulazione viene rivalutato annualmente in base alla media del pil degli ultimi cinque anni: anche su questo profilo è intervenuto il decreto pensioni sterilizzando l’eventuale effetto negativo ed eliminando il rischio di decurtazione (lo scorso anno, per esempio, il coefficiente di rivalutazione era risultato, per la prima volta dalla riforma Dini, negativo: -0,1927%).

Ma come la previdenza complementare protegge dalla svalutazione? Partendo dal Tfr, questo, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato su base composta al 31 dicembre di ogni anno con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice di inflazione Istat rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente. Nei fondi pensione durante la fase di versamento dei contributi la salvaguardia è incorporata negli investimenti dello strumento previdenziale, i cui corsi riflettono il livello dei prezzi. Va anche evidenziato che alcune linee garantite di cui sono dotate le forme previdenziali prevedono espressamente come obiettivo quello di garantire un tasso coerente con il tasso di inflazione. In particolare, come può emergere dalle analisi del Mefop, c’è un riferimento specifico a questo meccanismo da parte del 25% delle linee garantite dei fondi negoziali e del 3% dei fondi pensione aperti. Come interpretare l’opportunità della linea garantita? Sicuramente la garanzia è un paracadute nel breve periodo, ma in una più articolata strategia di lungo periodo la scelta va ricondotta nel binomio fondamentale di ogni scelta di investimento: rischio e rendimento. La garanzia comporta infatti un costo duplice: uno reale e uno figurativo. È cioè necessario da parte del gestore destinare una parte del portafoglio a protezione del portafoglio, rinunciando così implicitamente a ritorni più elevati dai mercati finanziari. L’utilizzo consigliabile può essere quello di tipo conservativo in età prossima al pensionamento oppure come strumento di diversificazione in un portafoglio previdenziale multilinea. Si potrebbe ad esempio far confluire i flussi di Tfr in una linea con garanzia di conservazione del capitale o con rendimento minimo garantito e invece dirottare il contributo del lavoratore e del datore di lavoro in linee più aggressive. Nel lungo periodo infatti l’antidoto migliore per scudare il portafoglio anche dall’inflazione è diversificare sia in senso spaziale (tra linee) sia in senso temporale (nel durante), in rapporto all’età anagrafica e agli anni mancanti al pensionamento. Andando invece al momento di erogazione della prestazione delle forme pensionistiche complementari, che è prevista in via principale sotto forma di rendita, non esiste al momento una indicizzazione diretta.

Va però evidenziato che nelle sue possibili versioni (rendita tout court, rendita reversibile, rendita con contro assicurazione, rendita certa per 5 o 10 anni) il trattamento periodico è del tipo rivalutabile. Il montante previdenziale continua infatti a essere investito come premio unico in un fondo a gestione separata di tipo assicurativo che investe prevalentemente in titoli di Stato e obbligazioni.

Il rendimento prodotto, con il paracadute di un minimo garantito, viene retrocesso al risparmiatore (e quindi alla rendita) salvaguardandone quindi di fatto il potere d’acquisto. (riproduzione riservata)