Le norme che presiedono il comportamento del conducente del veicolo, oltre a quelle generiche di prudenza, cautela e attenzione, sono principalmente quelle rinvenibili nell’art. 140 cod. strada, che pone, quale principio generale informatore della circolazione, l’obbligo di comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale, e negli articoli seguenti, laddove si sviluppano, puntualizzano e circoscrivono le specifiche regole di condotte.

Tra queste ultime, di rilievo, con riguardo al comportamento da tenere nei confronti dei pedoni, sono quelle dettagliate nell’art. 191 cod. strada, che trovano il loro pendant nel precedente art. 190, che, a sua volta, dettaglia le regole comportamentali cautelari e prudenziali che deve rispettare il pedone.
In questa prospettiva, è evidente la regola prudenziale e cautelare fondamentale che deve presiedere al comportamento del conducente, sintetizzata nell’obbligo di attenzione che questi deve tenere al fine di avvistare il pedone, sì da poter porre in essere efficacemente gli opportuni (necessari) accorgimenti atti a prevenire il rischio di un investimento.
Il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento del pedone trova il suo parametro di riferimento (oltre che nelle regole di comune e generale prudenza) nel richiamato principio generale di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, in tre obblighi comportamentali:

– quello di ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare;
– quello di mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico;
– quello, infine, di prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada (in particolare, proprio dei pedoni).

Trattasi di obblighi comportamentali posti a carico del conducente anche per la prevenzione di eventuali comportamenti irregolari dello stesso pedone, siano essi genericamente imprudenti (tipico il caso del pedone che si attarda nell’attraversamento, quando il semaforo, divenuto verde, ormai consente la marcia degli automobilisti) o violativi degli obblighi comportamentali specifici, dettati dall’art. 190 cod. strada (tipico, quello dell’attraversamento della carreggiata al di fuori degli appositi attraversamenti pedonali: ciò che risulta essersi verificato nel caso di interesse; altrettanto tipico, quello dell’attraversamento stradale passando anteriormente agli autobus, filoveicoli e tram in sosta alle fermate).
Il conducente, infatti, ha, tra gli altri, anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui.
Ne discende che il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo del pedone (imprudente o violativo di una specifica regola comportamentale: una tale condotta risulterebbe concausa dell’evento lesivo, penalmente non rilevante per escludere la responsabilità del conducente, ai sensi dell’art. 41, primo comma, cod. pen.), ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento (art. 41, secondo comma, cod. pen.).
Ciò che può ritenersi solo allorquando il conducente del veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile alcun profilo di colpa, vuoi generica, vuoi specifica) si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Solo in tal caso, in vero, l’incidente potrebbe ricondursi proprio esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima.
Nello specifico, il giudice d’appello ha ricostruito puntualmente le circostanze dell’incidente ed evidenziato come, in considerazione delle condizioni spazio-temporali dell’incidente, della buona visibilità, se il conducente del motoveicolo fosse stato vigile ed attento, avrebbe potuto avvedersi della manovra incauta del pedone e, in particolare, prevenire o comunque attentamente valutare le fasi successive al pur dedotto rallentamento della marcia, non potendo certamente considerarsi idonea giustificazione quella di aver equivocato sui successivi movimenti del pedone, atteso che, in quel frangente, a maggior ragione obbligo primario di prudenza sarebbe stato, per il conducente, quello di concedere la precedenza al pedone e comunque di non riprendere la marcia se non a distanza di sicurezza dal pedone.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, 9 febbraio 2015 n. 5866