Paolo Griseri

D alle finestre del quinto piano di Wellesley House, a Pembroke, località di Hamilton, Bermuda, si osserva distintamente quel che accade negli uffici della Axis House, il palazzo di fronte. Due edifici che guardano la baia e il porto turistico, meta di una brulicante e controversa attività finanziaria che ha meritato nel corso degli anni all’ex colonia britannica l’appellativo di paradiso fiscale e l’inserimento nella «black list» dei paesi con i quali non commerciare da parte dell’Occidente. Hanno sede in questo paradiso molti dei colossi mondiali delle riassicurazioni. Un classico settore anticiclico che guadagna quando perde chi assicura le società in tempi di espansione e paga premi durante le crisi. Non c’è nulla di strano nel fatto che un giorno dello scorso anno Jean Paul Montupet, presidente di PartnerRe abbia potuto lasciare il suo ufficio al quinto piano di Wellesley House e si sia incontrato in uno dei ristoranti vicino al porto turistico con Albert Benchimol, amministratore delegato di Axis. In qualsiasi luogo sia effettivamente maturata la decisione di fondere le due società di riassicurazione, la scelta non deve aver trovato concorde il ceo di PartnerRe, Costas Mirantis, le cui dimissioni «con effetto immediato» sono annunciate nello stesso comunicato del 25 gennaio scorso che annuncia la fusione tra le due società. Un merger da 11 miliardi che era già definito nei dettagli e che, secondo i promotori, avrebbe generato risparmi per 200 milioni

di dollari grazie alle sinergie tra i due gruppi. È in questo tranquillo tran tran tropicale che piomba come una tempesta improvvisa il comunicato di Exor del 15 aprile scorso: gli Agnelli offrono 6,4 miliardi per portarsi a casa il 100 per cento di PartnerRe facendo saltare il progetto di fusione con Axis. Promettono di pagare cash e valutano i titoli di PartnerRe 130 dollari contro i 112,53 del merger con Axis. Di fronte all’offerta di John Elkann il progetto originale vacilla. E infatti PartnerRe annuncia una modifica del suo piano: conferma il merger ma annuncia il pagamento di un dividendo straordinario da 11,5 dollari per azione. Poi rifiuta la proposta di Exor. Il 4 maggio da Torino parte una replica piccata. Anche la nuova proposta, dicono gli Agnelli, è peggiore della loro: «L’operazione con Axis — dice il comunicato di Exor — è il risultato di un processo difettoso. La nostra proposta è finanziariamente superiore. Il dividendo proposto con Axis è fuorviante». Non meno aspro il commento di Jean Paul Montupet nei confronti degli Agnelli: «Farebbero bene a starsene alla larga». Secondo Torino tutto si deciderà alla prossima assemblea di PartnerRe quando «saranno gli azionisti a decidere qual è la proposta per loro più conveniente». La data della riunione dei soci di PartnerRe non è ancora fissata ma si terrà presumibilmente entro l’estate. Gli esiti possibili della battaglia finanziaria del triangolo delle Bermuda sono due. Se i soci aderiscono alla proposta di Exor votano contro il board e sarà quello il momento in cui Montupet e Benchimol rimpiangeranno di essersi mai incontrati in qualche ristorante di Pembroke. I due perderanno il posto e il nuovo vertice verrà deciso a settemila chilometri di distanza, in via Nizza 250 a Torino, Lingotto. Se invece i soci di PartnerRe approveranno le proposte del cda, Exor dovrà incassare il clamoroso rifiuto e scegliere un altro negozio per il suo shopping. La provvista di 6,4 miliardi di dollari accantonata per il blitz nei Caraibi è divisa in due miliardi di liquidità propria e linee di credito per 4,5 miliardi. Quale nuova società potrebbe diventare oggetto di acquisto in un eventuale cambio di destinazione di questa massa di denaro? Par di capire che a Torino non pensino a gruppi operanti nel manifatturiero ma in company finanziarie in grado di garantire un buon ritorno dell’investimento indipendentemente dall’andamento dei cicli dell’economia industriale. L’idea che gli Agnelli possano tenersi da parte un gruzzolo da investire in futuri merger tra Fca e altri costruttori automobilistici non trova credito al Lingotto. Dove si ripete da tempo che anche nel caso di una nuova fusione automobilistica Exor avrebbe ampi margini per diluirsi mantenendo comunque una quota significativa nella società che nascerebbe dal matrimonio. In caso di fallimento dell’operazione PartnerRe il nuovo acquisto potrebbe arrivare entro fine anno.