di Ernesto D’Andrea 

 

Se il medico convenzionato con l’Asl commette un errore, ne è responsabile, ex art. 1228, c.c., anche l’Azienda sanitaria locale. I giudici della Corte di cassazione sono arrivati a tale conclusione, del tutto innovativa rispetto al passato, con la sentenza n. 6243, del 27/3/2015. Il caso sottoposto all’esame dei giudici di legittimità, riguardava un cittadino, colpito da un’ischemia cerebrale, che era iscritto nei registri tenuti e aggiornati dalle Asl per godere delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale, tra cui quelle del medico di base; in sostanza, la persona colpita da ischemia cerebrale aveva visto l’aggravarsi della sua patologia (con la paralisi di una parte del corpo) a causa del ritardato intervento del medico convenzionato con l’Asl, che anziché intervenire la mattina, non appena contattato, intervenne solo nel tardo pomeriggio e prescrivendo cure sbagliate. Il Tribunale civile di Torino, chiamato a decidere in primo grado, aveva stabilito una responsabilità solidale sia del medico di base, sia dell’Asl, condannando entrambi a un risarcimento danni a favore del cittadino rimasto paralizzato.

La sentenza di primo grado era impugnata dinnanzi alla Corte d’appello di Torino la quale, a conclusione del dibattimento, mentre confermava la responsabilità del medico di base, escludeva quella dell’Asl sul presupposto che, a i sensi della legge n. 833 del 1978, l’ente sanitario assume nei confronti dei cittadini solo «obblighi di tipo organizzativo del servizio convenzionato», ma non assume un impegno finalizzato a garantire il contenuto della prestazione sanitaria; la Corte d’appello, difatti, riteneva che sulla base degli artt. 14 e 25 della legge 833/1978, non esiste un «contratto», e un rapporto diretto, tra il paziente e l’Asl. I giudici della Corte di cassazione, diversamente, con la sentenza 6243 del 27/3/2015, hanno «sconfessato» il ragionamento fatto dalla Corte d’appello; invero, da un lato valorizzano l’art. 32 della Costituzione, il quale prevede un sistema sanitario nazionale che garantisca determinati «livelli di prestazione» a tutti i cittadini; dall’altro concludono che tra le prestazioni vi sia anche l’assistenza medico-generica, che le Asl devono assicurare al cittadino-utente, ai sensi degli artt. 19 e 25 della L. 833 del 1978. L’assistenza medico-generica deve essere garantita a quei cittadini «iscritti in specifici elenchi periodicamente aggiornati dalle Asl»: proprio tale iscrizione conferisce al cittadino il diritto di scegliere il medico di base, usufruendo dell’assistenza medico-generica, ai sensi dell’art. 25, com. 3 della legge 833. La Corte di cassazione, quindi, precisa che la scelta del medico convenzionato avviene direttamente nei confronti dell’Asl, producendo effetti diretti nei suoi confronti e non rispetto al medico di base; il cittadino-utente del Ssn, si rapporta direttamente con le Asl sia nella scelta del medico di base, sia per la prestazione sanitaria, che il medico convenzionato, e prima ancora l’Asl, è tenuto ad offrire. I giudici di legittimità sottolineano, che l’assistenza medico-generica, oltre ad essere un diritto soggettivo per il cittadino, è imposta dalla legge nazionale, che per le Asl diventa un’obbligazione erogare con personale medico alle proprie dipendenze o con esse convenzionato. L’obbligazione posta in capo alle Asl pur non trovando la propria fonte in un contratto, la trova tra quelle indicate dall’art. 1173 del c.c.; pertanto, occorre fare riferimento alla disciplina in materia di «obbligazioni» e, a tal fine, acquista rilievo l’art. 1228, c.c. La Corte di cassazione ritenendo che l’attività medico-generica è un diritto soggettivo per il cittadino, questi diventa creditore nei confronti dell’Asl «la quale ultima, nella veste di debitore, ha l’obbligo di garantire. Il rapporto di convenzionamento del personale medico di cui si avvalgono le Asl, è un rapporto di lavoro autonomo, ma con i caratteri della parasubordinazione: è chiaro, dunque, che il medico di base è sempre più strutturalmente organico all’Asl, diventando un suo «ausiliario» per consentire all’ente stesso l’adempimento dell’obbligazione. In tale ottica, quindi, si giustifica l’applicazione dell’art. 1228 del c.c., ritenendo che la responsabilità dell’Asl origini dal rischio «connaturato» all’utilizzo di terzi (ossia il medico di base) per l’adempimento di un’obbligazione prevista dal legislatore. È chiaro, quindi, che il medico convenzionato opera al fine di eseguire una prestazione sanitaria in nome e per conto dell’Asl. Sulla base di tali principi, ai sensi dell’art. 1228, c.c,, la Corte di cassazione ha ritenuto responsabile anche l’Asl della paralisi subita dal malcapitato ricorrente.

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