Pagina a cura di Vincenzo Dragani 

 

Severa stretta sugli illeciti ambientali, che saranno investigabili tramite intercettazioni, indagabili con ricorso a misure cautelari personali, perseguibili processualmente con un raddoppio dei termini legali e punibili con la reclusione fino a 20 anni. A inasprire l’apparato repressivo degli ecoreati è la legge approvata in via definitiva dal parlamento lo scorso 19 maggio 2015 che introduce nel codice penale diversi nuovi delitti contro l’ecosistema, corredandoli con pesanti sanzioni e rendendo loro di conseguenza in molti casi applicabili i più invasivi strumenti procedurali previsti dal sistema per perseguire gli illeciti considerati di maggiore gravità. Le nuove fattispecie consentiranno di perseguire molto più duramente inquinamento e disastro ambientale, traffico o abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento di controlli pubblici, omessa bonifica di siti inquinati, affiancando le figure penali (nella maggior parte inquadrate come più blande «contravvenzioni») già previste da codice ambientale (dlgs 152/06), codice penale (in via giurisprudenziale) e provvedimenti di settore.

Nuovi ecodelitti. A guidare, per peso di pena edittale, i delitti previsti dal nuovo titolo VI-bis del codice penale (rubricato come «Dei delitti contro l’ambiente») sono la «morte o lesioni come conseguenza di inquinamento ambientale» (con reclusione fino a 20 anni) e il «disastro ambientale» (fino a 15 anni), seguiti da «inquinamento ambientale» e traffico o abbandono di materiale altamente radioattivo (6 anni), «omessa bonifica» (4 anni), «impedimento di controlli» (3 anni). Comuni ai delitti d’inquinamento, disastro e traffico di materiali radioattivi è la necessità di aver posto in essere la condotta «abusivamente».

Sul punto si ritiene opportuno segnalare che all’avverbio è stato dalla Cassazione dato in passato un significato oscillante, laddove con sentenza 8299/10 lo si è esteso a tutte le attività non conformi ai precisi dettati normativi mentre con sentenza 46189/11 lo si è ristretto alle attività poste in essere senza le necessarie autorizzazioni, in violazione delle prescrizioni e/o dei limiti sanciti dalle stesse o sulla base di titoli illegittimi o scaduti.

Le fattispecie. A tracciare il confine tra il delitto d’inquinamento e quello di disastro ambientale sono gli effetti della condotta abusiva, laddove dovrà ritenersi integrato il secondo e più grave reato qualora l’alterazione dell’ecosistema sia irreversibile o eliminabile solo tramite gravosi interventi (per i quali non sono però indicati parametri). Vi è anche una fattispecie colposa, che prevede finanche un’ipotesi di anticipazione della punibilità alla condotta che cagioni il semplice pericolo di danno. Caratteristica del nuovo delitto di disastro ambientale è il suo collegamento sistematico con lo storico reato di «disastro innominato» ex art. 434 cp (cui è stato ricondotto fino a oggi quello a carico dell’ecosistema). La nuova fattispecie prevede una clausola di riserva che salva l’applicabilità del reato ex art. 434 cp, plausibilmente per reprimere le condotte illecite poste in essere prima dell’entrata in vigore del neo art. 542-quater, ma ad esso non riconducibili ratione temporis e quelle posteriori non inquadrabili tecnicamente nell’esordiente figura. La nuova legge eleva a delitto anche l’omessa bonifica dei siti (art. 452-terdecies, cp), relegando l’applicabilità dell’analoga contravvenzione ex art. 257 dlgs 152/06 ai soli casi in cui il fatto non «costituisca più grave reato». È dunque plausibile ritenere che saranno perseguite penalmente le violazioni dell’obbligo di ripristino previsto dal nuovo art. 452-terdecies collegate alla commissione dei neo delitti di inquinamento e disastro ambientale, mentre resteranno sotto il Codice ambientale le residuali ipotesi. Tramite la modifica dell’art. 157 cp è stato previsto per tutte le nuove fattispecie un raddoppio dei termini di prescrizione.

Riflessi processuali. Oltre alla loro perseguibilità fin dalla fase di «tentativo» (ex art. 56, cp), la collocazione dei nuovi reati ambientali nel novero dei delitti aprirà in diversi casi le porte a strumenti investigativi principe, come le intercettazioni (artt. 266 e seguenti cpp per tutti i delitti non colposi punibili con la reclusione superiore nel massimo a cinque anni) così come pedissequamente permetterà l’applicazione sia delle misure «precautelari» (arresto in flagranza di reato e fermo di indiziato) che di quelle cautelari (coercitive ed interdittive).

Aggravante e Responsabilità 231. Una nuova e specifica «aggravante ambientale» inserita come articolo 452-novies cp consentirà di punire con un aumento (fino a metà) della relativa pena ogni altro reato previsto dall’ordinamento commesso al fine (dunque, con dolo specifico) di commettere un illecito ambientale. Ancora, Enti ed imprese risponderanno a titolo amministrativo ex dlgs 231/01 anche dei nuovi delitti (sia dolosi che colposi) di inquinamento e disastro ambientale, traffico o abbandono di materiale ad alta radioattività posti in essere da persone fisiche loro riconducibili.

Meccanismi deflattivi. Si prevede altresì un meccanismo di ravvedimento operoso (452-decies, cp) che prevede una decurtazione delle sanzioni per chi: si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori; provveda prima del dibattimento processuale a bonifica; aiuti le Autorità a ricostruire fatti, individuazione autori, sottrazione risorse per commissione delitti. La nuova legge introduce infine nel dlgs 152/06 un meccanismo deflattivo per le ipotesi contravvenzionali ex Codice ambientale che non hanno cagionato danno (a risorse ambientali, urbanistiche e paesaggistiche protette. L’istituto consentirà l’estinzione del reato qualora il contravventore adempia entro tempi certi e provveda al pagamento di una somma chiesta in via amministrativa come sanzione.