di Francesco Ninfole

Le indagini delle autorità Usa sulle manipolazioni dei cambi hanno svelato un enorme buco del sistema finanziario, che si è mostrato ancora vulnerabile all’azione di pochi soggetti che agiscono all’insaputa dei regolatori e delle stesse banche, con l’unico obiettivo di massimizzare i profitti, danneggiando clienti e altri operatori.

Non si è trattato di episodi sporadici. Le manipolazioni si sono ripetute ogni giorno, per cinque anni. E sono avvenute in un mercato tra i più grandi del mondo, quello delle valute, che ha impatto su milioni di aziende e famiglie nel mondo. Soltanto gli scambi su euro/dollaro valgono oltre 500 miliardi di dollari al giorno, un livello cinque volte maggiore a quello di tutte le borse americane messe insieme. Impossibile non pensare che comportamenti illeciti siano tuttora presenti, per esempio in altri mercati più illiquidi o più opachi. Le cattive abitudini della finanza, a otto anni dalla crisi dei subprime, non sembrano alle spalle, proprio mentre l’attenzione dei regolatori internazionali ed europei si concentra soprattutto sul credito o sui titoli di Stato. Nel comparto delle valute una manciata di trader di Barclays, Citi, JpMorgan e Rbs (più precisamente si tratta di market maker, operatori che intervengono nel 25% delle transazioni valutarie complessive) è stata in grado di influenzare i tassi di cambio quotidianamente, dal 2007 al 2013, con manovre concordate.

Come avvenivano nel dettaglio le operazioni? I trader utilizzavano chat room private. Il linguaggio era in codice, anche se il nome che il gruppo si dava era eloquente: Il Cartello. La giornata tipo ruotava attorno a due appuntamenti chiave: il fixing dei cambi alle 13.15 e alle 16 (orario londinese), quando si chiudono l’Ecb fix e il World Markets/Reuters fix. In corrispondenza del momento del fixing si ammassavano le operazioni, in modo da influenzare i dati finali. La strategia si chiamava building ammo: i trader costruivano le posizioni nel corso della giornata e le scaricavano in grandi quantità in prossimità delle 13,15 e delle 16. Per esempio, secondo quanto indicato dalle autorità americane, il 6 gennaio 2012 un trader di Barclays ha cercato di manipolare l’Ecb fix scaricando 500 milioni di euro nel momento esatto della chiusura. Per poterlo fare, c’era però bisogno della collaborazione dei trader delle altre banche, necessario per piazzare ordini di segno contrario. Da qui la necessità della chat room del Cartello: tutti i partecipanti dovevano conoscere in anticipo le mosse degli altri, in modo da spostare i tassi nella direzione auspicata. Chi perde in questo gioco? Clienti e altri soggetti che avevano concluso operazioni a un tasso di cambio fisso predefinito. Grazie alla chat room, i trader annullavano i rischi e vincevano sempre: per questo motivo il dipartimento per i servizi finanziari di New York ha riassunto queste operazioni con la formula «testa vinco, croce perdi». I facili guadagni erano il motivo per cui i trader volevano a tutti i costi essere nel Cartello: le indagini hanno rilevato per esempio che nel 2011 un trader di Barclays è stato ammesso «con un periodo di prova di un mese» e con un preciso avvertimento: «Non fare casino altrimenti dovrai dormire con un occhio sempre aperto». Sarebbe comunque riduttivo pensare che le manipolazioni avvenissero soltanto nel momento del fixing e con il «building ammo». Differenti strategie si realizzavano nel resto del tempo. I trader, per esempio, si astenevano dall’eseguire operazioni, sempre con l’obiettivo di avere quotazioni più convenienti, o boicottavano i broker locali («Meno concorrenza c’è, meglio è», spiegavano nella chat room). In altri casi, secondo quanto emerso dalle indagini, erano aggiunti margini ai clienti o erano effettuate transazioni al peggior tasso possibile in un determinato intervallo di tempo.

Per queste azioni le banche hanno accettato di dichiararsi colpevoli e di pagare multe miliardarie. I vertici dei gruppi coinvolti hanno rilevato che le azioni illecite sono state commesse da pochi individui che hanno danneggiato le banche, a livello economico e reputazionale. Gli istituti hanno assicurato di aver migliorato le procedure di controllo. Ma è davvero difficile poter escludere che simili comportamenti non si ripetano o non si stiano ripetendo già ora. Le multe Usa sono state numerose, ma i casi di illeciti non si sono mai fermati. Indagini hanno coinvolto altre banche e altre manipolazioni (come quelle sul Libor). Le sanzioni, però, arrivano sempre dopo molti anni, quando non è più possibile rimediare ai danni. Anche a livello regolatorio la lezione della crisi è servita a poco: le banche sono passate al setaccio sui crediti alle imprese, ma le attività d’investimento restano una giungla dove poche persone possono manipolare, con una semplice conversazione in chat room, i tassi di cambio o sui mutui usati in tutto il mondo. (riproduzione riservata)