Saranno privatizzazioni tagliate a misura di mercato retail quelle di Poste Italiane e di Enav. Ieri il Consiglio dei ministri ha dato il via libera definitivo ai decreti che avviano la cessione del 40% del gruppo postale e del 49% della società per il controllo del traffico aereo. Come previsto, i decreti della presidenza del Consiglio dei ministri (dpcm) sono tornati in Cdm, dopo che le competenti commissioni parlamentari hanno espresso i loro pareri, obbligatori ma non vincolanti, sul testo approvato il 24 gennaio scorso dal governo allora guidato da Enrico Letta. Proprio per accogliere i suggerimenti delle Camere i provvedimenti, per il resto identici a quelli messi appunto dal precedente esecutivo, sono stati integrati con la previsione di vantaggi particolari per i correntisti Poste e più in generale per i piccoli risparmiatori, sia per Poste che Per Enav. Se nel primo caso, però, si prevede esclusivamente l’offerta pubblica di vendita come strada per la cessione di una fetta fino al 40% del capitale (oggi al 100% del ministero dell’Economia), per la società dei controllori di volo si ipotizza anche la strada di una «trattativa diretta da realizzare attraverso procedure competitive» rivolta a operatori non in conflitto di interesse con la società. Tuttavia la strada dell’ipo è individuata come «prioritaria» dallo stesso dpcm, che poi prevede, come per Poste anche una serie di vantaggi particolari per i dipendenti del gruppo. In particolare i bonus che saranno messi a disposizione dei lavoratori delle due società comprendono «quote dell’offerta riservate» e/o incentivi in termini di prezzo e perfino «modalità di finanziamento». Per i correntisti Poste, e in generale per il pubblico retail, saranno previsti invece priorità in sede di assegnazione, in caso di domanda eccedente l’offerta, e ancora vantaggi in termini di prezzo. Questi ultimi, in entrambi i casi, potrebbero concretizzarsi con una bonus share maggiorata, come recitava la relazione illustrativa che accompagnava le bozze andate in Consiglio dei ministri ieri e come anticipato da MF-Milano Finanza. Insomma, sebbene dedicate anche a «investitori istituzionali italiani e internazionali», le operazioni, soprattutto quella Poste, sarà a misura di cassettista. D’altronde, il fatto che i piccoli risparmiatori siano incuriositi dalla privatizzazione del gruppo guidato dal neo-amministratore delegato, Francesco Caio, è testimoniato dalle richieste di informazioni che i clienti hanno già iniziato ad avanzare agli sportelli postali. Insomma, a questo punto bisognerà spingere il pedale sull’acceleratore per portare a casa le due privatizzazioni entro la fine dell’anno, come previsto dal governo, che nell’ultimo Documento di economia e finanza (Def) ha portato l’asticella degli introiti attesi dalle privatizzazioni (nei prossimi tre anni) dallo 0,5 allo 0,7% del pil, ovvero circa 12 miliardi l’anno. Considerando che il 40% di Poste dovrebbe valere circa 4 miliardi e il 49% di Enav 1 miliardo, l’obiettivo non è semplice da realizzare, perché se è vero che nell’elenco di società da privatizzare ci sono molti altri nomi, è anche vero che non tutte le operazioni si chiuderanno in tempo per fine anno. La quotazione di Sace, per esempio, dovrebbe slittare al 2015. Presto invece dovrebbero decollare l’ipo Fincantieri (attesa entro il prossimo giugno) e la cessione del 49% di Cdp Reti, che detiene il 30% diSnam e in cui sarà fatto confluire anche il 29,8% di Terna. In entrambi i casi, però, si tratta di società in mano a Cassa Depositi e Prestiti, che dovrà poi girare allo Stato i proventi (almeno in parte) come dividendo straordinario. (riproduzione riservata)