di Simona D’Alessio  

 

L’imposta comune (europea) sulle transazioni finanziarie torna d’attualità, a Bruxelles: l’iniziativa per «armonizzare» la Tobin tax, infatti, sarà a partire dal prossimo lunedì al vaglio dei ministri delle finanze dell’Ue. E saranno, nel corso di una serie di incontri, prima l’Eurogruppo, e poi l’Ecofin, a cercare di sbrogliare una matassa rimasta intatta per oltre un anno, da quando, cioè, 11 stati, fra cui l’Italia, decisero di aderire ufficialmente ad un piano per realizzare la «piattaforma» fiscale unitaria, al culmine del pressing messo in atto da Francia e Germania, durante il governo di Mario Monti (si veda anche ItaliaOggi del 9/10/2012).

L’intesa stabilisce la creazione di un’imposta minima comune dello 0,1% sulle transazioni relative a tutti gli strumenti finanziari ad eccezione dei derivati, sui quali verrebbe applicata una tassa dello 0,01%, e il gettito complessivo è stato stimato in circa 35 miliardi di euro all’anno; nel tempo, però, sulle modalità di attuazione sono sorte diverse controverse, anche all’interno del gruppo delle nazioni che hanno sottoscritto il programma, ad esempio sul trattamento da riservare ai titoli di stato.

L’accelerazione di Bruxelles per rimetter mano alla trattativa sulla Tobin tax segue di una settimana il pronunciamento della Corte di giustizia europea, che ha respinto il ricorso con cui la Gran Bretagna, in allarme per i possibili effetti della tassa sulla piazza finanziaria londinese, aveva chiesto di bocciare la decisione di dare vita alla cooperazione degli 11 paesi; il rilancio dell’idea di un tributo «standard» nel vecchio continente, inoltre, risente della volontà di alcuni governi, fra cui quelli di Parigi e Berlino, di fornire un segnale importante in questa direzione prima dello svolgimento delle elezioni europee, il 25 maggio prossimo.

L’introduzione della Tobin tax, secondo la maggioranza delle formazioni politiche che compongono il Parlamento Ue, sarebbe un passo considerevole per dimostrare ai cittadini che anche i principali imputati della crisi globale, cioè i mercati finanziari, ne dovranno sostenere i costi, fornendo risorse da impiegare per il rilancio della crescita e dell’occupazione.

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