«S iamo stati informati – dicono al ministero dell’Economia – Del resto, c’è un rappresentante del Tesoro in Sace». «Certo che ce lo hanno detto», replicano alla Cassa Depositi e Prestiti. L’iniziativa di Alessandro Castellano, ad di Sace, di creare un fondo di credito da 350 milioni di euro (di cui metà forniti dalla stessa Sace) specializzato in acquisto dei cosiddetti minibond emessi dalle piccole e medie imprese, che possono così fare a meno di crediti bancari, è stata presa un po’ in sordina. Non c’è neppure un comunicato ufficiale. Soltanto una notizia apparsa su un quotidiano e non smentita. Ma questa notiziola è bastata a scatenare un putiferio. Secondo fonti interne (ma non ufficiali), alla Cassa Depositi e Prestiti, che controlla la Sace, l’iniziativa di Castellano non sarebbe piaciuta soprattutto al presidente Franco Bassanini, se non altro perché non sembra inserirsi nella strategia già annunciata dalla Cdp. Che, guarda caso, qualche giorno dopo, ha confermato di voler consentire al Fondo Strategico Italiano di acquisire, tramite un fondo di fondi, quote minoritarie di strumenti di credito che nascano da soggetti privati. Una strategia che evidentemente accompagna ma non sostituisce l’iniziativa privata. La protesta dell’Aifi, l’associazione italiana del private equity e del venture capital, dimostra che c’è un problema di rapporto e di raccordo fra le strutture pubbliche e le iniziative private. Dopo

tanto parlare di fondi di credito (o di debito, visto che acquistano appunto il debito delle Pmi) i privati in questi mesi hanno lavorato e sono circa una trentina i fondi in dirittura d’arrivo. Che ora si vedono sfidare sul terreno del business da una struttura pubblica come la Sace. »La nostra preoccupazione – ha scritto l’Aifi – è che l’iniziativa della Sace possa essere in forte concorrenza con quelle che si stanno avviando sul mercato. Sulla stampa emerge inoltre che la Sace ha intenzione di raccogliere per il veicolo 350 milioni, che darebbe al fondo una dimensione dell’ammontare medio ipotizzato dagli operatori indipendenti che sono attualmente in fase di raccolta sul mercato». Ma l’accusa più grande nei confronti della società guidata da Castellano è, secondo l’Aifi, di agire in conflitto d’interessi: «Sace, in qualità di garante dei fondi di minibond, ha preso contatti pressoché con tutti gli investitori che si sono affacciati sul mercato». Nell’ambito di questo rapporto professionale, «Sace è venuta a conoscenza di informazioni riservate che identificano le diverse peculiarità delle iniziative di minibond». L’ingresso della Sace, seppur indiretto, in un nuovo settore, si inserisce nelle strategie di Castellano in vista dell’annunciata privatizzazione (ribadita da questo governo). Ma forse non aveva calcolato le reazioni. (a. bon.)