Milano F isco e risparmi, in arrivo nuovi aumenti. A partire dal prossimo 1° luglio per i guadagni generati dall’investimento in azioni, obbligazioni, fondi investimento e gli interessi prodotti dagli strumenti di liquidità (conti correnti, conti postali e conti deposito), la tassazione salirà dall’attuale 20% al 26%. Da notare che la nuova aliquota varrà solo per la parte di guadagno maturato a partire dal 1° luglio, mentre gli interessi maturati fino a quella data saranno soggetti al 20%. Il prelievo fiscale più gravoso non si applicherà invece ai titoli di stato, come Bot e Btp, che verranno tassati sempre al 12,50%, e ai fondi pensione, la cui aliquota resterà ferma all’11%. La Cgia di Mestre ha provato a fare due calcoli per capire quanto costerà questo aumento alle tasche degli italiani. Secondo l’associazione, in Italia ci sono circa 38 milioni di conti correnti per un totale di 453,2 miliardi di euro e una giacenza media di circa 12 mila euro. Considerato che il tasso di interesse attivo medio applicato in questa fascia è pari allo 0,13% (cioè 15,5 euro l’anno) il rincaro della tassazione passerà da 3,10 (con imposta al 20%) a 4,03 (con imposta al 26%). Risultato: l’aggravio per un conto corrente medio sarà di 93 centesimi, ovvero di circa 1 euro all’anno. Va peggio, invece, per giacenze medie più alte. Prendendo ad esempio un deposito tra i 10mila e i 50mila euro, in questo caso si dovrà sostenere un onere aggiuntivo

di 2,3 euro l’anno. Mentre tra i 50 mila e i 250 mila si sale a 26,1 euro; chi possiede invece oltre i 250 mila euro dovrà pagare 169,2 euro in più. Guardando invece ai titolari di un conto deposito, in questo caso l’aumento della tassazione sarà più importante. Volendo fare un esempio, questi strumenti offrono oggi a 12 mesi un rendimento medio lordo circa del 2,5% (che al netto è pari al 2%), mentre con l’aliquota al 26% diventerà 1,85%. Quindi, investendo un capitale di 20 mila euro con vincolo a 12 mesi, a scadenza il risparmiatore incassa attualmente 400 euro che, con la nuova aliquota, diventeranno 370 euro. Se la nuova tassazione sulle rendite finanziarie è sostanzialmente in linea con quello che accade nel resto d’Europa (con una media continentale del 25%), è però vero che chi investe nella Penisola deve fare i conti anche con l’imposta di bollo che pesa sugli strumenti finanziari e che si applica in particolare a chi investe nei fondi, nelle azioni, ma anche nei conti deposito e nei libretti di risparmio (a eccezione dei conti correnti). La tassa è stata introdotta due anni fa nella misura dello 0,1%, per poi salire allo 0,15% nel 2013 e diventare più salata a partire dallo scorso gennaio (0,20%). Senza dimenticare che dallo scorso anno è in vigore la Tobin Tax, imposta che colpisce sia la compravendita di azioni, che di prodotti derivati, con aliquote diversificate. Dall’aumento dell’aliquota dal 20% al 26% sulle rendite finanziarie, finalizzata al taglio dell’Irap, arriverà quest’anno un gettito di 720 milioni. Per poi crescere nei prossimi anni, arrivando a 2,3 miliardi nel corso del 2015, 2,9 miliardi nel 2016 e poi stabilizzarsi a quota 2,6 miliardi dal 2017 in poi. In particolare, il prossimo anno, 755 milioni di euro arriveranno proprio dalla tassazione più alta su conti correnti e depositi (mentre nel 2016 si arriverà a 1,1 miliardi); stime elaborate considerando che nel 2012 nei depositi bancari erano presenti circa 692 miliardi (di cui 470 nei c/c) mentre in quello postale 341 miliardi (27 nei c/c) e che il 93% degli italiani detiene almeno un conto corrente o un libretto di deposito. Un provvedimento che modificherà dunque la convenienza dei prodotti di investimento e che ha suscitato non pochi mal di pancia perché accusato di colpire la vasta platea dei piccoli risparmiatori, spingendoli inoltre a investire su uno strumento rischioso come il debito pubblico italiano. Suscitando allarme anche nel mondo bancario che teme una fuga dei risparmi. Sul tema si è espresso di recente anche Giuseppe Vegas, presidente della Consob, in occasione della relazione annuale dell’authority che vigila sui mercati, sottolineando che il risparmio non va considerato solo come una fonte di gettito per le casse dello Stato, ma va visto invece come una risorsa fondamentale che può far ripartire lo sviluppo del paese. In particolare, proprio la revisione della tassazione sulle rendite finanziarie, ha sottolineato Vegas, va vista come l’occasione per riequilibrare la pressione fiscale complessiva, ma anche per promuovere un sistema di incentivi che vada a vantaggio dell’investimento di lungo periodo. Sulla scia di quanto già avviene in altri paesi europei, l’idea sarebbe in sostanza di introdurre un sistema di progressiva riduzione delle aliquote in funzione della durata dell’investimento. (s.d.p.) Dall’aumento dell’aliquota dal 20% al 26% sulle rendite finanziarie, finalizzata al taglio dell’Irap, arriverà un gettito di 720 milioni