di Francesco Canevesio

Piove sempre più sul bagnato nell’inchiesta sulla Carige, la banca che una volta era dei genovesi visto che la Fondazione ora è scesa 29,8%. Ieri è iniziato il valzer degli interrogatori con Francesca Amisano, 48 anni, nuora dell’ex presidente di Carige e vicepresidente Abi Giovanni Berneschi, arrestata e detenuta nel carcere di Pontedecimo.

Davanti al gip Adriana Petri, presente anche il pm Silvio Franz (che ha coordinato le indagini della Guardia di finanza con l’altro magistrato Nicola Piacente) l’interrogatorio di garanzia è durato due ore. Difesa dall’avvocato Enrico Scopesi, la donna, «ha risposto a tutte le domande del gip e riteniamo che abbia chiarito la propria posizione», spiega Scopesi. «Amisano resta a disposizione del pubblico ministero che la sentirà nuovamente nei prossimi giorni». Quanto alle prime risposte della donna, si dice non abbiano soddisfatto per niente gli inquirenti: tante parole ma poco arrosto. «Non sapevo nulla della provenienza del denaro. Mi sono limitata a eseguire regolari operazioni di compravendita legate alla mia attività», ha dichiarato tra l’altro Amisano, affermando al contempo di non aver mai saputo «se i fondi erano regolari o provento di riciclaggio, tantomeno delle operazioni che venivano svolte sia dal punto di vista bancario sia assicurativo.

Ho agito correttamente», ha concluso la donna. Non è stato ancora ascoltato, invece, l’ex presidente di Carige, Berneschi, che parlerà giovedì mentre domani è fissato l’interrogatorio dell’imprenditore Ernesto Cavallini (ai domiciliari pure lui), nelle cui società finivano le plusvalenze derivanti dalle transazioni su alberghi, quote societarie, aziende, proprietà immobiliari. Incassi che poi Cavallini provvedeva a girare in Svizzera su conti correnti ad hoc. «Non è stata fissata alcuna data per il suo interrogatorio che potrebbe avvenire entro mercoledì in merito alle contestazioni di truffa, interposizione fittizia di persona e associazione a delinquere», spiega il difensore, Maurizio Anglesio, dell’ex plenipotenziario dell’istituto ligure che però «intende rispondere fornendo tutte le spiegazioni alle contestazioni».

L’inchiesta si allarga a macchia d’olio, tanto che ieri è emerso che ci sarebbero altri quattro indagati su questo filone d’inchiesta. Mentre sempre nella giornata di ieri il procuratore capo di Genova, Michele Di Lecce, era a Torino dove rimarrà fino a domani. Perché una tranche dell’inchiesta, quella relativa alla talpa di Berneschi & company (pare un «carabiniere del nucleo investigativo ora passato ai servizi» in grado di fornire indicazioni precise agli arrestati) passa alla Procura di Torino: sarebbero 10 gli indagati in questo caso.

L’altra novità emersa ieri mattina è quella che nell’inchiesta madre su Carige, nata in base alla relazione degli ispettori di Bankitalia sulla gestione dei prestiti e consegnata il 5 settembre 2013 alla procura di Genova, spunta una decina di persone indagate per ostacolo all’attività di vigilanza e falso in bilancio. Lo si apprende da fonti investigative, secondo cui i nuovi indagati non farebbero parte dell’indagine che ha portato all’arresto di Berneschi, dell’ex ad di Carige Vita nuova Ferdinando Menconi e di altre cinque persone, ma farebbe parte dell’indagine che avrebbe dato origine a questa seconda tranche. E adesso si fanno avanti anche i piccoli azionisti, riuniti nel Comitato tutela del risparmio diCarige e pronti a una class action contro l’istituto genovese. Ieri mattina doveva esserci il primo capitolo per l’azione legale. «Fumata nera, invece, visto che il tribunale ha deciso di rinviare il primo atto a data da destinarsi», spiega l’avvocato Mirella Viale che difende i diritti dei 250 piccoli azionisti (ma molti altri si stanno facendo avanti). Nessuna azione di responsabilità, spiega l’avvocato, ma la class action verte sul fatto che i dirigenti hanno fornito a lungo informazioni sbagliate, parlando anche semplicemente nelle pubblicità di un approdo sicuro ai soldi dei risparmiatori, soldi che invece erano messi costantemente a rischio tanto da generare un buco da 1,7 miliardi di euro. «Credo molto nell’azione intrapresa, anche se lo strumento è ancora poco applicato. Se andasse a buon fine, sarebbe la prima in materia bancaria, in grado di creare un precedente giurisprudenziale di altissimo livello», sostiene Viale, avvocato di uno degli studi più prestigiosi d’Italia, quello fondato dal professor Francesco Galgano. (riproduzione riservata)