di Anna Messia

I fondi pensione e le casse professionali sono pronti a sostenere lo sviluppo dell’economia reale italiana e tutti i soggetti interessati sono già al lavoro per cercare lo strumento più adatto per consentire questo afflusso. Il tema è emerso ieri durante la relazione annuale delle Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione guidata da Rino Tarelli. «È un controsenso avere una previdenza complementare florida mentre il sistema economico è in forte difficoltà», ha dichiarato Tarelli a MF-Milano Finanza, «anche perché l’investimento nell’economia reale può rappresentare un’ottima occasione per gli stessi fondi».

Una prima riunione tra le parti istitutive, sindacati e Confindustria, c’è già stata un mese fa nella sede della Cassa Depositi e Prestiti. Perché proprio la Cdp è chiamata ad avere un ruolo determinante in questa partita., facendo da selettore e coinvestitore «L’intenzione è quella di individuare un veicolo funzionale a incanalare il risparmio previdenziale verso l’economia italiana», ha spiegato Tarelli, aggiungendo che tutti i soggetti coinvolti sembrano interessati a lavorare per il rilancio dell’economia. Il supporto della previdenza complementare alle imprese italiane potrebbe del resto essere rilevante: alla fine del 2013 le risorse dei fondi pensione destinate alle prestazioni era pari a 116,4 miliardi (il 7,5% del pil) e il 61% del totale è costituito da titoli di debito, con quattro quinti formati da titoli di Stato. Già oggi i fondi e le casse possono investire fino al 20% del patrimonio in fondi chiusi e quindi, senza dover cambiare le regole, potrebbero sostenere il sistema economico investendo magari in fondi di minibond, come quello appena promosso dalla Cassa Depositi e Prestiti (si veda altro articolo in pagina).

Ma in ballo c’è anche il nuovo decreto sul limite degli investimenti dei fondi pensione, chiamato a rivedere regole del 1996, che dovrebbe essere ormai in dirittura d’arrivo. Intanto anche il governo ha alzato la guardia con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ieri, intervenendo in occasione della relazione Covip, ha puntato l’attenzione sul «paradosso che le risorse dei lavoratori italiani non possono oggi essere investire sul sistema imprenditoriale italiano».

Poletti è intervenuto anche sulla questione della flessibilità dei fondi in uscita. «Non vorrei immaginare la previdenza complementare come un ammortizzatore sociale», ha detto il ministro, «ma è anche vero che ci sono modalità talmente rigide che rendono inutilizzabile una risorsa che potrebbe essere usata per i cittadini in tempi diversi». Il nodo, non ancora sciolto, è quello degli esodati, «ma anche di chi perde il lavoro a un anno dalla pensione», ha spiegato Poletti che sul possibile riordino delle authority, e quindi sull’eventuale riassetto della stessa Covip, ha aggiunto invece che «il governo è pronto a discutere pro e contro, e farà una scelta motivata». Per quanto riguarda infine i numeri della previdenza complementare nel 2013 il rendimento medio dei fondi aperti è stato dell’8,1%, con il 5,4% dei negoziali e il 12,2% dei pip, mentre nello stesso periodo il Tfr si è rivalutato solo dell’1,7%. Crescono gli iscritti silenti, ovvero i lavoratori che per colpa della crisi, hanno smesso di versare contributi, saliti a 1,4 milioni, su un totale di 6,3 milioni. (riproduzione riservata)