Luigi Dell’Olio

Il tam tam è partito tra gli addetti ai lavori: entro l’autunno i fondi comuni potrebbero essere quotati a Piazza Affari, dando così seguito a una prospettiva di cui si discute da tempo. Una prospettiva che promette di accrescere la liquidità su questi prodotti e di garantire commissioni ridotte per i risparmiatori, con la conseguenza di modificare in maniera radicale le dinamiche della distribuzione, come mostra la preoccupazione diffusa tra alcuni operatori della filiera. Nei mesi scorsi Borsa Italiana ha messo a punto le modifiche al regolamento necessarie per accogliere i fondi comuni nel mercato Etfplus, quello oggi riservato ai cloni finanziari. Le modalità di quotazione dei fondi comuni saranno particolari, con negoziazione al prezzo d’asta di chiusura. Dunque, a differenza degli Etf, non è previsto lo scambio in tempo reale e continuo, cosa che richiederebbe una struttura di market makers e liquidity provider ad hoc. La transazione potrà essere completata solo a fine giornata e per questo i fondi non diventeranno uno strumento adatto a fare attività di trading frenetico. Le modifiche sono ora al vaglio della Banca d’Italia, che stando ai rumors– potrebbe dare il via libera a breve. L’obiettivo principale è garantire maggiore trasparenza del mercato: una volta quotati, i fondi potranno essere acquistati direttamente sul mercato (quindi spariranno le commissioni d’ingresso), presso qualunque broker, bypassando il limite delle convenzioni di distribuzione,

che oggi restringe le opzioni per l’investitore ai prodotti resi disponibili dalla sua banca. Per i risparmiatori diventerà più facile confrontare i prodotti e questo dovrebbe portare a un aumento della competizione tra i gestori, con la probabile riduzione dei costi di gestione (nel 2013 si sono attestati mediamente intorno all’1,50%) e informazioni più chiare sulla ripartizione dei guadagni tra gestore (casa prodotto) e distributore (banca o rete di promotori). L’atteso calo commissionale promette di avere un impatto dirompente sul fronte dell’offerta, che oggi ha visto prevalere soprattutto i soggetti più forti dal punto di vista distributivo. Il mutamento di scenario invoglierebbe nuovi player a entrare nel mercato italiano, aumentando così la concorrenza per banche e network di promotori. «La novità non potrebbe che far bene al mercato perché aumenterebbe l’offerta a disposizione dei risparmiatori, aprendo le porte a prodotti oggi non collocati nel nostro Paese», commenta Massimo Scolari, segretario generale di Ascosim. «Peraltro, ogni sgr sarebbe libera di scegliere se quotare o meno i fondi (o solo alcuni), fermo restando di continuare a operare come fatto finora”. Guarda con fiducia alla possibile quotazione dei fondi anche Raimondo Marcialis, responsabile della commissione consulenza e risparmio gestito di Assiom Forex: «Aumenterebbe la competizione del mercato con prezzi più bassi per l’investitore e una maggiore efficienza attesa. L’ampiezza del mercato italiano dei fondi è tale da permettere la coesistenza di differenti modelli di servizio e di prezzo, come è dimostrato dalle esperienze nei Paesi più evoluti in termini finanziari». Marco Tofanelli, segretario di Assoreti, si mostra invece scettico su questa prospettiva, sottolineando che «il fondo è un prodotto complesso e adatto all’investimento di lungo periodo, quindi difficilmente adattabile alle logiche della Borsa» e che «a fronte dei minori costi di collocamento, vi sarebbe da fare i conti con i costi di quotazione ». Secondo Paolo Balice, presidente di Aiaf, «è sbagliato porre l’accento sulle modalità di accesso ai prodotti, mentre la priorità dovrebbe essere sulle competenze degli investitori”. Da questo punto di vista, Balice riconosce che l’investimento delle azioni (disponibili per l’investimento “fai da te”) è più rischioso dei fondi (che puntano sulla diversificazione), ma pone l’accento sull’importanza di un’assistenza professionale nella scelta di strumenti “non di immediata comprensione per tutti». Non è detto, comunque, che i promotori pagheranno questa evoluzione, considerato che avranno le mani libere nella vendita di prodotti, senza dover attendere che la rete per cui lavorano attivi la collaborazione. Così come i consulenti indipendenti non dovranno più limitare i consigli di investimento ai prodotti a disposizione nella banca presso la quale il cliente ha il suo conto. Secondo Michele De Miche-lis, presidente del consiglio di amministrazione di Frame SA Asset Management, «i promotori non sono destinati a sparire, considerato che la maggior parte dei risparmiatori continuerà ad avere bisogno dell’assistenza di un professionista in fase di selezione degli investimenti, sottolinea».