di Ignazio Marino  

 

Casse di previdenza dei professionisti come bancomat dello stato. Sale dal 10 al 15% il taglio delle spese (su consulenze, missioni, acquisto di beni strumentali ecc.) che gli enti sono chiamati ad applicare e quindi versare allo stato. Complessivamente si tratterà di un impegno di circa 3,5 milioni di euro da sommarsi ai già stimati 7 milioni annui a fondo perduto che già versano ogni 30 giugno per effetto della legge 135/2012, nota meglio come spending review. L’ultimo aumento è contenuto nel decreto 66/2014, attualmente all’esame della commissione bilancio del senato per la conversione in legge entro il 23 giugno, anche se passato letteralmente inosservato. Coperto dalle polemiche per un’altra misura a danno dei risparmi dei professionisti: l’inasprimento della tassazione (dal 20 al 26%) delle rendite finanziarie che, se non modificato, comporterà un esborso di almeno 100 milioni in più all’erario rispetto al passato. Resta, infatti, al momento solo un annuncio l’impegno del governo a distinguere i rendimenti dei fondi speculativi da quelli pensionistici. A pesare sulle scelte dell’esecutivo, infatti, c’è il problema di reperire altrove i fondi per le coperture di misure quali quella del bonus di 80 euro in busta paga per i lavoratori con reddito complessivo compreso tra 8 mila e 26 mila euro.

 

Spending review più salata. L’articolo 8, comma 3, del decreto legge 6 luglio 2012 n.95, convertito dalla legge 7 agosto 2012 n.135, recante ‘Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini’, ha disciplinato il versamento annuo ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello stato delle somme derivanti dalla riduzione delle spese per consumi intermedi rispetto a quelle sostenute allo stesso titolo nell’anno 2010. Successivamente, il comma 417 dell’articolo unico della legge 27 dicembre 2013 n.147 (Legge di stabilità 2014), ha stabilito la possibilità per le casse di «assolvere alle disposizioni vigenti in materia di contenimento della spesa dell’apparato amministrativo effettuando un riversamento a favore dell’entrata del bilancio dello stato entro il 30 giugno di ciascun anno, pari al 12% della spesa sostenuta per consumi intermedi nell’anno 2010. Per detti enti, la presente disposizione sostituisce tutta la normativa vigente in materia di contenimento della spesa pubblica». Il recente decreto legge n.66 del 24 aprile 2014 è tornato sulla materia. Con il comma 3 dell’articolo 50, infatti, si prevede l’obbligo a carico delle pubbliche amministrazioni dell’elenco Istat (quindi anche le casse) di un’ulteriore riduzione del 5% su base annua della spesa sostenuta per consumi intermedi nell’anno 2010. Con il comma 5, invece, è stata variata in aumento la percentuale del 12% e portata al 15%.

Nulla di fatto sulle rendite. Come documentato da ItaliaOggi del 20 maggio, la relatrice al decreto Maria Cecilia Guerra si era detta «disponibile a valutare proposte di coordinamento ma non emendamenti che prevedano l’abrogazione della misura». L’idea del governo era quella di prevedere per le casse di previdenza e i fondi pensione l’innalzamento della tassazione delle rendite finanziarie al 26% fino a tutto il 2014. Prendendo, però, l’impegno a prevedere una riorganizzazione della tassazione per casse e fondi pensione. Tuttavia al momento nessun emendamento in questo senso è stato presentato.

© Riproduzione riservata