Ha tentato fino all’ultimo di sottrarsi al suo destino, Fernando Menconi, l’ex plenipotenziario di Carige Assicurazioni finito agli arresti domiciliari in seguito all’inchiesta che la Procura di Genova ha aperto a carico suo, dell’ex presidente dalla banca Giovanni Berneschi e di altre 5 persone per presunta truffa, riciclaggio, associazione per delinquere transnazionale e intestazione fittizia. Come emerge da un atto riservato della compagnia assicurativa consultato da MF-Milano Finanza, poco più di un mese fa Menconi, di fatto colui che ha portato dissesto del business sul quale per anni hanno vigilato e sono intervenute l’Ivass prima e Bankitalia poi, portando alle conseguenze note al mercato, ha fatto di tutto per scaricare su altri la malagestio della compagnia Danni. Durante l’assemblea straordinaria del 16 aprile scorso, infatti, che ha approvato la pesante perdita della compagnia (98,24 milioni dopo il rosso di 169 milioni del 2012 e i 9 milioni persi nel 2011), l’abbattimento del capitale sociale (171,47 milioni) successivo alla riduzione del valore nominale delle azioni (da 750 a 320 euro) e la contestuale ricapitalizzazione da 92 milioni da formalizzarsi entro la fine di quest’anno, Menconi, tuttora socio con due azioni, spalleggiato dall’ex direttore generale Walter Malavasi (anch’egli uscito ma rimasto socio con un’azione) ha provato a gettare fango sui manager che lo hanno sostituito alla guida della società dopo il suo brusco e repentino allontanamento. «La gestione successiva alla mia riduzione di poteri prima e dopo la mia uscita è stata disastrosa», ha messo a verbale una delle figure chiave dell’inchiesta che ha colpito in queste ore Carige (si costituirà parte lesa e avvierà azione di responsabilità nei confronti di Berneschi&C) e che sta per allargarsi a macchia d’olio visto che oltre ai sette iniziali ci sarebbero ancora altri dieci soggetti indagati per falso in bilanci e ostacolo all’attività di vigilanza. «Sono profondamente meravigliato per la temerarietà di certe azioni di risarcimento proposte», ha sparato Menconi, «alla ricerca di colpevoli quando invece la guida di tutto era l’azionista di controllo», ovvero la banca. «Sotto la presidenza di Guido Alpa (si è dimesso lo scorso dicembre, ndr), e precedentemente sotto la gestione targata Alfredo Sanguinetto (ex presidente) e Diego Fumagalli (ex ad), i risultati sono evidenti da almeno quattro esercizi», ha proseguito l’ex manager nel tentativo, inutile, di difendere il proprio operato. «Il movente di una tale ardimentosa operazione (relativa a contenziosi promossi contro ex dipendenti e dirigenti oltre che agenti, ndr) non tiene conto di un’imponente documentazione bancaria e assicurativa che verrà prodotta nelle sedi opportune senza considerare il fatto che dai primi 50 giorni del 2008 i poteri e le deleghe erano passati a Fumagalli e ai suoi collaboratori e consulenti». Attacchi diretti che sono stati stigmatizzati dai vertici di Carige Assicurazioni, il presidente Luigi Gastaldi e il vicepresidente Remo Checconi, che hanno provveduto poi a tacitare Menconi. Anche perché le accuse erano fuori luogo e non all’ordine del giorno dell’assemblea. E soprattutto, un mese dopo lo hanno portato dritto ai domiciliari. (riproduzione riservata)

Andrea Montanari