Gli italiani a fatica stanno ricostituendo le proprie scorte di risparmio. La contrazione dei consumi delle famiglie italiane è infatti maggiore del reddito. Ciò significa, come rilevano le analisi di Gfk Eurisko, che nuove risorse stanno andando a confluire nel salvadanaio degli italiani.

Ma ora il previsto aumento della tassazione delle rendite finanziarie dà un duro colpo a questo processo. Oltretutto i tassi ai minimi termini fanno sì che i rendimenti che si possono ottenere sono già di per sé risicati, a prescindere dalla tassazione. Una partita che viene giocata non soltanto dalle famiglie, ma anche dai promotori finanziari che sono sempre più in prima linea nel curare i risparmi degli italiani. E proprio l’Anasf, Associazione nazionale dei promotori finanziari, scende in campo con proposte da attuare al più presto per sostenere il risparmio. Come racconta a MF-Milano Finanza il presidente Maurizio Bufi.

Domanda. Dottor Bufi, partiamo dall’aumento dell’aliquota delle rendite finanziarie dal 20 al 26%. Quali conseguenze avrà?

Risposta. In tema di tassazione delle rendite finanziarie attualmente vige una diversificazione strumentale tra aliquote applicate, ovvero 12,5% su titoli di Stato e obbligazioni governative o assimilabili, 26% su tutti gli altri strumenti finanziari, che riteniamo impropria per un mercato finanziario armonizzato con regole uguali per tutti. La semplice unificazione delle due aliquote porterebbe a un incremento del gettito. Questo non è un tema nuovo. Già con il precedente intervento del governo Monti, che aveva introdotto l’aliquota unica del 20% al posto di quella del 12,5% allora vigente ad esempio per i fondi, avevamo rappresentato le nostre perplessità in commissione finanza. Oggi le nostre perplessità si sono consolidate. Se per un verso mantenere il 12,5% per i titoli di Stato è un’operazione comprensibile dal punto di vista politico, una questione dove peraltro non entro nel merito, è certo che far salire ulteriormente l’aliquota degli altri strumenti finanziari al 26%, non fa che accentuare questa distorsione. E se i tassi dovessero risalire, l’iniquità peserebbe ancora di più. Ma ci sono anche altre sperequazioni fiscali che andrebbero risolte.

D. Ovvero?

R. Da tempo ripetiamo che è necessario eliminare la forzosa e arbitraria differenziazione che esiste oggi tra redditi di capitali e diversi senza possibilità di compensazione tra loro. Ancora di più si rileva questo problema nel caso dei fondi e delle sicav, visto che nel risparmio gestito le minusvalenze sono redditi diversi e le plusvalenze sono redditi di capitale. E come è noto il risparmio gestito è uno strumento molto presente nei portafogli presidiati dai promotori finanziari. La nostra proposta consiste nell’unificare i redditi di capitale e i redditi diversi in redditi finanziari potendo così permettere la compensazione, con relativa modifica del testo unico dell’imposta sui redditi. Le rendite finanziarie effettivamente maturate darebbero correttamente origine a gettito, mentre le perdite finanziarie conseguite troverebbero una idonea possibilità di compensazione. La soluzione prospettata risolverebbe la sperequazione esistente e il conflitto per gli intermediari e gli operatori.

D. Cosa proponete per i piani di risparmio a lungo termine, i pir, che anche il presidente della Consob Giuseppe Vegas ha sollecitato?

R. Pur previsti da un decreto del 2011 ai pir non è stato mai dato corso. Questi strumenti hanno due elementi di grande vantaggio, a determinate condizioni. Rappresentano piani attraverso cui si canalizza il risparmio delle famiglie verso investimenti produttivi e questo sarebbe un volano per l’economia reale. Dall’altra parte, se si prevede un periodo minimo di detenzione i pir avrebbero effetti di stabilizzazione sui corsi. Ma per poter favorire questi strumenti, che potrebbero avere anche un obiettivo di natura previdenziale affiancandosi ai fondi pensione che hanno natura più assicurativa, sono necessari incentivi fiscali. Proponiamo un’aliquota di maggior favore al 12,5%, prevedendo che tanto più lungo sia il periodo di detenzione, tanto più la tassazione possa ridursi fino anche ad azzerarsi. Inoltre l’Anasf suggerisce che si preveda una durata minima in cinque anni, prevedendo modalità flessibili di versamento e limiti minimi. Con queste azioni pensiamo che il risparmio degli italiani possa trovare beneficio da una tassazione che oggi non incentiva una ripartenza dell’economia e che riporti l’Italia a un livello competitivo all’altezza dell’Europa. Da tempo la nostra associazione sottolinea l’importanza che il legislatore si concentri di più sul tema dei piani di investimento, quale forma di incentivo al risparmio di lungo termine. Promuoverli potrebbe essere il punto di svolta per un differente approccio agli investimenti da parte delle famiglie, se a questo si accompagneranno azioni volte a rendere realmente competitive queste scelte.

D. Anche Assogestioni punta sui pir, ma finora il progetto è rimasto nel cassetto.

R. Il mio slogan da quando ho assunto la presidenza dell’Anasf è «fare sistema». Alcune cose si ottengono se ci si presenta uniti di fronte al legislatore. Se noi, Assoreti, Assogestioni e le altre associazioni coinvolte, veicoliamo tutti insieme questo tema sicuramente abbiamo un peso maggiore. (riproduzione riservata)