Riportiamo di seguito l’intervento del presidente dell’ANIA Aldo Minucci al convegno ANIA tenutosi il 15 maggio scorso in occasione delle Giornate della Previdenza.

 

Permettetemi innanzitutto di ringraziare voi tutti per la partecipazione all’evento  che l’ANIA ha promosso nell’ambito delle giornate nazionali sulla previdenza  e che ci consente non soltanto di fare il punto sull’attuale offerta dei prodotti  assicurativi ma anche di apprezzare l’importanza che questi hanno ormai

raggiunto nel soddisfare le esigenze previdenziali e assistenziali delle famiglie  italiane. Spesso, alle prese con i problemi di tutti i giorni e con le necessità di  tenere il passo con un welfare state in continuo movimento, dimentichiamo il cammino che abbiamo percorso in questi anni.

 Sei milioni e 250 mila aderenti alle forme pensionistiche complementari, il risultato raggiunto nel 2013, rappresentano un numero ancora insufficiente rispetto ai bisogni presenti e futuri della previdenza in Italia. Ma sono comunque milioni di italiani che hanno scelto di essere, appunto, previdenti. In questo mercato le compagnie rappresentano il principale attore.

Commercializzano non soltanto i Pip (piani individuali di previdenza) ma anche i fondi pensione aperti, sono importanti fornitori di servizi di asset management sia per i fondi negoziali di nuova istituzione che per quelli pre-esistenti ed erogano prestazioni in rendita. Si tratta dunque del settore più impegnato nella previdenza complementare con un’offerta completa. All’interno di questo segmento i Pip, con 2 milioni e 700 mila aderenti, ne rappresentano ormai la forma più diffusa in Italia con una quota di mercato che, dal 2002 al 2013, è progressivamente cresciuta dal 15 al 42 per cento. Anche nel 2013 si sono confermati come la componente più dinamica del secondo e terzo pilastro pensionistico con una crescita del 14,9% in rapporto al +7,7% dei fondi aperti ed una diminuzione d’1% fatta segnare dai fondi negoziali. Le polizze assicurative sono scelte perché rappresentano soluzioni flessibili in grado di adattarsi con facilità a ad

ogni percorso lavorativo. E riescono a superare indenni anche periodi di versamenti contributivi irregolari.

 Spesso si tende ad attribuire il successo delle polizze alla vitalità delle reti di vendita assicurative remunerate con commissioni più elevate di quelle caricate su prodotti concorrenti. Si dimentica tuttavia di aggiungere che il gap commissionale tra i Pip e i fondi aperti – i prodotti che sono tra loro meglio

confrontabili – è sceso dagli oltre 7 punti del 2002 a meno di 2 punti del 2013.

E che questa differenza di costi trova comunque un’ampia giustificazione nel servizio di consulenza individuale che le reti assicurative svolgono nei confronti della propria clientela a differenza dalla consulenza generica che caratterizza altri prodotti.

 C’è poi un aspetto della questione che viene sovente sottovalutato ma – lasciatemi dire – è forse il principale contributo che il settore assicurativo sta dando alla soluzione dei problemi previdenziali del paese. Attraverso quella consulenza professionale, adattata alle esigenze personali di ciascuno, è molto cresciuto il livello di consapevolezza degli assicurati sui futuri bisogni previdenziali. Ed anche l’articolazione delle scelte che vengono loro proposte.

L’inserimento nelle polizze pensionistiche di garanzie accessorie sempre più ampie è il viatico con il quale le famiglie italiane stanno prendendo confidenza con nuove coperture assicurative proposte dall’industria, ad esempio quelle relative a malattie gravi, alla perdita dell’autosufficienza. In molte polizze anche la

perdita dell’impiego è un rischio trasferito ad un assicuratore per garantire la continuità della contribuzione ai piani previdenziali. Questa crescita, culturale prima che di raccolta assicurativa, sta rendendo le famiglie più attente alla gestione dei propri rischi, più responsabili e meno dipendenti da un welfare state pubblico le cui prestazioni future sono rese sempre più incerte dai crescenti vincoli alla finanza pubblica.

Se il punto di osservazione si allarga dalla previdenza al risparmio degli italiani, anche in questo caso l’industria assicurativo italiana è stata capace di costruire in questi anni posizioni di eccellenza. Nel 1990 erano distribuite in Italia polizze vita per un controvalore pari a 4 miliardi di euro (0,8% del Pil). Nell’anno appena trascorso la raccolta ha raggiunto gli 85 miliardi e, in rapporto al Pil, la percentuale è salita al 5,4 per cento. Nate storicamente per garantire in caso di morte un capitale agli eredi dell’assicurato, le polizze vita si sono trasformate col tempo in un efficiente strumento di risparmio. A fine 2012 le riserve vita assicurative

pesavano per ben l’11,5% nei portafogli finanziari delle famiglie italiane, ben più dei fondi comuni (7,2% ) e dello stesso risparmio postale (9,3%). Sono numeri importanti che oggi collocano gli assicuratori italiani al primo posto nel risparmio gestito delle famiglie. Garanzia del capitale e di un rendimento minimo, che

riposano sulla forza patrimoniale delle compagnie, e stabilità nel tempo delle performance sono i punti di forza delle polizze vita italiane che proprio nei periodi di crisi stanno mostrando la loro solidità. Nella tempesta dei mercati seguita al fallimento di Lehman Brother’s le “rivalutabili” sono state un vero bene

rifugio salvaguardando i risparmi degli italiani mentre altri strumenti finanziari perdevano rapidamente valore. E due anni più tardi quando sotto tiro è finito il debito pubblico e chi possedeva titoli di stato ha subito perdite significative, i rendimenti delle gestioni separate hanno continuato a rimanere in terreno positivo.

È proprio in quei frangenti che si è rinsaldato il rapporto di fiducia tra i risparmiatori e l’industria assicurativa e questo spiega perché la raccolta assicurativa vita, dopo la battuta d’arresto del 2011 (-18%) e 2012 (-5,5%), ha ripreso a crescere vigorosamente nel 2013 (+ 22%) e la nuova produzione ha registrato un balzo del 48,9% nei primi due mesi dell’anno in corso. 

Questi risultati attestano della crescente importanza che il settore assicurativo ha raggiunto nell’economia del paese e in grado di reagire con prontezza ai cambiamenti in arrivo nel welfare state. Le difficoltà non mancano ed i succitati vincoli alla finanza pubblica impongono un sentiero stretto per mettere ordine al

allo stato assistenziale italiano. Ma il fatto di poter disporre di un’industria assicurativa competitiva, patrimonialmente forte e con un legame di fiducia profonda nei confronti della propria clientela permette di guardare con fiducia al cammino che ci attende. Soprattutto se il regolatore interverrà a rendere la

normativa più semplice e flessibile. E favorirà i contribuenti nel calcolo dei propri bisogni pensionistici, ad esempio attraverso l’invio della “busta arancione” dell’Inps di cui si discute da anni. Buona discussione a tutti voi.