di Angela Antetomaso Class Cnbc  

Gabriele Galateri, presidente delle Assicurazioni Generali, nei giorni scorsi è stato a Londra per parlare di corporate governance alla conferenza di Assonime ed Emittenti titoli al London Stock Exchange. È un tema importante perchè tante cose stanno cambiando anche in Italia e «perchè si parla delle regole e raccomandazioni che consentono un buon funzionamento dei consigli d’amministrazione delle società quotate».

In un momento di grande cambiamento come quello che stiamo vivendo in Italia, anche i cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo delle regole dei mercati finanziari, che danno più credibilità e più stabilità ai mercati, hanno notevole portata.

Domanda. Quante cose stanno veramente cambiando? Le riforme di Renzi hanno sicuramente portato una ventata d’aria fresca. Abbiamo visto molti cambiamenti anche ai vertici delle grandi società quotate.

Risposta. Il clima economico che si è visto negli ultimi anni in Italia e non solo ha costretto tutti a riposizionarsi e a mettersi davanti allo specchio per vedere che cosa si può fare per migliorare l’ambiente, i risultati del Paese, del sistema industriale. Ognuno sta facendo un lavoro nel suo campo.

Noi lo stiamo facendo nel campo aziendale: Mario Greco sta facendo una grande rivoluzione all’interno delle Generali con risultati che si sono visti. Io come presidente lo sostengo il più possibile, e poi come presidente del comitato corporate governance sto spingendo con i miei colleghi perché queste regole diventino sempre più chiare, trasparenti e soprattutto applicate. Su questo fronte oggi possiamo dire che l’Italia è ormai a livelli totalmente paragonabili con gli altri mercati finanziari europei.

D. Dieci anni fa non si vedevano novità sul fronte della corporate governance, ora invece vediamo molte donne all’interno dei board o a capo di grandi società.

R. È questo è molto importante, perché s’inserisce in uno dei temi del codice che è la composizione dei cda, dove già da alcuni anni si sosteneva che era necessario che fossero più rappresentativi di esperienze diverse, di conoscenze diverse, di internazionalità. Mancava una spinta decisa nei confronti del genere femminile. Lì è intervenuta una legge, abbastanza astuta nel suo genere, perché fissa un certo numero di donne obbligatoriamente nei prossimi tre mandati delle società. A quel punto scompare la legge e si spera che aver acquisito donne nei consigli sia diventato una pratica abituale. Nel cda delle Generali, su 11 membri quattro sono donne, quindi è già una percentuale anche superiore a quella chiesta dalla legge. Per l’esperienza che ho direttamente con le donne, devo dire che la professionalità, l’impegno, la dedizione che hanno sono notevoli. Questo contribuisce anche ad alzare il livello di competenza complessiva dei consigli e rende la dialettica molto più animata. Poi in fondo le donne sono le principali responsabili di processi d’acquisto e dei consumi per oltre il 70%. Come si può non avere nei consigli chi poi è il responsabile per il 70% delle decisioni economiche?

D. Parliamo della rivoluzione Generali, con le novità portate dal nuovo amministratore delegato. Quali sono i cambiamenti più significativi che lei come presidente ha visto e vissuto?

R. Ci sono molti cambiamenti portati da Mario Greco ma anche dagli azionisti, perché bisogna dire che l’azione dell’ad è stata sostenuta, voluta e spinta (compresa la scelta dello stesso ad) dagli azionisti. E non dimentichiamo che tra questi azionisti ci sono anche pezzi storici del sistema economico italiano. Tutto questo a me sembra in fondo determinato proprio da questa esigenza assoluta di essere i migliori per eccellere in un mondo che non è più protetto e che è comunque diventato globale.

D. Tra l’altro questo viene anche riconosciuto dal mercato. Generali è stata recentemente anche promossa dalle agenzie di rating.

R. Certo, e si può fare ancora di più, sia per quanto riguarda Generali sia per quanto riguarda quello che si sta facendo nel Paese. Se si riesce ad andare avanti e a consolidarsi questo può rappresentare una grandissima prospettiva per il futuro degli italiani. Non c’è nessun motivo per cui gli italiani e l’Italia debbano essere considerati differenti dagli altri Paesi europei. E mi dispiace quando vedo queste statistiche secondo cui arranchiamo sempre dietro gli altri. Il mio obiettivo è che un giorno si possa dire che siamo nel plotone di testa. E posso dire che, per esempio sul tema della governance, lo siamo.

D. Le banche, invece… Si parla molto di quest’Italia con un altissimo debito, con rapporto debito/pil intorno al 135%, però è anche vero che il debito privato è molto basso e anche le nostre banche hanno vissuto rivoluzioni nell’ultimo periodo.

R. Io non opero direttamente in quel mondo. A me sembra che oggi si debba dire che le banche sono molto coraggiose, stanno prendendo decisioni importanti e stanno facendo il lavoro giusto, con spirito di dedizione e forse anche umiltà. Non dimentichiamo che il mercato ha bisogno del sostegno delle banche.

D. Come vede gli investitori internazionali all’interno di alcune delle nostre società? Vegas ha sottolineato l’importanza di aprire le porte a questi investitori e già alcune società lo hanno fatto, tra cui Telecom Italia che lei conosce molto bene.

R. Su questo fronte si sta producendo qualcosa di estremamente interessante. L’ho visto nell’ultima assemblea delle Generali, dove gli investitori istituzionali, soprattutto quelli internazionali, sono cresciuti in maniera notevole. Credo che non ci sia da sorprendersi. Se noi gestiamo le cose in maniera corretta, trasparente, credibile, costante, perché gli investitori esteri non dovrebbero venire qui? È il Paese più bello del mondo, ha tutte le qualità per eccellere e comunque ha un grande potenziale. Non mi stupisce che ci siano molti investitori internazionali che vengono in Italia. Io stesso ho incontrato per esempio Larry Fink, che è a capo di Blackrock, durante la sua ultima visita in Italia e i commenti che faceva sul Paese mi sembravano molto favorevoli. Il problema è che dobbiamo dimostrare nel tempo di meritarci questa fiducia, realizzando i fatti. E mi sembra che il momento sia tale per cui sia le imprese sia i politici al governo abbiano quest’intenzione.

D. Una società come Fiat ha avuto il coraggio di prendere una società come Chrysler, rimetterla in sesto e spostarsi all’estero.

R. Fiat è molto cambiata. Io ho lavorato per moltissimi anni nel gruppo Agnelli, con grandissima soddisfazione. Devo dire che è straordinaria la trasformazione che la Fiat ha avuto dagli ultimi anni in cui ero nell’azienda fino a oggi. Non soltanto perché Marchionne ha fatto una lavoro straordinario insieme a John Elkann per rimettere in sesto patrimonialmente l’azienda ma perché, proprio attraverso passaggi anche complicati come l’accordo con gli Stati Uniti e l’apparente uscita dall’Italia – che poi non era tale -, in realtà ha creato adesso un’azienda globale che è posizionata nei mercati mondiali ed è pronta a competere con tutti i concorrenti nel mondo. Io penso che anche per Generali, senza perdere nessuna radice italiana che è nostra e che rimarrà nostra, in particolare quella di Trieste, dobbiamo avere in testa lo stesso spirito. Siamo un’azienda globale che per fortuna ha le proprie radici in Italia ma che lavora nel mondo. Quando ero alla Fiat, ancora molto italiana e poco europea, si diceva «Siamo italiani ma il nostro mercato è l’Europa». Oggi noi dobbiamo dire: «Siamo europei ma il nostro mercato è il mondo». Ovviamente sempre restando il nostro attaccamento, anche emotivo, all’Italia.

D. Che cosa l’ha colpita di più dell’operato di Marchionne?

R. Ciò che mi colpisce di tutte le persone di grande successo: il coraggio inizialmente, poi la visione strategica, la capacità di delivery e il fatto di aver fatto sempre tutto con molta serenità e con molta sicurezza. Credo che i leader debbano avere queste caratteristiche, cioè di dare fiducia a chi gli viene dietro, perché c’è una terra promessa davanti e naturalmente bisogna arrivarci. E mi sembra che Marchionne lo stia facendo.

D. Guardando la sua carriera, lei ha visto tanti di leader e ha lavorato con grandissimi nomi. C’è qualcuno che l’ha colpita in maniera particolare?

R. Devo dire che qualcuno c’è stato sicuramente perché, soprattutto se penso ai primi tempi della mia vita, devo dire di aver imparato molto sia da Gianni che da Umberto Agnelli, con cui ho convissuto per 25 anni. Ho avuto i primi suggerimenti anche da Enrico Cuccia, quando non ero ancora in Mediobanca. Sono certamente personaggi che hanno avuto una statura che, con tutte le criticità del periodo in cui vivevano, con tutte le arretratezze che l’Italia anche in quel periodo poteva avere su più fronti, sono stati dei punti di riferimento per visione, per coraggio, per determinazione. Poi ne ho incontrati molti dopo, che evidentemente sono stati di grande importanza per la mia vita ma onestamente è difficile metterli a confronto con personaggi di quel livello, di quella qualità.

D. Cosa c’è adesso dietro l’angolo per Galateri di Genola, allora?

R. Concentrarsi sulle Generali: sostenere l’ad Greco e fare sì che le Generali siano veramente la miglior impresa assicurativa non solo italiana, non solo europea ma mondiale. (riproduzione riservata)