Per sette lavoratori su 10 in Italia le cause principali dello stress lavoro-correlato sono la precarietà o la riorganizzazione dell’impiego, seguite dalle ore o dal carico di lavoro (65%), dalla mancanza di supporto da parte di colleghi o superiori (63%), dalla poca chiarezza di ruoli e responsabilità (63%) e da comportamenti inaccettabili come il bullismo o le molestie (62%). Questi i principali risultati relativi al nostro Paese che sono emersi dalla terza edizione del sondaggio d’opinione paneuropeocondotto dalla Ipsos Mori per conto dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha) in 31 nazioni europee (gli attuali 27 Stati membri dell’Ue insieme a Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera).

Le interviste realizzate tra novembre e febbraio. Le risposte dei lavoratori italiani riflettono le opinioni raccolte nel resto d’Europa. La precarietà dell’impiego o la riorganizzazione del lavoro, infatti, sono considerate le cause più comuni di stress legato al lavoro in tutto il continente. Oltre la metà (51%) del campione interpellato, attraverso 16.622 interviste realizzate tra il 23 novembre e il 5 febbraio, ritiene inoltre che lo stress lavoro-correlato sia comune nel proprio luogo di lavoro, mentre il 16% degli intervistati lo ritiene “molto comune”.

La percezione del problema più alta tra giovani e donne. Rispetto ai lavoratori di sesso maschile, le lavoratrici sono più propense a considerarlo un fenomeno comune (54% contro il 49%). Lo stesso accade per i lavoratori di età compresa tra 18 e 54 anni (53%) rispetto ai lavoratori di oltre 55 anni (44%). La percezione dello stress da attività lavorativa varia anche a seconda del settore: il primo a indicare i casi di stress lavoro-correlato come un fenomeno comune è quello sociosanitario (61%, compreso il 21% che ritiene che tali casi siano “molto comuni”).

La gestione del fenomeno bocciata soprattutto nelle aziende più grandi. Il 41% dei lavoratori in Europa dichiara che lo stress non viene gestito adeguatamente sul luogo di lavoro e, fra questi, il 15% ritiene che sia gestito in modo “del tutto inadeguato”. In Italia il 55% dei lavoratori ritiene comuni i casi di stress legati all’impiego, ma il 60% sostiene che il problema è gestito bene sul posto di lavoro, rispetto al 34% che pensa che il fenomeno non sia adeguatamente controllato. Questa percentuale, però, varia sensibilmente in base alle dimensioni delle imprese: in quelle che impiegano più di 10 lavoratori, infatti, i lavoratori che bocciano la gestione dello stress sono più di quattro su dieci, mentre nelle realtà produttive più piccole lo stesso dato scende al 26%.

Il tema al centro della prossima campagna dell’Eu-Osha. “Siamo molto attenti a come affrontare i rischi psicosociali come questo – sottolinea il direttore dell’Agenzia di Bilbao, Christa Sedlatschek – e la nostra campagna ‘Ambienti di lavoro sani e sicuri’ l’anno prossimo affronterà proprio il tema della gestione dello stress. Il messaggio da trasmettere alle aziende europee di dimensioni e settori diversi è che i rischi psicosociali possono essere trattati in modo logico e sistematico, esattamente come altri problemi correlati alla salute e alla sicurezza”.

Fonte: INAIL