di Francesco Ninfole

Imprese, banche, assicurazioni, operatori di mercato, società quotate, sim, fondi comuni. Tutti uniti contro la Tobin tax europea. Le maggiori associazioni finanziarie e industriali italiane, secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, hanno scritto una lettera congiunta al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni per chiedere «un ripensamento complessivo dell’intera proposta».

Abi, Confindustria, Ania, Assogestioni, Assonime, Assosim e Febaf hanno espresso «estrema preoccupazione» per gli effetti controproducenti per l’economia, l’occupazione e i costi di finanziamento delle aziende. La tassa Ue sulle transazioni finanziarie è giudicata «una proposta con portata assai più ampia e dirompente rispetto all’imposta in Italia, già carica di implicazioni di grande delicatezza».

La procedura legislativa avviata a Bruxelles riguarda solo undici Paesi Ue, tra cui appunto l’Italia, che vanno avanti con la cooperazione rafforzata, in assenza cioè di un accordo tra tutti gli Stati membri. Il Regno Unito in particolare si è subito defilato dal piano presentato dal commissario Ue al Fisco Algirdas Semeta. Anche l’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli aveva criticato la Tobin tax europea perché si applica anche alle transazioni sul mercato secondario dei titoli di Stato (a differenza dell’imposta già in vigore in Italia). Le associazioni di categoria hanno invece fatto critiche a 360 gradi alla tassa, con particolare riferimento alle conseguenze per le imprese.

Nella lettera a Saccomanni le associazioni hanno fatto notare innanzitutto che la Tobin Ue colpisce, assieme ai derivati speculativi, anche quelli di copertura (per esempio dalla variazione dei tassi o del cambio). Così aumenterà il costo delle operazioni di protezione, che potrebbero anche diventare «del tutto impraticabili» in Italia. Le imprese dovrebbero rivolgersi a intermediari in Paesi non colpiti «con complicate operazioni estero su estero, distorsive e inefficienti». I maggiori costi potrebbero tradursi in «perdite di competitività e posti di lavoro». Le associazioni giudicano anche «ingiustificato» il mancato riconoscimento dell’esenzione per le operazioni infragruppo. «I meccanismi di finanziamento delle imprese sono troppo delicati per poter accettare l’idea di un intervento fiscale potenzialmente molto dannoso», si spiega nella lettera. «Il dubbio che le conseguenze dell’imposta siano gravemente sottovalutate è concreto».

Secondo le associazioni è grave anche l’assenza nel testo Ue di esenzioni per figure chiave come market maker e fondi pensione: perciò c’è «preoccupazione di veder colpite in modo irrimediabile alcuni assi portanti dell’economia». Anche i fondi comuni rischiano di essere penalizzati «fino a mettere in discussione le funzioni che possono svolgere come strumento di favore nella raccolta del risparmio, diretto in ultima analisi al finanziamento delle imprese».

Nella lettera le associazioni riconoscono la necessità dell’Ue di recuperare risorse. Tuttavia viene messa in discussione la capacità di ottenere gli incassi previsti, poiché «la base imponibile straordinariamente mobile tenderebbe a evaporare nel momento dell’applicazione dell’imposta», come già accaduto in Svezia. La fuga delle operazioni sarà un enorme favore alla piazza di Londra, mentre ci sarà «in immediato e consistente svantaggio competitivo per i mercati dei Paesi aderenti».

Per queste ragioni gli operatori si aspettano ora un significativo ripensamento delle norme. Il commissario Ue Semeta in una recente intervista a MF-Milano Finanza ha difeso la Tobin tax e ha negato conseguenze negative per l’economia, ma ha anche ricordato che «ora spetta agli undici Stati trovare un compromesso positivo per tutti». C’è dunque spazio per modifiche. Saccomanni dovrà ora tenere conto delle perplessità espresse da tutte le società finanziarie e industriali italiane, oltre a quelle di Giuseppe Vegas. Anche il presidente della Consob, riguardo alla Tobin tax, ha sottolineato «il rischio di spiazzamento, forse anche irreversibile, sui mercati, in termini di delocalizzazione di importanti comparti dell’industria finanziaria e di penalizzazione per l’operatività in derivati». (riproduzione riservata)