Di fronte al crescente fenomeno delle patologie legate ai rischi psico-sociali nel lavoro, governi, parlamenti e organismi di assicurazione riflettono da anni sull’opportunità di un loro riconoscimento e indennizzo come malattie professionali. Uno studio appena pubblicato, commissionato dal Forum europeo per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e coordinato dall’ente francese Eurogip, descrive le modalità di riconoscimento dei disturbi psichici da parte degli organismi nazionali di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di dieci Paesi europei: Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Svizzera.

Necessario il nesso causale tra malattia e professione. Dallo studio, realizzato anche con il contributo dell’Inail, emerge che sono sei i Paesi che riconoscono alcune patologie psichiche come malattie professionali. Il riconoscimento avviene nell’ambito del “sistema complementare” in Belgio, Danimarca, Spagna, Francia e Italia e del “sistema della prova” in Svezia. In tutti i casi, è necessario dimostrare il nesso causale tra la malattia e l’attività professionale della vittima. Soltanto la Danimarca ha iscritto una patologia mentale, il disturbo post-traumatico da stress, nella lista nazionale delle malattie professionali. Nel 2011 questi sistemi hanno riconosciuto come malattie professionali circa 200 casi di disturbi psichici in Danimarca e in Spagna, circa 100 casi in Francia, 70 in Svezia e 13 in Italia. Nessun riconoscimento, invece, è possibile in Finlandia, Germania e Svizzera, per ragioni giuridiche o di fatto.

In caso di eventi traumatizzanti sono considerate infortuni. In tutti i Paesi che hanno partecipato allo studio le patologie psichiche possono essere riconosciute anche come infortunio sul lavoro. Per tale riconoscimento è necessario che all’origine della patologia vi sia un evento inatteso, traumatizzante e di durata concentrata nel tempo, come atti di violenza (rapina a mano armata, aggressione sul luogo di lavoro…) o traumi causati dal coinvolgimento in un incidente stradale o nell’infortunio di un collega. Il disturbo psichico più comunemente riscontrato in queste circostanze è la sindrome da stress post-traumatico. Se le esigenze essenziali per il riconoscimento dei disturbi psichici come infortuni sul lavoro si ritrovano in tutti i Paesi, non sono però formulate in maniera identica. In Italia, per esempio, è necessario un evento materiale che si sia verificato al massimo entro un ciclo di lavoro, pari a circa otto ore.

Differenze sensibili nel caso dei suicidi. Una sezione specifica dello studio è dedicata al caso dei suicidi. Nella maggior parte dei Paesi, esiste la possibilità di prenderli in carico sulla base dell’assicurazione contro i rischi professionali, ma l’approccio e i ragionamenti giuridici che sostengono un eventuale riconoscimento variano in maniera sensibile a seconda del Paese. A parte la Francia, che dispone di una considerevole quantità di statistiche e conta un consistente numero di riconoscimenti di suicidi come malattia professionale o infortuno, in tutti gli altri Paesi tale riconoscimento appare eccezionale e interviene spesso attraverso una decisione giudiziaria che si impone all’organismo di assicurazione. in Italia il riconoscimento è possibile se l’atto è la conseguenza di un infortunio sul lavoro (rischio acuto) o di una malattia professionale (rischio prolungato). È necessario, inoltre, che vi sia uno stato patologico indotto dal lavoro, anche se l’assicurato non ha dichiarato in precedenza alcun infortunio.

Fonte: INAIL