Pagina a cura di Carla De Lellis  

 

Due gambe per il nuovo welfare: Aspi e cassa integrazione. Dal 1° gennaio, infatti, è operativa la nuova indennità di disoccupazione, l’Aspi, introdotta dalla riforma Fornero (legge n. 92/2012) a sostegno del reddito dei lavoratori dipendenti, mentre è cominciato il conto alla rovescia verso il 1° gennaio 2017, data a partire dalla quale andrà definitivamente in soffitta l’indennità di mobilità.

Governo nuovo, problemi vecchi. La complessa varietà di prestazioni di cui è composto l’attuale sistema di ammortizzatori sociali è il risultato del continuo rinvio fatto dai governi sulla necessità di una riforma organica e complessiva della materia. Anno dopo anno, governo dopo governo, infatti, il Legislatore ha sempre preferito intervenire con singoli provvedimenti a tamponare l’esigenza del momento, piuttosto che cimentarsi a ripensare e riscrivere il sistema. Un esempio per intenderci: la cassa integrazione guadagni risulta istituita nel 1945, ma d’allora in poi si sono succedute varie leggi e leggine che l’hanno estesa a settori esclusi o l’hanno modificata per adattarla a particolari situazioni (edilizia). Il primo tentativo di riforma organica è stato fatto dalla legge n. 92/2012, la riforma Fornero; prima di allora, c’è stato un’altra miniriforma che ha portato a distinguere gli ammortizzatori in due categorie: gli ammortizzatori (ordinari); e gli ammortizzatori sociali in deroga. La miniriforma è nata nei primi anni della crisi economica (2008/2009), quale tentativo di arginare i licenziamenti di massa che sarebbero potuti scaturire dal peggiorare della recessione: meglio sostenere i lavoratori quando si trovano ancora nelle aziende (tramite la cassa integrazione e/o la mobilità) – ha ragionato il legislatore – piuttosto che trovarseli disoccupati nel mercato del lavoro, nella speranza che con la ripresa economica tutto sarebbe ritornato nella normalità. La novità è stata dunque l’estensione degli ammortizzatori sociali alle aziende ordinariamente escluse: perciò si parla di ammortizzatori «in deroga», cioè in deroga alle ordinarie regole. Ovviamente, l’estensione ha riguardato i trattamenti di cassa integrazione e mobilità, poiché l’indennità di disoccupazione già si applicavano a tutte le aziende.

Poi è arriva la riforma Fornero. La legge n. 92/2012, con effetto dal 1° gennaio 2013, ha modificato il sistema degli ammortizzatori sociali riordinando le varie prestazioni. La principale novità è stata l’introduzione della nuova prestazione di disoccupazione Aspi (assicurazione sociale per l’impiego) per sostituire le prestazioni di disoccupazione non agricola (requisiti normali e ridotti), le indennità speciali per l’edilizia e l’indennità di mobilità, secondo una tabella di marcia che giungerà a termine il 31 dicembre 2016.

La cig e la mobilità in deroga. La cassa integrazione in deroga è un intervento di integrazione salariale a sostegno di imprese o lavoratori non destinatari della normativa sulla cassa integrazione guadagni. Nello specifico, sono destinatarie le aziende che siano operanti nei determinati settori produttivi o specifiche aree regionali. Il provvedimento di autorizzazione o reiezione è in carico alla regione, anche se l’Inps resta il soggetto materialmente erogatore delle prestazioni.

Allo stesso modo, la mobilità in deroga è un’indennità che garantisce ai lavoratori licenziati un reddito sostitutivo della retribuzione, di cui possono beneficiare i lavoratori licenziati da aziende non destinatarie della normativa sulla mobilità, e i lavoratori che hanno fruito della mobilità ordinaria e per i quali, sulla base di accordi regionali, è prevista una proroga del trattamento.

Ai fini operativi, dunque, gli ammortizzatori sociali in deroga fanno riferimento alle discipline che sono dettate dalle singole regioni che, peraltro, concorrono anche alla spesa di finanziamento. La differenza sostanziale con gli ammortizzatori sociali «ordinari» è il loro finanziamento: quelli in deroga, infatti, sono a carico del bilancio statale perché non è previsto per le aziende destinatarie la stessa regola di contribuzione e di assicurazione che invece si applica alle imprese destinatarie degli ammortizzatori sociali «non in deroga». Perciò, l’erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga è sempre vincolata al rispetto delle risorse finanziarie allo scopo destinate dalla legge.

Indennità di mobilità. L’indennità di mobilità ha lo scopo di favorire la rioccupazione per particolari categorie di lavoratori licenziati, e consentire loro di superare i momenti di difficoltà economica successivi al licenziamento. La disciplina prevede che la facoltà per le aziende destinatarie di avviare la relativa procedura e stabilire il numero dei lavoratori in esubero, dopo aver esaminato la situazione insieme ai rappresentanti sindacali e di categoria. Al termine della procedura, le aziende procedono al licenziamento dei lavoratori. I licenziamenti devono avvenire nell’arco di 120 giorni dalla chiusura della procedura, salvo diversa indicazione che deve essere espressamente dichiarata nell’accordo sindacale. Sono destinatarie della mobilità: aziende industriali con più di 15 dipendenti; aziende del settore commercio con più di 200 dipendenti; aziende artigiane dell’indotto a condizione solo nel caso in cui anche l’azienda committente abbia fatto ricorso alla mobilità; le cooperative che per la natura dell’attività svolta e per consistenza della forza occupazionale rientrino nel campo di applicazione della disciplina della mobilità e siano soggette agli obblighi della relativa contribuzione; aziende costituite per l’espletamento di attività di logistica con più di 200 dipendenti.

Come accennato, la riforma Fornero dispone l’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2017, delle norme che disciplinano: la lista di mobilità, l’indennità di mobilità, il collocamento dei lavoratori in mobilità e la cancellazione del lavoratore dalle liste di mobilità. Pertanto, i lavoratori licenziati a far data dal 31 dicembre 2016 non potranno più essere collocati in mobilità ordinaria, in quanto l’iscrizione nelle liste decorre dall’1 gennaio 2017, giorno successivo alla data di licenziamento (quando è prevista la decorrenza dell’abrogazione). Vale la pena precisare che, scomparsa la mobilità, da 1° gennaio 2017 questi lavoratori potranno beneficiare, ricorrendone i requisiti, esclusivamente dell’indennità di disoccupazione (Aspi) o della mini Aspi, anche se provenienti da una procedura di licenziamento collettivo. Al fine di garantire un graduale passaggio dal vecchio al nuovo sistema, sempre la riforma Fornero ha disciplinato un regime transitorio, prevedendo per i lavoratori collocati in mobilità a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre del 2016 una graduale riduzione della durata dell’indennità (si veda ItaliaOggi Sette del 29 aprile).

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