di Anna Messia

 

Negli ultimi mesi c’è stato un boom delle sanzioni della Consob a carico dei soggetti vigilati. Tanto che da inizio anno al 15 aprile scorso, il corrispettivo delle pene pecuniarie è cresciuto a circa 22 milioni, più del doppio rispetto ai10 milioni dell’intero 2012. Un importo lievitato, soprattutto a causa delle pene pecuniarie inflitte all’ex patron del gruppo Fondiaria Sai, Salvatore Ligresti, e ad alcuni uomini a lui vicini che, secondo le ricostruzioni di Consob, avrebbero operato a lungo attraverso alcuni trust esteri per sostenere artificiosamente i corsi borsistici della capogruppo Premafin.

Tanto che 10 milioni dei 22 milioni di euro di sanzioni comminate dall’Authority presieduta da Giuseppe Vegas in questa prima parte dell’anno sono proprio a carico dei Ligresti. L’anno scorso, come detto, le multe erano state invece di circa 10 milioni, comunque in crescita rispetto ai 7,8 milioni del 2011. Non solo. In seguito alla conclusione dei procedimenti di violazione delle disciplina in materia di abusi di mercato, sono stati anche confiscati beni per un valore corrispondente a circa 6 milioni di euro, contro gli 1,5 milioni dell’anno prima.

Nel corso del 2112, per quanto riguarda invece la vigilanza su banche e società di intermediazione, Consob ha convocato 14 esponenti aziendali di intermediari vigilati e sono stati avviati otto accertamenti nei confronti di sim e cinque nei confronti di banche, mentre dieci verifiche ispettive sono arrivate a conclusione, cinque per banche e altrettante per sim.

L’anno scorso poi la Consob ha deciso di fare un bilancio dell’applicazione della Mifid a cinque anni dall’introduzione delle regole sulla distribuzione dei prodotti finanziari, puntando il dito ai rapporti con la clientela. E il bilancio non è per nulla lusinghiero perché le indagini hanno rivelato «casi di non conformità delle condotte alle norme di correttezza, spesso derivanti dalla definizione di politiche commerciali in grado di ampliare la divaricazione degli interessi tra l’intermediario e il cliente». Soprattutto quando vengono definite campagne commerciali correlate a transazioni su specifici strumenti, budget di prodotto e sistemi incentivanti per il personale «fondati su ricavi o su volumi di vendita». Un conflitto d’interessi che aumenta soprattutto quando gli intermediari collocano strumenti di propria emissione. Al punto che in quest’ultimo caso «il conflitto di interesse si è spesso tradotto in adeguamenti opportunistici delle procedure per la valutazione di adeguatezza», come previsto dalla Mifid, segnalano da Consob. Detto in altri termini i questionari sono stati «ritoccati» per far quadrare le norme e piazzare prodotti della casa.

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