di Stefania Peveraro

Chi tra gli operatori di private equity ha saputo osare qualche anno fa è stato adeguatamente remunerato. In particolare, chi tra fine 2008 inizio 2009 ha puntato sull’immobiliare (real estate) e sui prestiti e attività deteriorate (asset in distress) oggi si trova, rispettivamente, con un 30 e un 70% circa di valore in più.

Ma non è andata male anche ai fondi di buyout, contrariamente alla sensazione generale, con un incremento di valore di almeno il 65%. I calcoli sono di Preqin, la nota società di ricerca britannica specializzata nel settore del private equity, che ha appena diffuso l’aggiornamento dello studio sulle performance dei fondi a fine settembre 2012. Uno studio che si basa su un database di 6200 fondi di tutte le tipologie e aree geografiche, che rappresentano circa il 70% del totale dei fondi raccolti nel mondo per controvalore.

Nel dettaglio, gli indici trimestrali di Preqin calcolati come base 100 sull’ultimo trimestre 2000, indicano che a fine settembre 2012 la migliore strategia si era rivelata quella sui distressed asset (indice a quota 366,5), seguita appunto dai buyout (284,9) e dal real estate (222,3), con l’indice Standard&Poor’s 500 a quota 109,1. In termini di mediana di Irr (Internal rate of return, si veda il grafico in pagina), al netto delle commissioni dei fondi, calcolato dall’anno di lancio dei fondi in questione, l’anno migliore per il venture capital si rivela il 1997, che con un Irr di oltre il 30% è anche il massimo registrato da tutte le tipologie di fondi.

Tuttavia, il picco del 1997 è per il venture una mosca bianca, visto che i fondi lanciati in tutti gli anni successivi hanno avuto performance molto più basse, a esclusione dei fondi di real estate lanciati tra il 2005 e il 2007, che hanno addirittura Irr negativi. Infine, la performance migliore per i fondi di buyout è quella dei veicoli lanciati nel 2001 con un Irr del 25,4%. Tra il fondi vintage 2009, invece, i migliori in classifica sono quelli di real estate con Irr del 15%, seguiti da quelli di buyout con un Irr poco inferiore al 10%. D’altra parte questi fondi sono stati investiti in media soltanto per il 62,2%, quindi hanno ancora parecchio da dimostrare.

 

Che cosa ha pagato meglio sino a oggi… E se quello che si è detto a proposito di osare riguarda gli operatori di private equity diretti, cioè quelli che investono direttamente nelle aziende o negli asset, il concetto vale a maggior ragione per i fondi di fondi, che devono decidere la loro asset allocation tra tipi diversi di fondi di private equity, cercando di individuare a monte i settori che avranno più probabilità di apprezzarsi e poi, all’interno di questi, individuare i gestori più capaci.

«Seguendo un approccio contrarian, Advanced Capital si è sempre posizionata in maniera tempestiva e spesso anticipatoria rispetto ai diversi momenti del ciclo economico, permettendo ai propri investitori di mettersi al riparo dalle bolle e cogliere le migliori opportunità presenti sul mercato durante la crisi», hanno commentato a MF Private Equity Robert Tomei e Robert Berlé, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Advanced capital sgr, specializzata in gestione di fondi di fondi di private equity internazionali. A oggi Advanced Capital ha circa 700 milioni di euro in gestione spalmati su cinque diversi fondi, tre dei quali ad approccio generalista e due specializzati (uno in distressed real estate e l’altro in energia tradizionale), tutti con ritorni interessanti. Ma anche se il secondo e terzo fondo sulla carta erano generalisti come il primo, hanno commentato ancora Tomei e Berlé, «entrambi hanno allocato quasi la metà del proprio portafoglio sul comparto distressed/mezzanino, che ha tratto i maggiori vantaggi dalla crisi finanziaria», sottolineano ancora Tomei e Bercc: «Questa esposizione e architettura di portafoglio non ha tuttavia avuto inizio quando la crisi era sui giornali, ma già molto prima, alla fine 2006, quando il team di investimento di AC ha adottato una strategia capace di mettere il capitale al riparo dalle bolle (ben prima che fallisse Lehman), approfittando di questo evento straordinario per investire a valori irripetibili. Nel 2009, Advanced Capital ha poi lanciato due prodotti di nicchia, focalizzati sul debito real estate e sull’energia tradizionale, entrambi settori su cui pochissimi puntavano in quel momento. Il real estate stava crollando a picco e l’energia tradizionale era considerata totalmente fuori moda». Ma con la forte ripresa in America del settore immobiliare e l’impennata della liquidità, i valori sul real estate stanno aumentando sensibilmente, aiutando a trainare il Paese fuori dalla crisi economica. Sul lato dell’energia invece il fenomeno dello Shale Gas, che sta facendo dell’America il più grande produttore di petrolio al mondo, è oggi fattore determinante nel boom che caratterizza il settore dell’energia tradizionale. Così, concludono Tomei e Berlé: «Entrambi i fondi AC Private Equity Real Estate International e AC Energy sono partiti fortemente in positivo e registrano già ottime performance».

 

… e che cosa pagherà meglio domani. Quanto ai prossimi trend, i due manager di Advanced Capital sottolineano che è ancora tempo di debito in distress. Sempre secondo Preqin, infatti, ci sono almeno 3 mila miliardi di euro di finanziamenti deteriorati ad aziende e al settore real estate sui libri delle banche europee dei quali gli istituti si vorrebbero liberare. E non a caso cinque colossi del private equity internazionale (Blackstone, Oaktree, Oak Hill, Avenue e Pamplona) l’anno scorso hanno raccolto 9 miliardi di euro per i loro nuovi fondi dedicati agli asset europei in distress.

E non è finita, perché in raccolta ci sono altri fondi con lo stesso obiettivo di investimento. Per questo motivo anche il nuovo fondo generalista di Advanced Capital, che andrà in raccolta nella seconda metà del 2013, avrà certamente un’esposizione al debito real estate e al debito in distress. Ma non solo. Il nuovo fondo si focalizzerà su Usa e mercati emergenti, anche di frontiera, come Indonesia e Malesia e sui settori consumer goods, lusso, healthcare, energia e infrastrutture. (riproduzione riservata)